La sindrome dell’arto fantasma è la sensazione di persistenza di un arto che è stato amputato, o che ha perso la sensibilità. Si manifesta con percezioni tattili e dolorose e spesso coloro che ne soffrono affermano di sentire l’arto muoversi, anche se non è più presente. In passato era identificata come un disturbo psichiatrico; oggi invece, le spiegazioni sono di natura neurologica, ed è su questo che i ricercatori svedesi della Chalmers University of Technology hanno concentrato i loro sforzi.
Lo studio
Il team, guidato dal Dr. Max Ortiz Catalan ha dichiarato di poter ridurre, nei casi cronici, il dolore causato dall’arto fantasma di oltre il 50%, mediante l’utilizzo delle moderne tecniche di realtà aumentata e di apprendimento automatico.
Catalan è riuscito a creare un’interfaccia in grado di raccogliere ed interpretare i segnali neurologici inviati al cervello dall’arto fantasma, e di tradurli in movimenti. Quando vogliamo muovere un braccio o una gamba, infatti, il cervello invia dei segnali ai muscoli necessari, ma anche se l’estremità è stata amputata avviene questo scambio di informazioni. I ricercatori possono dunque posizionare degli elettrodi superficiali sul moncone dell’arto amputato, e registrare la richiesta, da parte del sistema nervoso, di attivazione del muscolo.
In altre parole, il computer riceve lo schema di attivazione, e lo traduce in un gesto, come aprire o chiudere una mano.
Ma non è tutto: Catalan ha anche avuto l’intuizione di collegare questo sistema con la realtà aumentata. Lui e il suo team hanno progettato un software che converte i segnali generati dall’intelligenza artificiale in un video, che può essere utilizzato mediante l’utilizzo di appositi visori. Il paziente quindi può osservare sullo schermo la rappresentazione di se stesso, con un arto virtuale che è in grado di muovere normalmente, come se non fosse stato amputato.
L’idea di fondo è quella che, ingannando il cervello e facendogli credere che il suo tentativo di muovere l’arto fantasma va a buon fine, il dolore diminuisce gradualmente. Questo trattamento cerca di infatti di riattivare le aree del cervello che un tempo gestivano i movimenti dell’arto amputato, facendo così diminuire il fastidio dovuto alla patologia.
Per ora la soluzione è applicabile solo a pazienti a cui è stato amputato un braccio, o una mano, ma Catalan spera di proseguire con gli studi e di inserire nel sistema di trattamento anche coloro a cui è stato amputato un arto inferiore. Inoltre, il team di ricercatori ha reso il codice del software open source, e mira a crearne una nuova versione più adatta alle cliniche, rendendo così più semplice l’operazione e il trattamento di questa patologia che affligge, inspiegabilmente, migliaia di persone.