Una delle sensazioni più sballate che ci portiamo avanti da sempre come creature viventi è che in natura esista il Moto Assoluto, ossia che si possa rispondere al quesito: chi si sta veramente movendo? Se sto camminando verso il bar, intenzionato a gustarmi un buon caffè, chi è che si sta muovendo effettivamente? Oh, bella! Ma io naturalmente! Se sto pilotando la mia vettura da Roma verso Firenze, chi è che veramente sta procedendo? Certamente, io legatamente alla mia vettura! Se sto volando in aereo da Roma verso Milano, chi sta spostandosi concretamente?
Ma dai, io legatamente al mio aereo! Se sto sulla riva del lago ed osservo lo spostamento della barca a vela sulla sua superficie, è chiaro come il sole che in assoluto è la barca che si sta muovendo!
Il fatto è che l’uomo possiede sensazioni innate, impresse nel proprio sistema nervoso dall’evoluzione. E’ una comprensione profondamente intuitiva, quasi viscerale dei fenomeni: lo scrittore Heinlein l’ha chiamata ‘groccaggio’. Una di queste è ad es. la sensazione di avere sul pianeta terra il capo all’insù rispetto ai nostri condomini degli antipodi. Il fatto è che noi tendiamo a privilegiare la sensazione del riferimento umano, che per noi diventa la situazione reale.
Ordunque tra le sensazioni istintive suddette c’è, anche e soprattutto, quella del moto assoluto. Quando cammino verso il bar, sento di essere io l’artefice del fenomeno di moto e d’altra parte qualcuno mi dice: “ti posso garantire che quello che si sta muovendo sei tu”, per cui ho anche un riscontro esterno (bella forza quel qualcuno: egli fa parte del sistema collegato con la strada!).
Sulla base di quest’ultimo riscontro esterno mi costruisco una proiezione spontanea al di fuori di me stesso e da lì mi osservo muovermi, sì io, in assoluto. Analoga estrapolazione istintiva metto in atto quando ci si muove sulla macchina, sull’aereo: mi basta pensare che la responsabilità del movimento è riconducibile a tali mezzi. Quando poi osservo la barca a vela sul lago, avverto intuitivamente che c’è tutto il resto del mondo in comunione con me a constatare che è essa che si muove veramente…
Per venire a capo con ferrea volontà logica di questo problema, occorre fare un grande sforzo di riprogrammazione delle reti neurali del nostro cervello. Si rende necessario un cambio radicale del nostro paradigma cerebrale, lasciando la mente aperta alle astrazioni più contro intuitive.
Ed ecco il nuovo paradigma: quando me ne vado al bar, sto semplicemente provocando un moto relativo tra me e l’ambiente totale che mi circonda, comprese le stelle fisse, compreso l’universo. Non esiste nessun moto assoluto; esistono due moti relativi, uno di me rispetto al resto ed uno del resto rispetto a me stesso.
Se ci si riflette bene, tutto ciò è eccezionalmente sorprendente: io, con un mio atto di volontà, di decisionalità e con la conseguente mia spinta interna riesco a provocare un moto relativo, rispetto a me, di tutto il mondo con cui interagisco! Sotto certi aspetti, è una risultanza impressionante, che dà l’idea del connubio viscerale che la natura consente di stabilire tra le creature viventi e l’universo in cui sono immerse. In me, l’energia per smuovere l’intero universo! Un fatto grandioso che dà la misura della realtà delle cose… Certo, esiste anche il moto relativo, rispetto al mondo, di me, della mia vettura, del mio aereo: ma esso non ha alcuna valenza oggettiva, reale, assoluta!
Quando vediamo due corpi muoversi rispetto a Terra in direzioni diverse, noi siamo portati ad attribuire in toto l’essenza del movimento ad essi. Ciò avviene perché nel nostro cervello si sviluppa un’ idea spontanea, dovuta sostanzialmente all’esperienza di vita: sappiamo che i due corpi sono soggetti ad azioni reali, che il loro abbrivo è legato ad un atto di volontà, ad un arbitrio decisionale. Tutto ciò ci dà la sensazione solida ed incontrovertibile che il moto sia una caratteristica reale attribuibile solo ad essi.
Dal punto di vista della logica reale, invece, siamo sempre in presenza di un moto relativo, tanto che il fenomeno può avere ben tre gradi di interpretazione. Infatti, possiamo pensare ad un moto relativo che avviene, prendendo come sistema di riferimento uno dei due corpi o la Terra connessa a noi, da parte di ciascuno degli altri due elementi. La soluzione per la quale propende spontaneamente la nostra percezione è senz’altro la più semplice, ed è legata al fatto che noi ‘oggettivizziamo’ completamente il sistema di Terra, senza pensare che esso è legato semplicemente alla nostra visuale di osservazione.
La stessa faccenda si presenta quando pensiamo di elevarci a grande altezza rispetto al nostro pianeta Terra. Siamo portati a vederlo girare intorno al proprio asse, attribuendogli non già la responsabilità, ma addirittura l’intera proprietà del moto nella sua assolutezza. Anche in questo caso compiamo spontaneamente una fallace trasposizione valutativa, ossia non ci rendiamo conto che la nostra sfera di osservazione è intimamente collegata col resto del mondo e tale sistema mutualistico potrebbe tranquillamente essere esso a girare in tondo attorno alla terra!
Abbiamo parlato in precedenza di quanto possa influire nell’illusione del moto ‘assoluto’ la presenza dell’atto decisionale, dell’arbitrio di volontà. Ebbene, se io mi metto a fare girotondo, sento di essere esattamente io a muovermi, sono certo di farlo in assoluto. Ancora una volta non è così: la mia attività decisionale mi autorizza a dire soltanto che è mia la responsabilità del moto. Ma dalla mia sfera di osservazione, posso soltanto constatare che il mondo sta girandomi intorno! Un interlocutore potrebbe dirmi: “sei tu che stai girando!”. Ma sarebbe solo ciò che osserva lui, in analogia a quanto discusso per la rotazione della Terra.
Il fatto è che nella creatura umana si realizza uno dei meccanismi più meravigliosi di identificazione ed immedesimazione spaziale: la nostra realtà quotidiana è un continuo movimento di cose intorno, verso e da noi, ed il nostro cervello regola tale flusso, si districa in esso per renderci parte attiva degli eventi che ci circondano; ed allora siamo retti dalla ferma convinzione di muoverci noi, in assoluto, nel contesto ambientale che percepiamo: in realtà noi ‘regoliamo’ semplicemente il fluire di tale contesto ai nostri scopi, alle nostre necessità, alle nostre decisioni. Ovviamente, nel caso di un atto di volontà nostro, esso è sufficiente a garantire logicamente che nostra è la responsabilità del moto.
MOTO CANONICO
In verità il groccaggio del moto nasce da un fondamento non indifferente del processo fisico di interazione tra sistemi: servono molto alla modellizzazione della scienza alcuni particolari sistemi di riferimento teorici (centri di massa) che possono non ancorarsi ad elementi materiali concreti; quando due sistemi interagiscono è utile e comodo studiare il rispettivo moto riguardo a tali sistemi di riferimento speculativi.
Qualora uno dei due sistemi che interagiscono sovrasti notevolmente l’altro, il sistema di riferimento speculativo tende a coincidere con quello concreto del sistema preponderante: ecco perché, benché il mio moto verso il bar non sia assoluto, risulta essere tra i due relativi quello più utile e comodo ai fini del metodo scientifico. E’ quanto si può dire anche in relazione ai noti casi dell’interazione Sole-Terra e dell’interazione protone-elettrone.
Reputo doveroso aggiungere, a tal proposito, che tale visione delle cose ridimensiona notevolmente la millenaria disputa su chi si muova realmente tra Sole e Terra. Avevano ragione Aristotele e Tolomeo, o ce l’avevano Copernico e Galileo? E’ il Sole a muoversi intorno alla Terra, o la Terra a farlo intorno al Sole?
La scienza moderna pone tra i suoi capisaldi, come appena esposto, il concetto di relatività del moto. Sulla base di questo fondamento, posso dire che un oggetto si muove solo quando tale fenomeno avviene dal mio punto di vista, dal mio sistema di osservazione. Quindi avevano ragione Aristotele e Tolomeo? No, perché essi predicavano la loro tesi come verità assoluta, senza la cognizione della consistenza relativa dell’asserto.
In seguito, dunque, avranno torto sia Galileo che la Chiesa nel propugnare i propri punti di vista come teorie fisiche capaci di spiegare la realtà oggettiva, anziché come ipotesi matematiche utili ad operare calcoli sul movimento.
Come va letto oggi il fenomeno?
Così:
In natura non esiste il moto assoluto, ed il mio sistema Terra-Sole non fa eccezione. Il Sole si muove nel sistema di riferimento della Terra, girandogli intorno; la Terra si muove in quello del Sole, girandogli intorno; ma entrambi si muovono nel sistema di osservazione del loro centro di massa, girando intorno ad esso. Poi, uno sceglie il modello che gli fa più comodo, o meglio che si presenta più semplice. Come conviene nel caso dell’intero sistema solare, per il quale conviene avvalersi di un Sole al centro di osservazione e tutti i pianeti che gli girano intorno.
Vogliamo far notare una cosa circa il fatto che l’essere associati alla causa scatenante del moto relativo tra il nostro sistema ed un altro ci dà la fallace sensazione di muoverci in assoluto. A volte la causa scatenante è rinvenibile in un terzo sistema che non ha nulla a che vedere con quelli tra cui si stabilisce il moto relativo. E’ quanto avviene per il velista del lago che pensa di essere lui a muoversi in assoluto con la barca per il fatto che ha provocato tale movimento col proprio atto arbitrario di manovra sulla vela. In realtà, la causa scatenante è la spinta del vento, la quale si presenta come un ‘tertium non datur’ del moto relativo, che il velista ha solo innescato.
Supponiamo ora, per semplificare il ragionamento, di avere a che fare con un sistema binario, le cui due componenti siano inizialmente fisse rispetto a noi . Risulterà così fisso anche il loro CM (Centro di Massa).
Supponiamo poi che d’improvviso avvenga un’interazione tra le due componenti (che le faccia ruotare rispetto al loro CM o che le faccia divergere da esso).
Noi che osserviamo, da fuori e senza influire su tale sistema, vedremo il CM restare fisso, mentre le due componenti si saranno messe a ruotare entrambe rispetto ad esso oppure ad allontanarsene in verso opposto.
La conclusione di tutto ciò è che DALL’ESTERNO DI UN SISTEMA, INIZIALMENTE FISSO RISPETTO A NOI, POSSIAMO METTERCI SOLO NEI PANNI DEL SUO CM.
Se le due componenti erano già in moto rettilineo uniforme rispetto a noi, cosa valevole anche per il CM, vedremo il CM che continuerà a muoversi di moto rettilineo uniforme, mentre le due componenti le vedremo comporre il moto visto sopra a CM fermo con quello traslativo uniforme, dando luogo a due spiraline od a due rette a ventaglio a seconda dell’interazione.
Potremo tuttavia sempre eseguire l’operazione di ‘cavalcare’ l’ iniziale moto uniforme elidendone il vettore, e metterci ancora nei panni del CM.
Insomma, che dice oggi la Fisica moderna? Ecco:
Quando due sistemi interagiscono non esiste un MOTO ASSOLUTO di uno dei due rispetto all’altro, ma esistono due MOTI RELATIVI dell’uno rispetto all’altro e due MOTI CANONICI di ciascuno di essi rispetto al sistema di riferimento baricentrale (sistema CM).
E’ in quest’ ultimo sistema di osservazione che vale il PRINCIPIO BASILARE della meccanica classica e quindi la LEGGE DI AZIONE E REAZIONE ed ancora tutti i vari Principi di interazione della fisica (elettrica, magneto-elettrica, gravitazionale, magneto-gravitazionale, nucleare).
Quando uno dei due sistemi ha massa infinita o prevalente, il moto relativo dell’altro coincide col suo moto canonico rispetto al CM. In questo caso l’osservatore ha l’illusione del moto assoluto, sia che sia lui a pensare di muoversi, sia che sia lui a pensare di essere fermo.
E’ importante ricordare che, in generale, la presenza di forze apparenti nel mio sistema sta ad indicare che esso sta interagendo con un altro ed accelerando canonicamente rispetto al loro CM: posso avere evidenza esterna apparente di ciò o meno (nel caso della rotazione terrestre c’è la rotazione giornaliera della sfera celeste; nel caso della rivoluzione terrestre attorno al sole c’è la rotazione annuale del sole lungo l’eclittica nonché l’aberrazione prospettica della stella spia); sicuramente la presenza di situazioni apparenti va incastrata con quella delle probanti forze inerziali (nel caso della rotazione terrestre sono quelle di Foucault (pendolo) e di Coriolis (atmosfera), mentre nel caso della rivoluzione terrestre è quella centrifuga dovuta alla traiettoria curvilinea).
Allora la conclusione scientifica sulla tesi di Galileo è la seguente:
E’ vero che la terra ruota rispetto al cosmo e che gira intorno al sole, ma è altrettanto vero che il cosmo ruota rispetto alla terra e che il sole gira intorno ad essa.
Ciò che rende il moto relativo terrestre più utile sul piano pratico e più vicino alla nostra sensazione di moto assoluto è che tale moto relativo coincide col moto canonico di essa nelle sue interazioni rispettivamente col cosmo e col sole, in quanto sistemi a massa prevalente.
In parole più semplici, nei sistemi interattivi terra-cosmo e terra-sole, il moto relativo della terra coincide col moto canonico di essa (quello rispetto al CM), mentre i moti relativi del cosmo e del sole si presentano del tutto diversi dai rispettivi moti canonici (quelli riguardo ai rispettivi CM).
Non è allora che il moto della terra è quello più VERO, ma è soltanto quello più SCIENTIFICAMENTE SIGNIFICATIVO ed UTILE poiché, essendo coincidente col corrispondente moto canonico, si presta meglio ad essere percepito (fallacemente) come moto assoluto.
I discorsi appena fatti non sono virtuosismi dialettici, ma veri e propri aspetti concettuali di filosofia della scienza, di fronte ad un immobilismo della vera conoscenza che ormai da tempo sembra destinato a protrarsi nei secoli! E’ questa l’impressione che si riceve visionando su youtube il video di Piero Angela ‘Galilei Superquark’ (targato 2015), all’interno del quale, secondo le testuali parole di Angela, Galilei avrebbe scoperto “… che era la terra a girare intorno al Sole, e non viceversa …”.
A tale documento, su internet, se ne aggrega un altro (sempre targato 2015) tale ‘Piergiorgio Odifreddi. La Chiesa e la sentenza di condanna di Galilei’ , all’interno del quale si sente dire da un partecipante al dibattito: “… nella speranza che nessuno creda ancora che la terra sia immobile…”. Le asserzioni suddette presuppongono l’esistenza di un moto vero, assoluto. Ciò, come si è mostrato in precedenza, NON E’.