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Ipazia d’Alessandria: la vera storia

La biografia della grande filosofa, matematica e astronoma alessandrina

Si dice che fosse talmente saggia e sapiente che i regnanti di diversi paesi del mondo la consultavano per prendere decisioni. Matematica, astronoma e filosofa di grande prestigio, Ipazia d’Alessandria nacque intorno all’anno 370 dell’era volgare e morì assassinata nel 415 da un gruppo di fanatici cristiani. Di lei non ci rimangono opere, ma alcune testimonianze e molte congetture[1-7]. Cosa c’è di certo e cosa, invece, è leggenda?

La nascita di Ipazia d’Alessandria

Nel quinto secolo, Alessandria era la capitale d’Egitto: popolosa e viva, tra i suoi edifici più iconici si annoveravano il Faro, una delle sette Meraviglie del mondo antico, e la centenaria biblioteca, che conservava migliaia di rotoli di pergamena di molte epoche diverse. La città era ricca di templi come il Serapeo e il Caesareum, eretto da Cleopatra VII in onore dell’amante Giulio Cesare e in seguirto dedicato al culto dell’imperatore. Sede anche di importanti istituzioni scientifiche come il Museion, Alessandria era un grande polo culturale e religioso: infatti, nonostante il governatore fosse il praefectus augustalis, un’autorità provinciale inviata dall’imperatore d’Oriente, il vescovo della città era una figura ricca e influente[1-4].

mappa dell'Impero Romano nel 400 avanti Cristo
L’Impero Romano intorno al 400 e.v. Immaghine rielaborata da mappa 1 e mappa 2 da Jolanda Serena Pisano per BioPills. https://www.heritage-history.com/ssl/cds/ancient_rome/maps/shepherd/shep042-043.jpg WorldHistory https://www.worldhistory.org/Western_Roman_Empire/

Teone d’Alessandria era uno dei più illustri maestri della capitale. Matematico e astronomo, tramandò diversi scritti, tra cui un metodo per estrarre le radici quadrate e due commentari per le opere “Elementi” di Euclide e “Almagesto” di Tolomeo. Quando nacque sua figlia, iniziò a trasmettere queste conoscenze anche a lei:῾Υπατία, un nome che “evocava un’idea di eminenza”. Sarebbe stata la sua erede, come prevedeva la diadoche, una sorta di tradizione iniziatica di avvicendamento dei maestri della filosofia neoplatonica[1, 5].

Probabilmente orfana di madre, sin da piccola la curiosa Ipazia crebbe nello studio del padre, apprendendo tutto ciò che sapeva. Dalla filosofia neoplatonica assorbì l’austerità, la schiettezza, la spiritualità, l’apertura al dialogo e la ricerca della verità. L’ideale di vita greca (hellenike diagoge) descritto dagli antichi come “il metodo più fertile e più efficace per coltivare la mente”[1, 6].

Il fascino di Ipazia

Più tardi, dopo aver approfondito le sue conoscenze anche ad Atene e in Italia[4], Ipazia divenne così capace che, ancora ragazza, le offrirono la cattedra di una delle più importanti scuole di Alessandria. Maturò in una donna distinta, tollerante, persuasiva, appassionata: abile ed equilibrata nella parola, ma anche decisa nelle azioni.

Si narra che nelle conoscenze scientifiche, filosofiche e politiche avesse superato il padre; Socrate Scolastico, storico suo contemporaneo, scrisse che: “Era arrivata a un tale vertice di sapienza da superare di gran lunga tutti i filosofi della sua cerchia“. Non a caso i potenti dell’epoca spesso la consultavano per prendere decisioni e le chiedevano di fare da intermediaria negli scontri politici. Nonostante fosse pagana, era stimata anche da alcuni cristiani, come il vescovo e suo allievo Sinesio di Cirene, ed era ammirata anche da molti di coloro che la ritenevano inferiore in quanto donna[1, 4, 7].

Attrice nelle vesti di Ipazia d'Alessandria
Attrice anonima che interpretò Ipazia d’Alessandria nel 1900. Immagine di dominio pubblico.

Tutte le fonti la descrivono come molto bella, anche se non conosciamo dettagli sul suo aspetto. I suoi studenti, che talvolta avevano anche un’età superiore alla sua,  spesso s’innamoravano e la corteggiavano. Lei li respingeva duramente, ricordando loro che il desiderio fisico è legato al corpo e alla nostra spinta a perpetrare la specie: un impulso da sublimare, trasformandolo in amore del sapere[1]. Non a caso si dice che Ipazia, che non convolò mai a nozze, si descrivesse come “sposata alla verità”[7].

Alcune fonti riportano che dopo aver respinto uno studente avesse mostrato alla classe un panno sporco di sangue mestruale: l’emblema della corporeità. Si tratta probabilmente di un’estremizzazione, ma è certo che Ipazia fosse provocatoria. D’altronde, spesso era l’unica donna presente a riunioni di soli uomini, talvolta anche molto potenti: situazioni che non la intimidivano[1].

L’opera di Ipazia

Filosofia, scienza e religione erano campi dai confini labili, che si contaminavano a vicenda. L’astronomia e la matematica rappresentavano un linguaggio universale, su cui si fondava una spiritualità tramandata da secoli e diffusa fino all’India: la Tradizione, che vedeva figure divine e semidivine nei disegni degli astri e dei numeri. Così, i neoplatonici non erano solo filosofi e scienziati, ma anche occultisti, che ai propri studenti tramandavano principi mistici[1].

Ipazia era una maestra di alto rango che guidava la corrente neoplatonica più importante dell’epoca. Ne tramandava le conoscenze agli aristocratici, sia in lezioni private (idia) per pochi eletti, presso la propria casa, sia in lezioni pubbliche (demosia). Queste non si svolgevano nelle piazze, ma in luoghi come il Museion e il Serapeo, il tempio sorretto da più di cento colonne dedicato a Serapide, la divinità che dominava l’aldilà, l’Ade, e incarnava il potere dei monarchi. Questo dio, venerato da pellegrini che giungevano anche dall’Oriente, era rappresentato da una statua alta e possente, di una lega metallica bluastra e ricoperta da un mantello adornato da pietre preziose[1, 2].

astrolabio piatto
Un astrolabio piatto, simile a quelli che realizzò Ipazia d’Alessandria. Foto di Ángel M. Felicísimo, condivisa secondo la licenza CC BY-SA 4.0.

Delle opere di Ipazia d’Alessandria non ci rimane nulla. Non è noto se abbia scritto testi originali, o se abbia precorso i tempi con le sue osservazioni celesti. Sappiamo, però, che la scienziata realizzò commenti e rivisitazioni di opere di algebra, geometria e astronomia di autori classici, come Diofanto, Apollonio di Perga e Tolomeo. Ad esempio, indagò diversi tipi di equazioni (indeterminate e quadratiche), le sezioni coniche e le figure geometriche che ne derivano (cerchio, ellissi, parabola, iperbole) e i moti dei corpi celesti[1, 2, 4].

Per approfondire i suoi studi, Ipazia si dedicò anche alla meccanica. Inventò e fece realizzare ai suoi studenti almeno tre strumenti: un idroscopio (per misurare la densità dei liquidi), un aerometro (che misurava la densità di alcuni gas) e un astrolabio piatto. Quest’ultimo strumento, che consentiva di localizzare gli oggetti celesti, era formato da due dischi metallici forati che potevano ruotare l’uno sull’altro grazie a un perno rimovibile[1, 4].

Le tensioni religiose e politiche

Nel quinto secolo, nelle terre greche e romane convivevano molti credi religiosi differenti, con forti attriti ideologici e politici. In particolare, i cristiani erano in aperta critica con le altre correnti religiose del mondo antico. Disapprovavano i pagani e, in parte minore, le loro filosofie. Si scontravano con gli ebrei, che ritenevano “deicidi” e che ricambiavano l’ostilità descrivendo il cristianesimo come devianza dell’ebraismo. La corrente principale della cristianità antica (il futuro cattolicesimo) disprezzava le eresie sorte in seguito ai primi Concili ecumenici, ovvero quei gruppi di cristiani, poi organizzatisi in proprie Chiese, che interpretavano la Bibbia diversamente da loro, ad esempio sostenendo che il dio cristiano non fosse una trinità (correnti come il nestorianesimo, l’arianesimo e il monofisismo)[1, 3].

Il 27 febbraio del 380, il nuovo imperatore d’Oriente Teodosio I, insieme agli imperatori di Occidente Graziano e Valentiniano II, emise l’Editto di Tessalonica, anche detto “editto di intolleranza”. Questo imponeva il cristianesimo cattolico come unica religione ufficiale dell’Impero Romano e vietava altri culti, quali l’arianesimo e il paganesimo; inoltre, fortificò il potere dei vescovi[1, 3, 8]. In questo clima di tensione gli scontri per la supremazia politica e religiosa degeneravano spesso in disordini violenti per le strade e fu proprio in questo periodo che i cristiani cercarono e ottennero gesti di elevato valore simbolico come la conversione del Caesareum in chiesa cristiana.

L’Editto di Tessalonica

«Gli imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio Augusti. Editto al popolo della città di Costantinopoli.

Vogliamo che tutti i popoli che ci degnamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all’insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di Chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste.

Dato in Tessalonica nel terzo giorno dalle calende di marzo, nel consolato quinto di Graziano Augusto e primo di Teodosio Augusto»[8]

I primi scontri

Sulla base dell’editto, il vescovo di Alessandria, Teofilo, spinse i cristiani egiziani a manifestazioni violente. Dalla sua parte erano schierati, infatti, i monaci di Wadi-el-Natrun, eredi di eremiti cristiani che, secondo le fonti, avevano sviluppato uno spirito brutale e un odio verso la società. Sulla spinta di Teofilo, questi estremisti incendiarono diversi santuari pagani ed ebraici[1, 3].

Nel 391, i fanatici religiosi arsero anche il Serapeo, la sua biblioteca e parte della grande biblioteca di Alessandria. Si narra che ebbero un trattamento particolare per la statua di Serapide: la decapitarono, poi diedero fuoco ai frammenti del corpo e trascinarono la testa in giro per la città per umiliare i pagani, che avevano adorato quella figura. Nello stesso anno, Teodosio rese il Cristianesimo religione di stato e nel 392 emanò una legge che in Egitto vietava il sacrificio agli dei pagani, pena la morte[1, 3].

Ipazia e Cirillo

Nel 412, a Teofilo succedette Cirillo, ancora più estremo nelle sue posizioni. La maggior parte dei cristiani, infatti, non condivideva le sue decisioni, come quella di sostituire a Iside la figura di due martiri cristiani nella città di Menuthis. Il nuovo vescovo fece del Caesareum il proprio quartier generale; poi, nel 414, portò alcuni recenti scontri sanguinosi tra ebrei e cristiani al culmine. Reclutò i monaci di Wadi-el-Natrun nel corpo dei parabalani, chierici dedicati all’assistenza e alla sepoltura dei malati che costituivano la sua milizia privata, e li scatenò contro gli ebrei. Derubati di tutto, furono cacciati da Alessandria[1, 7].

Il prefetto augustale di Alessandria, Oreste, condannò il gesto: inviò una protesta ufficiale a Costantinopoli. A causa di questa reazione, tra Oreste e Cirillo si accese una guerra. Il prefetto, nel corso di un viaggio in carrozza, subì un assalto in cui venne colpito da una pietra; Cirillo elogiò pubblicamente questo gesto, rendendo impossibile ogni tentativo di riconciliazione[1].

Ma Oreste era malvisto anche da molte altre figure cattoliche, perché, nonostante fosse cristiano, gestiva il proprio potere in modo laico. E in questo quadro s’inseriva anche Ipazia, perché era in buoni rapporti con lui. Come scrive Socrate Scolastico: “Il fatto che Ipazia si incontrasse spesso con Oreste fece nascere nel popolo della Chiesa il sospetto che in realtà fosse proprio Ipazia a non lasciare che Oreste si riconciliasse con il loro vescovo”. Alcuni cristiani pensarono che fosse una strega e che avesse indotto il prefetto augustale e molti altri a perdere la fede[1, 2].

Come racconta Suida, il culmine si ebbe quando Cirillo passò di fronte a casa di Ipazia e vide che era molto frequentata da coloro che la consultavano e apprendevano da lei. L’episodio avrebbe portato il vescovo alla decisione fatale: “Cirillo si sentì mordere l’anima: fu per questo motivo che organizzò ben presto l’assassinio di lei, la più empia di tutte le uccisioni”[1, 7].

La morte di Ipazia d’Alessandria

Nel 415 e.v., Ipazia stava tornando a casa in carrozza, quando una folla di cristiani la afferrò, la trascinò sulla strada e la denudò. In gruppo, la trascinarono nel Caesareum, dove la smembrarono con l’aiuto di cocci e le cavarono gli occhi mentre era ancora viva. Poi sparsero i suoi resti per la città e diedero loro fuoco[1-3, 6].

L’atto, probabilmente commissionato da Cirillo per ideologia o fame di potere, fu condannato da molti. Ma non dall’imperatrice di fatto, l’estremista Pulcheria, che reggeva il trono dell’imperatore bambino Teodosio II. Né da altri politici, che erano stati corrotti. Così, l’inchiesta fu insabbiata e il crimine restò impunito[1, 3]. Oreste fu spinto ad accontentarsi di alcuni provvedimenti relativi ai parabalani: ridotti in numero, fu vietato il loro ingresso nelle città e il loro controllo divenne subordinato ai prefetti augustali[1].

ipazia incisione 1701
Ipazia viene tirata fuori dalla sua carrozza dai cristiani (Hypatia door eenige booswichte van een wagen gerukt, en na de kerk gesleept), Jan Luyken, incisione del 1701. Immagine di dominio pubblico.

L’eredità di Ipazia d’Alessandria

Ipazia era l’ultima erede della Scuola di Alessandria, ma la sua morte non segnò la fine del Neoplatonismo. La paideia, ovvero l’educazione ellenica che la filosofa tramandava, sopravvisse fino al Rinascimento e contaminò il culto cristiano e le filosofie a venire[1].

L’assassinio di Ipazia, che probabilmente rappresentò un danno collaterale del tentativo di distruzione del potere statale da parte dei capi cristiani più avidi, ha molto colpito gli intellettuali dei secoli a venire, facendo di lei la scienziata più famosa dell’antichità e una delle poche a essere citata in quasi tutte le opere che parlano di storia della scienza[1, 4].

cratere dedicato a Ipazia d'Alessandria
A partire dall’Ottocento, a Ipazia d’Alessandria sono state dedicate anche entità celesti, come il cratere lunare Ipazia[1]. Immagine di dominio pubblico.
Storici, scrittori, filosofi e altre decine di figure che hanno parlato di Ipazia d’Alessandria nei secoli l’hanno descritta in molti modi diversi, in base alla propria epoca. Alcuni l’hanno dipinta come una socialista, altri come una protofemminista, altri ancora persino come una santa cristiana (secondo alcuni, Santa Caterina d’Alessandria sarebbe un falso storico ispirato alla sua storia). È stata, insomma, spesso presa a esempio per rappresentare tesi o ideologie[1]. Ma ciò che Ipazia ha più spesso simboleggiato è lo scontro tra l’intellettuale moderato contro la massa fanatica; la conoscenza che si perde per sempre quando prevalgono l’estremismo e il populismo[1, 2].

Ipazia nell’arte

dipinto che ritrae Ipazia d'Alessandria nuda in una chiesa, che tiene i lunghi capelli a coprirle parte del corpo
“Ipazia”, Charles William Mitchell, 1885. Immagine di dominio pubblico.

A causa del suo intelletto e della sua tragica fine, Ipazia d’Alessandria, “martire eroica”, ha ispirato molti scritti: libri, poesie e opere teatrali. È stata rappresentata in diversi dipinti, che potrebbero includere anche il celebre affresco “La scuola di Atene” di Raffaello Sanzio. Infatti, il viso che le si attribuisce appartiene probabilmente a un amico del pittore, Francesco Maria della Rovere[1, 7].

La scienziata compare anche in alcuni fumetti, come una storia di “Corto Maltese” e “Monument Valley” di Zagor, ed è celebrata nel brano musicale “Anno 410” di Salvatore Sciarrino[7]. Ed è celebre il film liberamente ispirato alla storia di Ipazia girato nel 2009, “Agorà” di Alejandro Amenábar. Segni che, forse, Ipazia d’Alessandria non morirà mai davvero.

Leggi anche: Marie Curie: biografia, Nobel e curiosità

Referenze

  1. Silvia Ronchey, 2011. Ipazia: la vera storia. BUR saggi. ASIN: B0067BGQKE.
  2. Treccani, 2013. Ipazia d’Alessandria. Treccani.
  3. National Geographic Historia, 2016. Hipatia, la científica de Alejandría.
  4. Sara Sesti e Liliana Moro, 2018. Scienziate nel tempo – Più di 100 biografie. Ledizioni, ISBN 9788867057733.
  5. Treccani, Teone di Alessandria.
  6. Il Post, 2017. L’assassinio di Ipazia, 1600 anni fa.
  7. Sylvie Coyaud, Ipazia. Enciclopedia delle donne.
  8. Michele Strazza, 2015. L’editto di Tessalonica del 380 d.C. Tuttostoria.
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