Il gipeto (Gypaetus barbatus) è tra gli uccelli rapaci più riconoscibili e apprezzati dal pubblico, diffuso nelle zone rocciose d’Eurasia e Africa. Negli ultimi secoli, a causa delle persecuzioni umane, il suo areale è andato via via riducendosi, scomparendo in quasi tutta Europa. Grazie a mirate reintroduzioni e una forte sensibilizzazione, questo maestoso animale è tornato sulle Alpi, 70 anni dopo la sua scomparsa.
Un avvoltoio mangia-ossa
Il gipeto è un uccello di grosse dimensioni, con un peso che raggiunge i 7 kg e un’apertura alare di 2,8 metri, superata in Europa solo dall’avvoltoio monaco. Nonostante la taglia superiore ad un’aquila, questo animale non caccia attivamente, nutrendosi in quantità minima di carne. La sua dieta si basa quasi esclusivamente (dall’80% al 90%) di midollo osseo, estratto dalle ossa delle carcasse. Questa è una tra le alimentazioni più specializzate che un vertebrato abbia mai evoluto ed costituisce la chiave del successo di questo spazzino.

Si tratta di una specie monogama, che forma una coppia fedele per tutta la vita; può succedere a volte che un esemplare maschio non riproduttivo aiuti una coppia nella nidificazione e crescita dei pulli, formando un trio poliandrico. Come buona parte dei rapaci, i piccoli di gipeto mostrano uno spiccato cainismo: il giovane più grande e forte tende ad uccidere i fratelli più piccoli, riducendo così la competizione alimentare e aumentando le probabilità di sopravvivenza.
Per approfondire: Il gipeto, il rapace più grande d’Italia
Una persecuzione ingiusta
Credenze popolari spacciavano il gipeto come un vorace predatore di agnelli; proprio per questo motivo, la specie veniva deliberatamente uccisa tramite abbattimento o inserendo veleno nelle carcasse. Queste attività di persecuzione diventarono sempre più frequenti nel corso del 19° e 20° secolo, portando la specie ad un rapido declino in tutta Europa. Nelle regioni alpine era presente persino una taglia su ogni esemplare abbattuto.
Un’ulteriore causa del declino è da ricercarsi nella diminuzione di carcasse di ungulati, dovuta al cambiamento dei metodi di allevamento e per la caccia incontrollata sui selvatici.
La specie in Germania venne già estirpata nel 1855, mentre l’ultimo esemplare alpino venne abbattuto nel 1913. Nel momento di massima crisi il gipeto si ritrovò limitato ai Pirenei, Corsica e Creta, con un numero irrisorio di coppie. La specie in Europa sembrava ormai spacciata e destinata a scomparire.
La reintroduzione sulle Alpi
Dagli anni ’70 in poi, con il crescere dell’interesse nella conservazione, cominciarono i primi tentativi di reintroduzione del gipeto in Europa. Il primo di questi rilasci (purtroppo fallito) avvenne nel 1974, quando vennero liberati in Alta Savoia dei gipeti provenienti dall’Afghanistan.

Nel 1978 nasce l’odierno progetto LIFE per la reintroduzione del gipeto sulle Alpi. Il sistema di rilascio consiste nel cosiddetto hacking: i giovani di gipeto nati in cattività vengono traslocati 100 giorni dopo la schiusa nel sito alpino di rilascio, dove viene nutrito fino al momento dell’involo. La specie presenta un forte istinto di filopatria, ossia di occupare un territorio vicino a quello d’origine, permettendo così il consolidarsi di una popolazione stanziale.
Dopo l’involo, gli individui liberati vengono monitorati per studiarne i movimenti; per permettere l’identificazione dei singoli, gli esemplari sono inanellati o vengono decolorate alcune delle loro penne, metodi che non ostacolano in alcun modo la vita dell’animale.
Un lento ma continuo successo
Dal 1986 sono stati rilasciati in varie zone delle Alpi ben 223 gipeti; l’anno 2018 sancisce una pietra miliare per la popolazione alpina, poiché il numero totale di gipeti nati in natura (233) ha superato quello degli esemplari rilasciati.

La popolazione è stimata tra i 208 e 284 esemplari, con una crescita esponenziale delle nascite. Il successo di questo progetto è da ricercarsi nel ritorno degli ungulati alpini e dei grandi predatori, che permettono così un buon apporto di carcasse nell’ecosistema. C’è da dire però che il numero di individui è ancora molto ridotto con un rischio di incrocio tra consanguinei e mortalità involontaria ancora alto.
Da pochi anni è in corso un altro importante progetto di rilascio al di fuori delle Alpi, sul Massiccio Centrale francese; questa nuovo nucleo riproduttivo, che conta attualmente 3 coppie, fungerà in futuro da ponte per unire la popolazione delle Alpi con quella dei Pirenei (che conta circa 100 coppie), permettendo così un flusso genico e riducendo il rischio di inbreeding.
La strada è ancora lunga, ma i risultati sono promettenti; se questo progetto di conservazione continuerà in futuro, assieme ad un attenta sensibilizzazione popolare, il gipeto continuerà a vivere e prosperare in Europa, allargando il suo areale nelle catene montuose vicine.
Bibliografia
- La reintroduzione del gipeto, Alpi Marittime
- Wildlife Comeback in Europe: The Recovery of Selected Mammal and Bird Species (PDF)
- Info gipeto 2018, Alpi marittime
- Vulture conservation foundation
- 13th International Bearded Vulture Observation Days (PDF)
- International Bearded Vulture Monitoring