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Lissanfibi: diversità e distribuzione in Italia

Chi sono i Lissanfibi?

Gli Anfibi [ἀμφί-βίος:“doppia vita”] sono da manuale definiti come una classe di Vertebrati tetrapodi anamni. Il nome della classe sottolinea la generale bimodalità del loro ciclo vitale segnato da fase acquatica larvale e stadio adulto terrestre. I rappresentanti del raggruppamento, tra cui prendono parte rane, rospi, tritoni, salamandre e cecilie, sono famigliari alla stragrande maggior parte delle persone per riconoscibilità e diffusione; gli Anfibi moderni sono, infatti, un raggruppamento cosmopolita distribuito largamente in ambienti umidi e freschi.

L’origine e filogenesi della classe è ancora oggi tema di studio e cosa dibattuta. È noto che durante il Carbonifero la radiazione del clade Tetrapoda si espresse con tutta la sua forza restituendo un record fossile di numerosi gruppi di tetrapodi e anfibi primitivi. Tra questi i Temnospondili sembrerebbero i più accreditati progenitori degli anfibi moderni. In discussione, tuttavia, non vi è solo la ricostruzione filogenetica dei rapporti tra Archeoanfibi/Lissanfibi ma anche la filogenesi di quest’ultimi.

È infatti opinione di alcuni che i Lissanfibi non costituiscano un raggruppamento naturale ma che originino presumibilmente da almeno due linee differenti di tetrapodi paleozoici (Temnospondili e Microsauri) anamni. Secondo quest’idea i numerosi caratteri derivati condivisi dai Lissanfibi altro non sarebbero convergenze selezionate durante l’estinzione anfibia del Mesozoico.

Lissanfibi: Uno sguardo d’insieme

Gli Anfibi moderni ( Lissanfibi) annoverano circa 2400 specie e si costituiscono di tre ordini: Anuri, anfibi saltatori e senza coda come rane e rospi, Urodeli o Caudati tra cui troviamo salamandre e tritoni, e Apodi.

Sebbene vengano proverbialmente definiti come “i primi Vertebrati che conquistarono le terre emerse”, gli Anfibi, in quanto anamni ed ectodermi, sono profondamente legati all’acqua. La riproduzione e lo stadio larvale di un anfibio si svolgono in questo ambiente, e anche successivamente alla metamorfosi, la maggior parte gli adulti abita ambienti umidi che li preservi dalla disidratazione e da sbalzi climatici. Per questo motivo gli Anfibi sono considerati animali delicati e preziosissimi bioindicatori.

I Lissanfibi sono animali diffusi su tutti i continenti a eccezione dell’Antartide che vivono nelle raccolte d’acqua dolce e negli ambienti umidi; sono, invece, completamente assenti nelle acque marine pur essendoci alcune specie che vivono in acque salmastre. Alcune Famiglie (Afiumidi, Sirene, Protei) sono strettamente acquatiche; altre, invece, si mantengono sempre nelle immediate vicinanze di una raccolta d’acqua; altre ancora, infine, sono divenuti notevolmente indipendenti nei confronti dell’acqua allo stadio adulto (alcune Rane, Bufoidi e Ilidi), o addirittura terricole (geotritoni ed alcune salamandre).

Lissamphibia significa “dalla pelle nuda e sottile”; il tegumento degli Anfibi moderni, infatti, non è particolarmente cheratinizzato ma al contrario liscio, ricco di plessi sanguini e viscido. Numerose ghiandole mucogene si aprono con i loro dotti in superficie riversando i loro secreti sulla pelle dell’animale. Per la maggior parte dei casi si tratta di muco che ha la funzione di tutelare l’animale dalla disidratazione. Tuttavia, specialmente negli Anuri, non mancano casi in cui, da apposite ghiandole del tegumento, vengano riversati secreti tossici (Anuri Tropicali) o lattiginosi per nutrire i piccoli portati sul dorso (Pipa americana).

Il Tegumento anfibio è così sottile anche perché costituisce un’estesa superficie respiratoria. Tale caratteristica si rivela preziosa in vari contesti, in primis durante le occasionali immersioni da parte delle specie terrestri, e può fornire una strategia respiratoria alternativa o sussidiaria.

Le strategie e strutture respiratorie degli Anfibi sono, in effetti, varie e differenti in relazione allo stadio di sviluppo e al destino successivo alla metamorfosi. Le larve, generalmente dette girini, respirano per mezzo di branchie.

Queste regrediscono alla metamorfosi e vengono tendenzialmente sostituite dai polmoni sacciformi nelle specie terrestri. Nelle specie neoteniche (es. Axolotl) o che dopo la metamorfosi rimangono in acqua (Tritoni, Sirene, Cani d’acqua) i polmoni non si sostituiscono alle branchie che, anzi, continuano a svolgere un ruolo primario insieme al tegumento.

La regione faringobuccale della maggior parte degli Anuri è una buona superficie respiratoria. Ricordiamo che gli anfibi non possiedono un diaframma e di fatto forzano l’aria entro in polmoni “inghiottendola”. È in questi casi che la respirazione cutanea diviene un’importante valore aggiunto.

Il sistema circolatorio risente, ovviamente, della struttura dell’apparato respiratorio, e si presenta doppio e incompleto. Il cuore è tricamerato e presenta due atri ed unico ventricolo trabecolato. L’atrio destro è quello deputato alla circolazione pulmo-cutanea mentre il sinistro a quella sistemica. L’aspetto interessante del cuore degli è che la distribuzione del sangue nel distretto pulmo-cutaneo varia in rapporto alla disponibilità di ossigeno.

La regolazione emodinamica si attua attraverso complessi circuiti riflessi del SN ed è legata alla presenza di chemiorecettori per la recezione della composizione dei gas nel sangue (PCO2/PO2) e del pH e di barocettori aortici per la pressione arteriosa, che controllano ad es. il grado di costrizione di sfinteri muscolari posti a valle delle arterie polmonarie o pulmo-cutanee, con conseguente variazione del flusso sanguigno in queste direzioni. In condizione di ipossia, per esempio durante l’ibernazione negli Anuri, la maggior parte del sangue ossigenato viene incanalato alla circolazione sanguigna grazie a questi fini meccanismi di regolazione.

Nell’adattamento alla vita in ambiente subaereo gli anfibi riorganizzarono molti dei loro sistemi ed apparti; dagli organi di senso alla respirazione, dall’apparato scheletrico al circolatorio. Tuttavia la loro condizione di anamni li lega profondamente all’ambiente acquatico nello sviluppo e riproduzione, tanto che non sono pochi gli esempi di migrazioni durante la stagione riproduttiva o ritorno all’acqua tramite affermazione di pedomorfogenesi.

La stagione riproduttiva è in genere auspicata dai gracidii gli anuri. Sebbene alcune specie depongano uova in ambienti umidi come tronchi in putrefazione o siano vivipare, l’elemento scelto rimane per quasi la totalità delle specie l’acqua. Spesso l’ambiente scelto è un acquitrino o comunque un bacino stagnante o ben circoscritto che funga da “nursery”.

Durante gli amplessi sono rilasciati un gran numero di ovociti, noto è l’abbraccio ascellare degli Anuri, che vengono innaffiati dal maschio. Diversamente i maschi appiccicano spermatofore in prossimità della cloaca della femmina mentre altri ancora, perlopiù Gimnofioni, presentano fecondazione interna. Lo sviluppo delle uova degli anfibi è largamente osteggiato da numerosi fattori biotici ed abiotici: disseccamento, predazione, termo ed eco sensibilità ne sono alcuni esempi.

Per questo motivo alcuni anfibi hanno adottato particolari strategie di “cura della prole”. Anche se l’oviparità è la regola, vi sono Anuri ovovivipari, detti marsupi, che trattengono le uova in teche addominali, le Cecilie si prendono cura delle proprie uova avvolgendovisi attorno, le Pipe americane portano con sé le uova fecondate su pliche dorsali del tegumento, mentre alcuni Gimnofioni sono vivipari.

Alla schiusa la larva è molto differente dall’adulto. I “girini” sono organismi che ricordano molto più dei pesci che non gli anfibi adulti. Come i primi presentano un più o meno sviluppato sistema della linea laterale, essenziale per l’orientamento in acqua, sono apodi e nuotano grazie ad una lunga coda che si propone in continuità con la testa.

La respirazione è affidata alle branchie che possono essere interne o esterne. La maggior parte dei girini è rappresentata da erbivori filtratori e questo permette di sfruttare risorse precluse all’anfibio adulto. Tuttavia, anche in questo stadio vitale, il range di specializzazioni ecologiche e morfologiche è grande. I girini che vivono nelle acque stagnati sono di solito ovoidali e presentano grandi code, quelli delle acque correnti sono affusolati mentre i girini semi-terrestri sono appiattiti dorso-ventralmente. Le strategie alimentari sono indirizzate verso l’attività filtratoria o raschiatrice anche se non mancano casi documentati di oofagia (Dendrobatide del Sud America).

La metamorfosi degli Anfibi è soggetta a regolazione ormonale, in particolare, è influenzata, dal rapporto tra le concentrazioni ematiche di prolattina e tiroxina. La tiroxina è l’ormone che presiede la metamorfosi, mentre la prolattina la inibisce e stimola l’accrescimento larvale. I periodi della metamorfosi vengono classicamente suddivisi in premetamorfosi, periodo di preparazione e riorganizzazione, prometamorfosi, in cui compaiono il primo paio di arti ed in fine un rapido climax in cui compaiono il secondo paio di arti e si assiste alla regressione della pinna caudale. I punti salienti del processo consistono nel generale rimodellamento di alcune strutture: la bocca diviene ampia e si perdono le piccole mandibole cornee; viene ridisegnata una lingua muscolosa e protrudibile, si perdono le branchie mentre si sviluppano i polmoni e gli arti prendono il posto delle pinne.

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Apodi o Gimnofioni

L’ordine delle Cecilie è composto da più o meno 170 specie tropicali tutte contrassegnate dall’assenza di arti e cinti; da qui il nome Apodi. Questi singolari Vertebrati serpentiformi sono diffusi in ambiente acquatico e terrestre con attitudini fossorie e scavatrici.

Diversamente dagli Anuri e Urodeli, gli Apodi sembrerebbero non presentare grandi affinità con gli ancestrali Temnospondili. L’ordine, secondo alcuni, è invece più affine ai Microsauri, antichi tetrapodi estinti nel Premiano. La testa di questi animali è piatta e presenta un cranio robusto, il corpo è sottile e presenta ano terminale.

Il tegumento è forse il carattere più peculiare dell’ordine; è annulato lungo tutto il corpo e si presenta rivestito da squamette dermiche; l’annulazione sottolinea quasi la metameria del corpo in quanto le incisure del tegumento ricadono all’incirca a ridosso di ogni vertebra.

Gli Apodi terrestri sono tubulari, strisciano e scavano nel terriccio grazie a movimenti peristaltici, mentre le forme acquatiche sono più sottili, compresse lateralmente, e nuotano grazie a sinuosi movimenti oscillatori. Microftalmici o criptoftalmici, le funzioni sensoriali degli Apodi sono per lo più svolte da un paio di tentacoli estroflettibili posti in loggette suborbitali.

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Ittiofidio                      

Anuri o Saltanti

L’ordine di degli Anuri, anfibi senza coda, è diffuso in tutto il mondo a eccezione delle regioni settentrionali più estreme e dell’Antartide. Il raggruppamento comprende organismi molto famigliari ai più, come rane e rospi, denotati dalla capacità d’essere ottimi saltatori, capacità, che denomina anche l’ordine.

Il corpo degli anuri è largo e tozzo: il capo è fuso con il torace e presenta una grande bocca, gli arti anteriori sono corti e piccoli. Gli arti posteriori sono invece molto sviluppati e, a differenza del resto del corpo, sono lunghi ed affusolati e denotati da una ben sviluppata massa muscolare. Gli arti posteriori, specializzati nel salto e muniti di cinque dita anziché di quattro come gli anteriori, superano in genere la lunghezza del corpo; Tale straordinaria estensione è dovuta allo sviluppo di
astragalo e calcagno.

Sebbene il salto sia una condizione vantaggiosa nelle paludi, data la presenza dell’erba alta, e risulti utile anche alle specie arboricole, gli anuri sono capaci anche della locomozione classica dei tetrapodi: camminano lenti alternando le zampe. Questi Anfibi sono, inoltre, ottimi nuotatori e presentano membrane interdigitali. Gli adulti, come detto, sono privi di coda; questa viene riassorbita alla metamorfosi con la fusione delle vertebre caudali in un unico osso sacrale: l‘urostilo. A un esame esterno, anche sommario, di un rospo o di una rana, si rileva la presenza a breve distanza dagli occhi, muniti di palpebre mobili e di ghiandole atte a mantenerli costantemente umidi, della membrana timpanica, tondeggiante, che risulta esposta per mancanza dell’orecchio esterno.

Le narici sono l’unica via d’ingresso e d’uscita dell’aria che viene introdotta nei polmoni attraverso il pompaggio del pavimento boccale e della faringe. La bocca, munita di numerosi denti di piccole dimensioni, possiede una lingua incernierata anteriormente e assai viscosa, che viene rovesciata in fuori per catturare le prede.

Un’altra caratteristica nota di rane e rospi è la vocalizzazione, usata, durante il periodo riproduttivo, per il corteggiamento. Il gracidio è prodotto da una cassa di risonanza rappresentata dalle sacche vocali (due come nelle rane, o impari come nelle raganelle). Tali sacche appaiono più sviluppate nei maschi, così da costituire un evidente carattere sessuale secondario.

La riproduzione è ovviamente legata alla deposizione delle uova in acqua. Tuttavia è in quest’ordine di anfibi che si possono annoverare casi di deposizione a terra, sul dorso degli adulti in particolari loggette cutanee (Alite Ostetrico, Pipe) o sospese su grandi foglie come accade nelle raganelle arboricole. Un ulteriore indice di estrema biodiversità degli anuri è la colorazione. Sebbene rane e bufoidi siano in genere verdastri o bruni, colorazione mimetica nelle acque stagnati, le raganelle e gli anuri tropicali in genere presentano colorazioni vivaci ed accese, spesso, aposematiche e rivelatrici di tossicità dell’animale.

Non è raro che entro il tegumento anfibio vi siano, infatti, numerose ghiandole granulose velenifere e che le stesse riversino il loro secreti sull’epidermide di questi animali. In particolare la famiglia Dendrobatidae, note anche come rane da veleno per frecce, è l’esempio più eclatante della relazione aposematismo-tossicità dell’ordine. I Dendrobatidi sono tipici del sud America e la tipologia di alcaloidi veleniferi prodotti dal loro tegumento è talvolta usato come riferimento diagnostico per il riconoscimento delle relative sotto famiglie.

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Dendrobate Dorato
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Dendrobate Pigmeo

 

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Dendrobate Azzurro

Anuri Endemici

Rospo Comune, Bufo bufo

Ampiamente distribuito in tutta Italia con eccezione delle isole Sardegna e Corsica, il Bufo bufo è il più grosso rospo europeo, assestandosi con una taglia limite di 18cm e un leggero dimorfismo sessuale a favore degli individui femminili. I Bufoidi hanno generalmente attitudini notturne; cacciano infatti di notte mentre nelle ore diurne si rifugiano nelle tane umide e non sono abilissimi saltatori. Il rospo cammina in maniera goffa sul terriccio e compie solo piccoli balzi.

In autunno s’infossa nel terreno per svernare in letargo; si risvegliano in primavera per riprodursi negli acquitrini stagnanti. Famoso è l’abbraccio ascellare che i maschi compiono durante l’innaffiatura, con covate copiose che schiudono dopo 10gg circa. La metamorfosi avviene in due mesi nelle aree geografiche più calde.

Rospo Smeraldino

download (1)Bufo viridis o balearicus meno robusto del Rospo Comune ma più termofilo e di colore più deciso, il Rospo smeraldino è diffuso in tutta Italia, eccettuate le Alpi, ed è particolarmente presente in zone litorali, sublitorali e nelle vallate dal clima mediterraneo.

Essenzialmente terricolo e notturno, può vivere anche nelle acque salmastre.

I piedi del rospo smeraldino sono palmati e il dorso, verrucoso, presenta pezzature verde acceso. Anche in questo caso le femmine sono leggermente più grandi dei maschi ed anche più colorate.

Raganella intermedia, Hyla intermedia

Bufotes_balearicus_female_quadratL’areale di questa specie è prevalentemente ristretto all’Italia
(compresa la Sicilia ed esclusa la Sardegna); anche se, in piccole popolazioni, è presente in Svizzera meridionale e nella Slovenia occidentale.

La Hyla intermedia è molta affine alla specie Hyla arborea. Come questa è piccola, 5-6cm, arboricola, e sulle dita presenta, appunto, dei cuscinetti adesivi per assicurarsi la presa sugli arbusti.

Quest’ultimo aspetto prende relazione con la sua colorazione, verde smagliante sul dorso e gialla sul ventre, che è considerata criptica.

Rana comune, Pelophylax esculentus

157086Conosciuta anche con il nome di Rana dei fossi, la Rana verde è presente ampiamente diffusa nella pianura Padana. La sua tassonomia è alquanto complessa e discussa essendo presenti in Italia diversi klepton, ossia unità sistematiche formate da un insieme costituito da una specie e dal suo ibrido ibridogenetico.

Si è considerato che la Pelophylax esculentus potrebbe essere un ibrido di P. lessonae e P. ridibundus, le altre due specie diffuse in Europa. Aldilà del dibattito tassonomico, la rana verde è un Anfibio piccolo, 12cm, dal muso appuntito e dalle dita ampiamente palmate. Vive in acqua e il dorso è verde smagliante o bruno oliva, talvolta cosparso di macchie nere, ornato ad ogni lato.

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Rana Dalmatina o Rana Agile, Rana dalmatina

La rana dalmatina è un piccolo anuro lungo fino a 9 cm. Il suo colore varia dal rossiccio al marrone scuro e presenta una macchietta nera a V dalla gola ai timpani. Le zampe, molto lunghe con una muscolatura ben sviluppata, hanno striature nere orizzontali. Le femmine sono più grandi dei maschi, mentre quest’ultimi riportano i caratteristici “calli nuziali”. La Dalmatina è una specie particolarmente legata all’acqua e agli ambienti umidi; In Italia è comune nella zona Calabra, mentre in Abruzzo è distribuita nella sola Valle del Sangro.

Rana Italica, Rossa o Appenninica, Rana italica
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È un organismo endemico dell’Italia, distribuito sull’Appennino, dalla Liguria centrale alla Calabria, che vive presso i ruscelli e torrenti che solcano la catena montuosa. L’animale è di piccole dimensioni, fino a 7 – 7,5 cm, e la sua colorazione si presenta in genere rossastra, ma può variare dal beige chiaro ad un bruno giallastro o verdastro.

Rana temporaria, Rana temporaria
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La rana temporaria è una piccola rana, 10 cm, che vive in stagni e paludi ad alta quota. In Italia è diffusa sulle Alpi ad oltre 3000m dal livello del mare. Il colore è marrone, con tonalità variabili dal verde oliva al rossiccio; presenta spesso una V rovesciata di colore scuro tra le spalle e dietro l’occhio è una banda più bruna che copre il timpano.

Ululone dal ventre giallo, Bombina pachypus

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È distribuito a sud del Po, lungo tutta la dorsale appenninica sino alla Calabria; ed assente in Sicilia, Sardegna e nelle isole minori. L’ululone popola soprattutto in specchi d’acqua piccoli e temporanei. La specie predilige le colline e montagne alla pianura ed è un ottimo bioindicatore dell’inquinamento acquifero. Il dorso è ricco di Verruche e dalla colorazione brunastra e criptica, in contrasto con il ventre giallo ed aposematico. Un ottimo indice diagnostico per l’identificazione è, oltre alla colorazione, la caratteristica forma a cuore della pupilla.

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Urodeli o Caudati

L’ordine degli Urodeli comprende le famigliari Salamandre, Tritoni Protei ed affini. I nomi tassonomici indicano la peculiare presenza della coda nello stadio adulto e rimanda virtualmente dal caratteristico corpo lacertiforme. Come gli Anuri, gli Urodeli sono distribuiti in gran parte del territorio mondiale eccezion fatta per le estreme latitudini settentrionali, l’Antartide, e le isole oceaniche. La loro presenza è però particolarmente forte nel Nord e Centro America, in Europa e in Asia. Numerose specie sono terricole mentre altre esclusivamente acquatiche, diffuse nelle acque dolci e meno in quelle salmastre.

Il corpo degli Urodeli è allungato, le dimensioni sono assai modeste, 10-20 cm, con l’eccezione della salamandra gigante, che misura oltre un metro, e si presenta con una testa grossa e larga, 4 arti subuguali, a eccezione dei Sirenidi che sono privi di quelli posteriori, e una lunga coda, conica nelle specie terrestri, o compressa lateralmente in quelle acquatiche.

Sebbene molte specie di Urodeli siano terricole, la locomozione di questi animali è un indice che rivela la loro relazione con l’acqua. Gli urodeli “nuotano” letteralmente sul suolo muovendo gli arti in diagonale accompagnandoli con l’ondulazione della coda e di tutto il corpo, così come farebbero su fondali poco profondi.

La strategia riproduttiva della maggior parte dei Caudati prevede fecondazione interna ed oviparità. Nel periodo riproduttivo si possono notare spermatofore di forme diverse lasciate dai maschi in prossimità di specchi d’acqua, su rocce o substrati umidi. Tali strutture saranno solo successivamente raccolte dalle femmine, con conseguente fecondazione interna. Diversamente in alcune specie, durante una breve copula, il maschio applica la spermatofora nella cloaca della femmina con secrezioni adesive.

Le uova delle specie acquatiche sono generalmente deposte a grappoli o ammassi filamentosi, mentre quelle delle specie terricole, sono deposte a terra, in piccole depressioni umide, e sorvegliate dalle femmine. Lo sviluppo in questo caso è diretto con ovvia soppressione dello stadio larvale.

Diametralmente opposto è lo sviluppo delle specie acquatiche: Tritoni, sirenidi e protei, ad esempio, alla schiusa presentano delicate larve acquatiche, carnivore, che portano ciuffetti di branchie esterne ai lati della testa.

Ampiamente documentato nell’ordine è, inoltre, il fenomeno della neotenia, portata ad esempio, da manuale, nelle sopra citate famiglie di Proteidi, Sirenidi ed Afiumi. Questi organismi conservano i caratteri larvali, branchie filamentose, corpo anguilliforme o con arti ridotti e code compresse, anche allo stadio adulto e sono tutti perlopiù acquatici, talvolta oftalmici e cavernicoli.

Nell’ecologia delle forme larvali e neoteniche si assesta la particolare posizione dell’Ambystoma tigrinum, o Salamandra tigrata, diffusa nel Nord America, la cui metamorfosi può essere indotta da cambiamenti ambientali. L’essiccamento delle piccole pozze d’acqua in cui vive, per esempio, induce l’animale a metamorfizzare in un adulto terricolo. Diversamente, questo Anfibio, condurrebbe il suo intero ciclo vitale da larva acquatica neotenica, come ampiamente documentato dalle colonie che abitano regioni con climi più stabili.

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Ambystoma mexicanum o Axoloti
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Ambystoma tigrinum metamorfizzata

Urodeli Endemici

Tritone crestato, Triturus cristatus

triturus_cristatusIl tritone crestato deve il tuo nome alla grande cresta dentellata dorsale che i maschi sviluppano nel periodo riproduttivo. La struttura è assente nelle femmine, che tuttavia sono sempre più grandi dei maschi, anche se l’animale di per sé presenta già una taglia moderatamente grande (20cm circa) In Italia è ampiamente distribuito su tutto il territorio, eccettuano le isole, e abita piccoli specchi d’acqua stagnanti naturali o artificiali.

Tritone punteggiato, Lissotriton vulgaris

Il tritone punteggiato, o tritone comune, vive negli ambienti di pianura dell’Europa centrale e orientale e dell’Asia centro-occidentale. È presente nel Nord Italia, ad eccezione di gran parte del Trentino e della Liguria; è diffusissimo al centro fino al Lazio, con popolazioni isolate in Campania, regione che costituisce il limite meridionale della sua diffusione.

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Questo piccolo Anfibio dalla pelle viscida, 10cm circa, vive in prevalenza nei corsi d’acqua caldi e stagnanti e ha un corpo lucertiforme con colorazione bruna macchiettata di nero, da qui l’aggettivo “punteggiato”.

Tritone Italiano, Lissotriton italicus

lissotritIl tritone Italiano è di aspetto esile, lungo non oltre 8 cm, con una testa piccola e squadrata ed una cresta ghiandolare su entrambi i lati della schiena. Ha una coda sottile, compressa, lunga circa quanto il resto del corpo. È una specie endemica dell’Italia centromeridionale il cui areale comprende Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria, con popolazioni diffuse dal livello del mare sino a 2000 m d’altitudine. A questo proposito, il Tritone Alpense, Triturus alpensis, vive solo oltre i 2000m d’altitudine. La specie, molto affine al tritone italiano, rappresenta una colonia relitto
dell’ultima era glaciale.

Salamandra pezzata, Salamandra salamandra

Salamandra-pezzataÈ annoverata tra la vertebrato fauna Italiana come specie ombrello, bioindicatrice del livello intermedio delle foreste, e depone le uova in acque correnti poco profonde assolutamente non inquinate. La specie è terricola ed è diffusa in tutta Italia, sull’Appennino ed in Abruzzo, in particolare nella zona del Sangro e Majella, con la sub specie Giglioli. La colorazione è caratteristica e disruptiva: nera con macchie gialle anche grandi.

Il tegumento è viscido e secerne tossici, anche letali per i piccoli mammiferi.

Salamandre dagli occhiali

015354_Salamandrina_occhialiLe salamandrine in Italia sono specie endemica. La S.terdigidata la si trova sugli Appennini a sud del fiume Volturno; a nord di esso è sostituita da un altro endemismo appenninico: Salamandrina perspicillata. La loro distribuzione è Appenninico-Tirrenica e in parte si sovrappone a quella della salamandra pezzata. Le salamandrine possiedono quattro dita per arto e colorazione aposematica: bruna sul dorso, con una macchia bianca sul capo, e rossa sul ventre.

Queste si flettono in caso di pericolo, esponendo verso l’alto coda e testa, causando un temporaneo effetto flash.

Geotritone Italiano, Speleomantes italicus

Si.jpg_20051122131331_SiI Geotritoni sono strettamente legati ad ambienti di tipo ipogeo (grotte e fessure) e sono animali notturni, evitanti, e diffusi in ambienti umidi. La specie è endemica dell’Appennino centro-settentrionale ed è terricola. Le uova sono deposte a terra nella fanghiglia o tra le rocce e il loro sviluppo è diretto. Questi urodeli sono privi di branchie o polmoni e affidano gli scambi gassosi alla respirazione bucco-faringea e cutanea. La colorazione è bruna e criptica e, in linea con l’ipogeofilia, le dita presentano cuscinetti adesivi.

Proteo, Proteus anguinus

proteo1Diffuso nei Balcani, ex Jugoslavia e in Italia nella solo ragione del Carso, il Proteo è l’unico Vertebrato europeo strettamente troglobio. La specie rappresenta un relitto Paleoendemita e presenta numerosi adattamenti alla vita da caverna. In primo luogo, i Protei sono neotelici e dunque presentano ciuffetti di branchie esterne ai lati della testa. Sono inoltre oftalmici e molto chiari e presentano attitudine alla tanatosi se avvicinati.

Il corpo è anguilliforme e gli arti si presentano piccolissimi, quasi vestigiali. Questi Anfibi sono chiaramente acquatici e nel periodo della riproduzione il maschio è solito nuotare sinuoso, in una sorta di danza, durante il momento del corteggiamento. La taglia è stimata intorno ai 25cm di lunghezza. La specie, a causa della limitata estensione e frammentazione del suo areale e del continuo declino della qualità del suo habitat per l’inquinamento delle falde acquifere, è considerata specie minacciata

Bibliografia

  • Hickman C.P. &all, “Diversità animale”, MacGraw-Hill, Milano
  • Pough F.H., “Zoologia dei Vertebrati”, Casa editrice ambrosiana, Milano
  • Whitfield P. &all, “Enciclopedia illustrata degli animali”, Vallardi Industrie grafiche, Milano

Articolo redatto da Antonia Pellizzone.

Corso di Zoologia dei Vertebrati
LISSANFIBI
Università degli studi dell’Aquila
CdL Scienze Biologiche
Antonia Pellizzonea.a. 2012/2013

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