Il mandorlo, Amygdalus Communis L., appartiene alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae, genere Prunus. Trattasi di un piccolo albero rustico, il quale durante l’età adulta può crescere fino a 6-10 metri di altezza.
Alla specie Amygdalus Communis appartengono altre sottospecie, tre delle quali sono di importante interesse frutticolo:
- Sativa, con seme dolce ed endocarpo duro (rappresenta la maggior parte delle specie coltivate);
- Amara, con seme amaro per la presenza di amigdalina;
- Fragilis, con seme dolce ed endocarpo più fragile;
La fioritura del mandorlo è precoce: dopo il riposo invernale è la prima pianta a fiorire. Il motivo per il quale il mandorlo viene coltivato è essenzialmente per il suo seme commestibile: la mandorla.
Cos’è l’amigdalina?
L’amigdalina è un glucoside cianogenetico, contenuto nei semi di diverse Rosacee come mandorle amare, ma anche pesche, albicocche, ecc. Dalla sua idrolisi si originano una molecola di aldeide benzoica, due di glucosio e una di acido cianidrico. A quest’ultimo si deve l’azione tossica delle mandorle amare, ovviamente solo quando, e se, ingerite in grandi e abbondanti quantità[4].
Storia delle mandorle
Ritrovamenti
Le mandorle sono originarie dell’Asia e della regione climatica mediterranea (Turchia, Pakistan, Siria). La prima evidenza dell’esistenza di mandorle allo stato selvatico risale al periodo Pleistocene, nel sito di Gesher Benot Ya’aqov, in Israele[1]. In questo sito sono stati ritrovati resti di mandorle, pistacchi ed altri tipi di frutta a guscio. Sono stati ritrovati anche utensili in pietra. Questi ultimi probabilmente venivano utilizzati proprio per compiere l’azione di rompere il guscio della frutta secca.
Iniziarono ad essere coltivate durante l’età del Bronzo, a partire dal 3400 a.C[2]. Infatti, resti di mandorle sono stati ritrovati anche nella tomba di Tutankhamon in Egitto, e sotto il palazzo di Cnosso e del monastero di Agìa Triàda, entrambi importanti siti archeologi dell’isola di Creta risalenti proprio all’età del Bronzo.
Dall’Antica Grecia a Roma
Ippocrate nel Corpus Hippocraticum descriveva i principi della dieta dell’epoca, elencando gli alimenti più consumati. Tra questi figuravano anche le mandorle e altri frutti a guscio[3]. Per cui nell’antica Grecia le mandorle erano frutti molto diffusi. Di conseguenza diventarono popolari anche tra gli antichi Romani con il nome di “nux graeca“. Vennero introdotte in Italia, e nello specifico in Sicilia, dai Fenici. Questi ultimi le importavano presumibilmente proprio dalla Grecia. Ad oggi il maggior produttore di mandorle in Italia è infatti la regione Sicilia, seguita dalla Puglia.
Valori nutrizionali
I semi oleaginosi e la frutta secca contengono numerosi composti che svolgono funzioni fondamentali nel corpo umano.
In 30 grammi di mandorle dolci secche sono presenti:
- Carboidrati: 1,4 gr
- Di cui, zuccheri solubili: 1,1 gr
- Fibra totale: 3,8 gr
- Proteine: 6,6 gr
- Lipidi: 16,6 gr
- Di cui, acidi grassi monoinsaturi: 72,04%
I valori fanno riferimento alle tabelle di composizione degli alimenti (CREA, 2018).
Polifenoli
Le mandorle intere sono, inoltre, ricche di vitamine e polifenoli, composti che si concentrando in particolare nella cuticola scura che avvolge il seme. Indipendentemente dalla cultivar o dalle tecniche di coltivazione, i polifenoli maggiormente rappresentati nelle mandorle sono le proantocianidine, i tannini e i flavonoidi. In quantità minori e variabili sono presenti anche gli acidi fenolici, la lignina e gli isoflavoni.
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Composizione nutrizionale variabile
La composizione nutrizionale può variare in base al periodo di raccolta. La precocità del raccolto si associa ad una maggiore idratazione dei semi e ad una migliore componente oleosa. D’altra parte, un raccolto tardivo è caratterizzato da un contenuto più elevato di composti antiossidanti e una maggiore quota zuccherina[6]. Ciò suggerisce che probabilmente i composti antiossidanti si sviluppano durante le fasi tardive della maturazione.
Proprietà benefiche
Negli ultimi anni i risultati di studi epidemiologici hanno indicato un’associazione inversa tra il consumo di frutta a guscio e l’incidenza di patologie cardiovascolari. I micronutrienti e i polifenoli presenti nelle mandorle svolgono un ruolo determinante nella modulazione e nel miglioramento del profilo lipidico[7].
Il consumo frequente di mandorle, nelle giuste quantità, è stato associato ad una riduzione del rischio di sviluppare molteplici patologie. Sono stati condotti studi sul consumo quotidiano di mandorle (28 gr) e la modulazione glicemica nel diabete mellito di tipo II[8]. Altri studi, invece, ne dimostrano i benefici per quanto riguarda la riduzione del rischio cardiovascolare e dell’obesità addominale[9].
Conclusioni
Le mandorle, e la frutta secca in generale, sono caratterizzate da un elevato contenuto energetico. Tuttavia, non bisogna guardare soltanto la quantità delle calorie ma anche, e soprattutto, la qualità. La composizione nutrizionale delle mandorle fa sì che possa essere considerato un ottimo snack quotidiano nell’ambito di un’alimentazione equilibrata. La quantità di frutta secca consigliata dai LARN (2014) e dalle line guida del CREA (2019) è pari a 20-30 grammi al giorno.
Referenze
- Naama G., Gonen S., Nuts, nut cracking, and pitted stones at Gesher Benot Ya’aqov, Israel, PNAS, 2002, 99 (4) 2455-2460
- Casas-Agustench, P., Salas-Huetos, A., Mediterranean nuts: Origins, ancient medicinal benefits and symbolism,Public Health Nutrition, 2011, 14(12A), 2296-2301.
- Wilkins J., Hill S., Food in the Ancient World, Malden (USA), Blackwell Publishing, 2006, pp 18-20
- He XY, Wu LJ, Wang WX, Xie PJ, Amygdalin – A pharmacological and toxicological review. J Ethnopharmacol, 2020 May 23;254:112717
- Tabelle di composizione degli alimenti, CREA, 2018, Mandorle
- Summo C, Palasciano M, Evaluation of the chemical and nutritional characteristics of almonds (Prunus dulcis (Mill). D.A. Webb) as influenced by harvest time and cultivar, J Sci Food Agric., 2018 Dec; 98(15):5647-5655
- Bento, A.P.; Cominetti, C. Baru almond improves lipid profile in mildly hypercholesterolemic subjects: A randomized, controlled, crossover study. Nutr. Metab. Cardiovasc. Dis. NMCD, 2014, 24, 1330–1336
- Cohen, A.E.; Johnston, C.S. Almond ingestion at mealtime reduces postprandial glycemia and chronic ingestion reduces hemoglobin A(1c) in individuals with well-controlled type 2 diabetes mellitus. Metab. Clin. Exp. 2011, 60, 1312–1317
- Berryman, C.E.; West, S.G.; Effects of daily almond consumption on cardiometabolic risk and abdominal adiposity in healthy adults with elevated LDL-cholesterol: A randomized controlled trial. J. Am. Heart Assoc., 2015