Un laboratorio di ricerca è abitato da figure di diversa anzianità, note a chiunque abbia seguito un corso di laurea bioscientifico. I più junior sono gli studenti, che svolgono il tirocinio di tesi magistrale oppure hanno in corso un dottorato di ricerca. Sotto il nome collettivo di “ricercatori” ricadono, in ordine di anzianità crescente, i post-doc, gli assegnisti di ricerca e i veri e propri ricercatori strutturati. In cima a questa scala troviamo le figure più senior, cioè i professori e i ricercatori anziani. In qualità di Principal Investigator (PI), sono responsabili di reperire fondi per portare avanti intere linee di ricerca. Inoltre esistono figure specializzate che sono responsabili di molti dei aspetti tecnici della ricerca pur non conducendone in prima persona. Esempi ne sono il Tecnico di Laboratorio, esecutore di analisi che richiedono elevati gradi di specializzazione ed esperienza, e lo Stabularista, che si occupa degli animali coinvolti nella ricerca biomedica. Contigua ai ruoli di queste figure tecniche c’è anche quella di cui ci occuperemo oggi, cioè il Laboratory Manager.
Ci parla della sua esperienza Francesco Lavezzari, Laboratory Manager all’Università degli Studi di Milano.
In che ambito opera un Laboratory Manager
Nei laboratori serve un “punto di raccordo” tra tutte le persone che vi lavorano. In primo luogo perchè spesso il PI, solitamente troppo impegnato, non riesce a gestire in prima persona l’intero gruppo di ricerca. Inoltre è difficile, soprattutto nella Pubbliche Amministrazioni, che ciascun membro del team di ricerca riesca a gestire, da solo, gli ordini di reagenti e materiali di consumo che gli servono. Spesso ci sono limiti di grandezza da raggiungere negli ordini ed è necessario comparare i prezzi proposti dai vari venditori che frequentano i laboratori. Demandare gli ordini a ciascun operatore di ricerca, inoltre, significa distoglierli dalle loro attività principali.
È meglio avere una figura che aiuti i gruppi di ricerca nella gestione di queste risorse, che siano “disposable” (materiali di consumo come puntali, guanti, reagenti…), linee cellulari, animali o altra strumentazione. Avere un unico responsabile che raccoglie le richieste di tutte le parti e le elabora in una sola volta consente di gestire meglio anche l’immagazzinamento e la conservazione del materiale, specie se di tipo biologico, o il mantenimento degli organismi modello.
Non da ultimo, è necessario qualcuno che gestisca gli spazi ristretti del laboratorio per permettere a tutte le persone che lo frequentano di lavorare fianco a fianco, senza intralci. Il punto di raccordo tra tutte queste esigenze è proprio la figura del Laboratory Manager.
Cosa fa una Laboratory Manager
Per un Laboratory Manager non esistono giornate tipo, ma può capitare che durante la settimana si instauri una routine, variabile a seconda del laboratorio dove lavora. Francesco, ad esempio, comincia la settimana occupandosi delle linee di Drosophila utilizzate nel suo laboratorio, nonché preparando il terreno nutritizio per le colonie da mantenere. Ogni settimana, inoltre, dedica del tempo a gestire gli ordini di reagenti o disposable per rimpinguare il magazzino. Questa attività può essere coadiuvata da un programma di inventario online nel quale i membri dello staff di ricerca inseriscono le loro richieste.
Sarà cura del Laboratory Manager ordinare il maggior numero di prodotti da uno stesso fornitore e farsi produrre da ciascun venditore un’offerta da comparare alle altre per aggiudicarsi il prezzo migliore. Sempre il Laboratory Manager seguirà poi il complesso e lungo iter burocratico della richiesta di acquisto, che comporta numerosi scambi con il ramo amministrativo dell’università. In sinergia con l’amministrazione universitaria, inoltre, il Laboratory Manager si occupa anche della contabilità generale dei fondi di ricerca vinti dal PI.
Dimostrando la multidisciplinarietà della propria figura, Francesco è anche coinvolto nella ricerca. Esegue, infatti, alcune tecniche di biologia molecolare come clonaggi di geni tramite plasmidi per conto dei ricercatori.
La gestione del personale del laboratorio significa, per un Laboratory Manager, insegnare le medesime tecniche alle figure junior come i tesisti, tenere le relazioni con le persone esterne al laboratorio e organizzare meeting interni. Francesco ne organizza di settimanali, nei quali ciascun membro del team di ricerca espone agli altri il proprio lavoro.
Talvolta i Laboratory Manager gestiscono anche la strumentazione di laboratorio, in particolare quella più ingombrante e costosa che conviene condividere con altri gruppi. Nel caso di Francesco, però, l’università mette a disposizione le piattaforme tecnologiche a tutti i ricercatori del dipartimento.
Chi può fare il Laboratory Manager
Dato che il lavoro del Laboratory Manager è strettamente legato alla ricerca scientifica, chi aspira alla posizione deve avere un background specifico dell’ambito in cui andrà a lavorare. Questo consentirà di poter espletare le funzioni di problem solving sia teorico, sia pratico, richieste alla figura. La conoscenza del processo specifico dei diversi esperimenti, però, può essere un requisito non essenziale – le competenze tecniche possono sempre essere apprese sul lavoro – rispetto a buone e comprovate doti organizzative.
Cosa aspettarsi
La mansione del Laboratory Manager è molto dinamica: il problem solving è all’ordine del giorno e non si corre mai il rischio di annoiarsi. Il suo lavoro è inoltre legato al rapporto con le altre persone, richiedendogli di interfacciarsi con tutti i membri del team di ricerca per trovare dei punti in comune, di impartire insegnamenti a livello pratico alle nuove leve – cosa che Francesco garantisce essere molto piacevole e stimolante – e, al contempo, aiutare a mantenere la giusta struttura del gruppo, gerarchie incluse. Tutte questi delicati compiti “sociali” talvolta rischiano di far sentire un Laboratory Manager di essere un po’ “lo psicologo del gruppo”.
Una nota negativa viene dal piano contrattuale. A differenza che in altri Paesi, dove è una figura ufficialmente riconosciuta, in Italia formalmente i Laboratory Manager non esistono, mancando quindi di ruolo ufficiale e connesse tutele.
I Laboratory Manager “di fatto” vengono solitamente reclutati tramite assegni di ricerca rivolti a laureati. Per questo motivo, risultando formalmente ricercatori a inizio carriera. Questa situazione si riverbera anche sul rapporto tra Laboratory Manager e altre figure coinvolte nella ricerca, nel senso che tendono a percepirli e trattarli come manovalanza poco esperta.