Tra le note di viaggio del giornalista australiano James Hingsley (The Australian abroad: branches from the main routes around the world; 1879) si legge di una strana orchidea rossa indonesiana in grado di catturare farfalle con i suoi petali e di divorarle ancora vive. Sebbene tale racconto possa sembrare piuttosto mitizzato, in realtà esiste davvero un organismo che corrisponde più o meno a tale descrizione; non si tratta però di un fiore, bensì di una mantide dal nome a dir poco evocativo, mantide orchidea, divenuta famosa proprio per aver evoluto dei tratti che imitano al meglio la corolla di un fiore.
Biologia e caratteri generali
Hymenopus coronatus, il nome della specie a cui appartengono le mantidi orchidea, è un insetto appartenente all’ordine Mantoidea (lo stesso della più comune mantide religiosa) e diffuso esclusivamente nel sud-est asiatico (Indonesia e Malaysia).
Come la maggior parte delle altre mantidi, H. coronatus presenta un capo triangolare, il I segmento toracico (pronoto) notevolmente allungato e il I paio di zampe di tipo raptatorio, ossia modificato per afferrare e tenere ben salde le prede; da adulto presenta inoltre due paia di ali, il primo dei quali risulta ispessito e di natura più coriacea rispetto al secondo.
Il nome comune che vanta però questa specie, mantide orchidea appunto, deriva dal peculiare aspetto delle neanidi e delle ninfe (ossia gli stadi giovanili) che ricorda molto la corolla di un fiore, in particolare di un’orchidea: la brillante colorazione è infatti prevalentemente bianca con sfumature più o meno estese di rosa e giallo; le zampe del II e III paio presentano delle espansioni laterali dell’esoscheletro al livello dei femori che ricordano dei petali (lobi femorali); l’addome è appiattito dorso-ventralmente e tenuto di solito ripiegato verso l’alto.
Tale morfologia si modifica in parte negli adulti: le femmine, lunghe in media 6-7cm e dalla colorazione variabile, mantengono i lobi femorali e presentano una macchia verde sul I paio di ali; al contrario i maschi, lunghi solo 2-3cm, non presentano lobi e sono generalmente bianchi con sfumature marroni.
Appena sgusciato dall’uovo, il giovane esemplare di mantide orchidea assomiglia tutt’altro che ad un fiore: torace ed addome sono infatti arancione scuro, mentre zampe e capo risultano neri, ad imitare forse qualche insetto del gruppo dei Reduvidi inappetibile ai predatori. Solamente con le due mute successive, la mantide assume la caratteristica morfologia per cui è famosa.
Un mimo migliore del modello
Efficacia del camuffamento
La prima ipotesi che ci balza in mente sul perché l’evoluzione abbia favorito la comparsa di un tale fenotipo è quella secondo cui la mantide orchidea, riuscendo a camuffarsi come un fiore, abbia un tasso di predazione elevato in quanto in grado di attrarre ed ingannare gli impollinatori. Tale congettura è però esclusivamente basata sulle nostre percezioni come Homo sapiens e potrebbe quindi essere distorta rispetto alla realtà dei fatti.
Scientificamente è stato tuttavia dimostrato, attraverso l’utilizzo di modelli basati sulla percezione visiva di alcuni insetti impollinatori (come imenotteri), che il range di colorazione della livrea delle mantidi è perfettamente sovrapponibile a quello di una serie di fiori presenti nello stesso areale. Esperimenti condotti in campo, tra l’altro, suggeriscono che gli impollinatori sarebbero addirittura più attratti dalle mantidi che non dai singoli fiori: misurando infatti la frequenza con cui gli insetti visitavano rispettivamente un semplice rametto marrone, un fiore e la mantide, è emerso che quest’ultima, tra tutti, era nettamente più interessante degli altri.
Leggi anche Mimetismo: quando l’evoluzione diventa arte
Il ruolo di colori e forme: cosa vedono gli insetti?
Attualmente si ritiene che i fiori utilizzino determinati segnali per attrarre gli impollinatori, come colori accessi contrastanti con lo sfondo, simmetria bilaterale o radiale delle componenti e pattern UV-dipendenti. H. coronatus sarebbe di fatto apparentemente dotata di tutte queste caratteristiche: colorazione vivace, lobi femorali disposti in maniera simmetrica rispetto all’asse longitudinale del corpo e sorprendentemente anche porzioni dell’epidermide in grado di assorbire o riflettere gli UV.
Studi condotti con modelli artificiali di mantidi hanno però dimostrato che solamente la colorazione sembra concorrere ad attrarre le prede: se infatti si sottopongono gli impollinatori a dei modelli di mantide marroni, essi mostrano relativamente poco interesse e il tasso di visita risulta molto minore rispetto a modelli bianchi con pattern UV-dipendenti; se al contrario si sottopongono gli impollinatori a dei modelli in cui viene alterata la morfologia generale del corpo della mantide (ad esempio, modello senza lobi femorali e modello con zampe in posizione asimmetrica), il tasso di visita rimane elevato e non sembra essere compromesso.
Una delle ipotesi avanzate per spiegare tale fenomeno suggerisce che la mantide orchidea usi il mimetismo con un duplice scopo: da un lato, esponendo una livrea dai colori sgargianti e in grado di interagire con gli UV a dare pattern specifici, attrae gli impollinatori imitando gli stimoli visivi utilizzati dai fiori; dall’altro, la particolare morfologia delle zampe del II e del III paio e in generale l’aspetto del corpo, che nel complesso ricorda la corolla un fiore, serve alla giovane mantide per passare inosservata agli occhi dei predatori i quali, pur vedendola, non riescono ad identificarla come insetto. Attualmente non è stato però ancora condotto alcuno studio su quest’ultimo aspetto e dunque non risulta confermato.
Contrariamente ai giovani, gli adulti non mostrano particolari pattern UV-dipendenti, pur mantenendo colorazioni piuttosto accese.
Etologia: criptismo o perfetta imitazione?
A questo punto è lecito chiedersi come le mantidi orchidea utilizzino il loro peculiare aspetto: si appostano tranquillamente tra i fiori mimetizzandosi alla perfezione grazie alla loro livrea o preferiscono posizionarsi su substrati contrastanti ed imitare esse stesse un intero fiore?
Il dubbio sorge infatti quando si studiano adattamenti simili in altre specie. I ragni della famiglia Thomisidae, comunemente noti come ragni granchio, si sono ad esempio adattati a vivere sulle corolle dei fiori o in loro prossimità e ad imitarne il colore; essi attendono quindi indisturbati e non-visti l’arrivo di una preda che viene poi prontamente catturata non appena entra nel loro raggio di azione. I ragni granchio, così come anche alcuni emitteri o altri mantoidei, si limitano dunque ad imitare la colorazione di una determinata pianta per riuscire a mimetizzarsi con essa e a sfuggire alla vista di prede e predatori. Nella mantide orchidea, al contrario, sembra essersi sviluppato un comportamento opposto; seppur rara e difficilmente osservabile in natura, essa è stata sempre avvistata non tanto appostata su gruppi di fiori con i quali avrebbe potuto confondersi, ma piuttosto su substrati fortemente in contrasto con la sua colorazione (ad esempio tra il fogliame). L’intento della mantide sembra allora essere proprio quello di farsi distintamente notare; non a caso, essa non si limita ad imitare il solo colore dei fiori, ma il mimetismo si estende alla loro intera forma. Risulta allora facile comprendere quanto possa essere vantaggioso per la mantide riuscire ad attrarre gli impollinatori con efficacia maggiore rispetto ai fiori e come, allo stesso tempo, sia importante che l’inganno sia rivolto anche nei confronti dei predatori.
Leggi anche: Simbiosi: una stretta relazione fra esseri viventi
Il modello imitato: esiste davvero un fiore stampo?
Campionando tutta una serie di fiori presenti nello stesso areale di H. coronatus e studiando le loro caratteristiche morfometriche e colorimetriche, è emerso che le mantidi si sovrappongono piuttosto discretamente con i fiori, sia nei colori esposti che nelle forme di lobi femorali e addome. Ciò che però risulta interessante è come non sia stato trovato nessun fiore che corrisponda perfettamente alla mantide; al contrario sembra che essa abbia evoluto dei caratteri fiorali generalizzati che forniscono stimoli attrattivi generici per gli impollinatori.
Bibliografia
- O’Hanlon, J. C. (2014), “The roles of colour and shape in pollinator deception in the orchid mantis ‘Hymenopus coronatus’, International Journal of Behavioural Biology, 120, 652–661.
- O’Hanlon, J. C., Holwell, G. I. & Herberstein, M. E. (2013), “Pollinator deception in the orchid mantis”, The American Naturalist, 183, 126–132.
- O’Hanlon, J. C., Holwell, G. I. & Herberstein, M. E. (2014), “Predatory pollinator deception: does the orchid mantis resemble a model?”, Current Zoology, 60, 90–103.
- O’Hanlon, J. C., Li, D. & Norma-Rashid, Y. (2013), “Coloration and morphology of the orchid mantis ‘Hymenopus coronatus’ (Mantodea: Hymenopodidae)”, Journal of Orthoptera Research, 22, 35–44.