La Community italiana per le Scienze della Vita

Malaria: cause, sintomi, ciclo vitale e trattamento

La malaria è tra i morbi parassitari più antichi descritti dall’uomo. Il Generale romano Marcus Terentium Varro (116 – 27 a.C) descrisse la malattia nella sua opera Rerum rusticarum de agricoltura e intuì che potesse essere causata da animali infinitamente piccoli.

Animalia quaedam minuta, que non possunt Oculi consegui, et per aera intus corpus per Os ac nares perveniunt, atque efficiunt difficiles morbos.

Secoli più tardi, il medico romano Galeno ipotizzò che l’infezione si acquisisse respirando i miasmi (dal gr. μίασμα -ατος «lordura») presenti nelle aree paludose e che a causa di quest’aria malsana si sviluppasse il morbo. Da notare come ancora oggi la malattia mantenga nel nome “mal’aria”, dalla concezione errata, che fosse appunto l’aria il vettore della malattia.

Generalità

Se nell’antichità la Malaria era da attribuire alla “lordura” e ad “animalia quedam minuta“, nel 1700, ad opera dell’epidemiologo Giovanni Maria Lancisi, si fa un grande passo avanti nell’identificazione di questo male. Lancisi sosteneva che fosse sufficiente drenare l’acqua a uso alimentare per prevenire la malattia e che durante gli stati febbrili per accertarsi di essere infetti bisognasse esaminare il sangue al microscopio alla ricerca di vermes et insectos, quali responsabili della malattia.

Disegno originale di G.B. Grassi sul ciclo della malaria trasmessa dalla zanzara Anopheles

Sarà quasi due secoli più tardi che verrà fatto un nuovo passo avanti nella comprensione della malaria. Il medico e istologo Camillo Golgi fu il primo a identificare le due forme febbrili della malaria: la terzana, benigna, e la quartana, più grave. Intuì, inoltre, lo sviluppo asessuato dei parassiti. Nello stesso periodo, il medico e parassitologo Ettore Marchiafava descrisse accuratamente il parassita Plasmodium identificandone più ceppi. Resta, tuttavia, G. Battista Grassi la figura più importante nella storia della malaria. Egli, infatti, nel 1900 metterà in evidenza le prove che dimostrano indissolubilmente la correlazione tra Plasmodio-Culicidi-Malaria, aprendo la strada allo studio moderno sull’eradicazione di questa piaga. Ad oggi, la malaria risulta essere la parassitosi più diffusa e letale al mondo con un vettore diffuso globalmente ma soprattutto nei paesi a clima temperato e caldo, la Zanzara.

Epidemiologia

 Kiszewksi et al., 2004. American Journal of Tropical Medicine and Hygiene 70(5):486-498.
Distribuzione globale dei vettori dominanti o potenzialmente importanti della Malaria.

La malaria o Paludismo colpisce ogni anno circa 200 milioni di persone provocando circa 430.000 decessi. La malattia è così diffusa perché risulta endemica per il 40% della popolazione mondiale soprattutto situata in aree tropicali e subtropicali. Si stima inoltre che siano decine di migliaia i viaggiatori colpiti ogni anno da paludismo e dato che i sintomi febbrili non sono peculiari soltanto della malaria, questa deve essere sospettata in tutti i viaggiatori, che di ritorno da aree endemiche per malaria, manifestano piresi.

Eziologia

Il responsabile del paludismo è un parassita, monocellulare, del genere Plasmodio, che una volta immesso nel torrente circolatorio, dopo una puntura di una zanzara, infetta inizialmente le cellule del fegato (ciclo esoeritrocitario), quindi i globuli rossi (ciclo eritrocitario).

5 sono le specie principali di plasmodio capaci di infettare l’uomo:

  • P. falciparum: responsabile della malaria maligna o terzana, è anche più letale
  • P. vivax: responsabile della terzana benigna, è insieme al P. falciparum il più diffuso
  • P. ovale: causa di una forma similare di malaria terzana benigna
  • P. malariae: responsabile di una caratteristica forma febbrile definita quartana per la periodicità con cui si presenta la febbre
  • P. knowlesi: può causare una febbre anche grave che si presenta ogni giorno come indicato dal suo ciclo eritrocitico asessuale di circa 24 ore.

Ciclo vitale

Il ciclo vitale del parassita avviene tra due ospiti: l’uomo e la zanzara. La zanzara femmina viene infettata attraverso il suo apparato suggente pungendo un individuo infetto. Quando la zanzara si nutrirà nuovamente entrando in contatto con un individuo sano, nell’atto della suzione, inoculerà gli sporozoiti (forme del plasmodio) nel circolo ematico.

Lo sporozoita verrà sequestrato dalle cellule epatiche e in brevissimo tempo tutti gli sporozoiti presenti si troveranno all’interno degli epatociti e qui avrà luogo la prima riproduzione asessuata che darà origine a migliaia di merozoiti mononucleati. Una volta distrutta la cellula che li conteneva queste decine di migliaia di merozoiti verranno liberati nel circolo ematico. Avuto l’accesso al torrente circolatorio saranno in grado, attraverso il legame di una lectina con un acido sialico presente sulla glicoforina eritrocitaria, di entrare all’interno dell’eritrocita e qui avverrà la prima trasformazione in Trofozoita che si dividerà in seguito per dar vita a numerosissimi Schizonti.

Gli Schizonti secernono numerose proteine che formano protuberanze al di fuori della parete cellulare del globulo rosso chiamate knobs. La superficie del Knob viene ricoperta di sequestrina che si legherà alle cellule endoteliali tramite le ICAM-1, CD46 e il recettore per la trombospondina. Una volta che il globulo rosso infestato di schizonti sarà adeso alla superficie dell’endotelio, resteranno in circolo solamente i globuli rossi infetti da forme immature che, essendo più elastiche, eviteranno il sequestro e la distruzione splenica. Ogni schizonte va incontro a divisioni multiple dando origine a 6/24 merozoiti che squarciando il globulo rosso si riverseranno nel torrente circolatorio e infetteranno nuovi eritrociti.

Dopo diversi cicli riproduttivi, alcune sub-popolazioni merozoitali iniziano a svilupparsi in forme sessuate: micro- e macrogametociti. Questi ultimi vengono prelevati dalla zanzara nell’atto della nutrizione e si moltiplicano in quello che è conosciuto come “ciclo dello sporogonio“. Nello stomaco della zanzara le forme sessuate (micro- e macrogametocita) generano lo zigote. Lo zigote è mobile e invadendo la parete intestinale della zanzara si differenzia in oociste.

Questa crescendo si sviluppa e inizia a rilasciare sporozoiti che migreranno alle ghiandole salivari della zanzara che, pungendo un individuo sano, andrà a depositare il parassita dando inizio nuovamente al ciclo.

Forme di malattia comuni a tutti i ceppi di malaria

Con un tempo di incubazione variabile da 9 giorni a 1 anno, a seconda della forma di malaria da cui si è stati infettati, si è soggetti a una serie di sintomi comuni quali:

  • parossismo Malarico
  • anemia
  • ittero
  • splenomegalia
  • epatomegalia

Il parossismo Malarico coincide con il rilascio dei merozoiti a seguito della distruzione dei globuli rossi. Si presenta comunemente con malessere generale, brividi, febbre alta (39-41°C), poliuria, cefalea, nausea, mialgia, polso rapido e flebile. Gli intervalli parossistici si verificano tipicamente ogni 2-3 giorni a seconda della specie.

Dopo circa 7 giorni subentra al parossismo malarico la Splenomegalia che però può non presentarsi affatto qualora si tratti di P. falciparum. La milza, essendo costituita da un tessuto piuttosto morbido, qualora aumentasse di volume sarebbe più predisposta alla rottura traumatica. La splenomegalia si riduce man mano che aumenta l’immunità funzionale ma tende a diventare fibrotica in alcuni pazienti. Di solito la splenomegalia è accompagnata dalla epatomegalia.

Manifestazioni peculiari da P. falciparum

P. falciparum causa una forma più grave delle altre infezioni malariche soprattutto per i suoi effetti microvascolari. Gli eritrociti parassitati adesi alle cellule dell’endotelio a livello dei capillari provocano microinfarti nel cervello, cuore, rene e altri organi. Sviluppando la malaria celebrale si potrebbe incorrere inoltre in convulsioni, irritabilità e coma.

A livello sistemico possono verificarsi: diarrea, ittero, tensione epigastrica, emorragie retiniche e trombocitopenia grave. Si tratta infatti dell’unica specie in grado di causare una malattia fatale se non trattata. I picchi di temperatura sono spesso irregolari e tendono solo in seguito a regolarizzarsi su una frequenza terzana, cioè, ogni 48 ore circa.

Manifestazioni peculiari da P. vivax, P. ovale e P. malariae

Normalmente P. vivax, P. ovale e P. malariae non compromettono organi vitali e la mortalità è molto rara; si verifica spesso per rottura splenica. P. vivax e P. ovale condividono l’intervallo febbrile a intermittenze di 48h (febbre terzana).

P. malariae può causare una parassitemia che persiste anche per decenni e che può portare a nefriti, nefrosi da immunocomplessi e a splenomegalia tropicale. L’intervallo febbrile è a intermittenze di 72 ore circa (febbre quartana).

Diagnosi

La pratica diagnostica è basata principalmente su due differenti approcci. Da un lato vi è la diagnosi basata sui sintomi della malattia, dall’altro una diagnosi qualitativa – quantitativa volta al riconoscimento dell’agente causale e alla gravità dell’infestazione. L’esame di gran lunga più utilizzato è l’emoscopia, che ha un costo molto basso e una buona affidabilità.

Nell’emoscopia, una goccia di sangue prelevata da un capillare periferico e, in breve tempo onde evitare cambiamenti nella morfologia, osservata al microscopio così da individuare i parassiti. Di microscopia esistono 2 principali metodiche:

  1. Lo striscio sottile in cui una goccia di sangue viene stesa su un vetrino così da avere un strato quasi singolo di globuli rossi. Questo viene colorato e fissato ed entro un’ora osservato al microscopio. L’indagine su striscio sottile consente il riconoscimento della morfologia dell’agente infestante ma richiede una discreta esperienza in quanto non è raro avere una diagnosi di falso negativo perchè in casi di infezione i globuli rossi possono assumere una forma atipica ed essere confusi con altri elementi circolanti. Altro fattore da tenere in considerazione è la sensibilità di questa tecnica che non consente spesso di riconoscere una bassa carica parassitaria.
  2. La goccia spessa che presenta una sensibilità maggiore e quindi è utile per individuare anche i casi di bassa parassitemia, utilizza una quantità di sangue 20 volte maggiore dello striscio sottile. Questa tecnica consente di avere un risultato quantitativo più preciso ma pecca nell’aspetto qualitativo in quanto spesso con la rottura dei globuli rossi non è possibile identificare l’agente infestante.

Vengono spesso utilizzate entrambe le metodiche diagnostiche che insieme formano un potente strumento d’analisi. Nel corso del tempo molti altri metodi diagnostici sono stati sviluppati, alcuni molto precisi e costosi e quindi scartati dai laboratori comuni che spesso operano in zone in cui la malaria è endemica, in paesi in via di sviluppo.

Tra le tecniche diagnostiche alternative troviamo:

  • Ricerca acido nucleico Plasmodio, test rapido UV
  • ‘Quantitative buffy coat method (QBCTM, Becton-Dickinson)’
  • IFI test (immunofluorescenza indiretta)
  • Altri test basati sulla cattura della proteina II (PfHRP-II)
  • Determinazione dell’antigene (histidine rich protein-2, HRP-2) associato con il parassita della malaria (P. falciparum e P. vivax).
  • Determinazione dell’enzima lattato deidrogenasi del Plasmodio (pLDH) sia mediante la sua attività enzimatica che mediante immunoassay.
  • PCR

Trattamento farmacologico

Il farmaco d’elezione, in caso di manifestazione malarica, è a base di artemisinina. Nonostante la resistenza a questo principio attivo sia stata segnalata, questa non risulta frequente. Tra i soggetti più a rischio vi sono i bambini  <5 anni, le donne in gravidanza e i viaggiatori mai esposti alla malattia.

In alcune aree endemiche si è assistito ad un aumento di lotti contraffatti di farmaco antimalarico perciò la comunità medica suggerisce ai viaggiatori di portare con se un ciclo completo di un appropriato regime terapeutico da usare in caso di contagio. Questa strategia evita anche di esaurire le risorse limitate in aree remote.

Prevenzione

Nel Q1 del 2019 è stata lanciata in Malawi la sperimentazione di un vaccino, noto come “Rts,s” con target prescelto gli infanti <2 anni. Nel corso dell’anno verrà valutata l’insorgenza di eventuali effetti collaterali e l’effettiva riduzione dei tassi di mortalità. Si stima che verranno vaccinati in via preliminare 10 milioni di bambini, così da ridurre drasticamente il carico globale della malattia.

Nei prossimi mesi il programma sarà esteso anche al Ghana e al Kenya. Questa risulta essere una nuova frontiera nel debellamento di una delle piaghe più antiche e più mortali della storia dell’uomo.

Bibliografia

  • De Carneri – Parassitologia medica e diagnostica parassitologia. 2012, CEA
  • La Placa – Virus e batteri, 2011, Società editrice il Mulino
  • Murray, Rosenthal – Microbiologia medica 8 ed., 2017, Edra
  • Cosmacini – L’arte lunga: Storia della medicina dall’antichità a oggi, 2014, Laterza

Collegamenti esterni

  • Clinica del Viaggiatore – Cesmet
  • Malaria, generalità – Epicentro
  • Aspetti biologici e clinici della malaria: progressi verso l’eradicazione della malattia – Researchgate
  • Malaria il primo vaccino alla prova dei bambini del Malawi – Fondazione Veronesi
Articoli correlati
Commenta