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Anatomia di uno strumento di citizen science – Intervista a Enrico Caprio di Ornitho.it

Con la COP26 appena terminata e i sempre più frequenti disastri naturali, le questioni ambientali animano il dibattito politico e le piazze di tutto il mondo. La biodiversità e la sua conservazione restano uno dei punti focali che gli scienziati inseriscono nei loro piani di ricerca.

Capire gli effetti che l’uomo sta causando su piante e animali risulta fondamentale per cercare di contenere e limitare i danni. Per fare ciò oltre che la ricerca su campo e in laboratorio esistono numerosi strumenti che permettono di archiviare e monitorare numerosi bioindicatori.

Tra questi c’è la piattaforma online Ornitho.it della quale ci parla uno dei fondatori, il dott. Enrico Caprio, ricercatore presso l’Università di Torino nel Dipartimento di Scienze della vita e di biologia dei sistemi.

È un ecologo che si occupa dell’impatto delle attività antropiche su una serie di indicatori biologici, tra i quali il principale sono gli uccelli. Parallelamente svolge anche attività di volontariato presso un’associazione regionale che si chiama “Gruppo Piemontese Studi Ornitologici F.A. Bonelli ONLUS” (GPSO) di cui al momento è presidente.

Ringrazio il Dottor Enrico Caprio per aver accettato l’intervista. Come è nato il progetto Ornitho.it?

Nell’ambito delle attività che portiamo avanti presso il GPSO siamo stati coinvolti in questo progetto che è quello appunto del portale Ornihto.it.

Con l’avvento delle nuove tecnologie comunque già dal 2005-2006 era possibile cercare di creare una infrastruttura informatica per archiviare le osservazioni ornitologiche che potevano essere trasmesse da appassionati o anche da professionisti. Ci eravamo mossi in maniera indipendente in Piemonte creando un portale regionale che si chiama Aves.Piemonte e praticamente nello stesso momento abbiamo lanciato anche Ornitho.it che ha cominciato il progetto Atlante degli uccelli nidificanti in Italia.

L’idea era nata per dotare anche il nostro Paese di uno strumento di archiviazione dei dati on-line in modo che potessero poi essere utilizzati e anche condivisi per un progetto comune. Se noi andiamo sulla pagina di Ornitho si possono vedere mappe che sintetizzano alcuni eventi: per cui possiamo iniziare a vedere magari in primavera le prime rondini che arrivano e possiamo seguire le migrazioni di varie specie di uccelli. Oltre l’atlante italiano è stata pubblicata la raccolta dati avvenuta in quegli anni con l’atlante europeo. L’Italia ha contribuito anche tramite Ornitho inviando le proprie osservazioni.

Come si colloca la piattaforma, a livello internazionale?

La piattaforma è stata sviluppata da un dottorando che poi ne ha fatto un mestiere fondando un’azienda che gestisce i portali Ornitho europei. La troviamo infatti anche in Austria, Germania, Lussemburgo, Svizzera, Francia, Croazia, Polonia e le regioni catalana e basca della Spagna. Forse mi sono perso qualche stato ma comunque ha una diffusione abbastanza ampia a livello europeo.

Radunando paesi molto popolosi tutti hanno collaborato all’atlante degli uccelli nidificanti redatto dal EBCC, European Birds Census Council, un organismo non governativo che coordina i censimenti a livello europeo, anche con contributo italiano.

Rispetto agli altri paesi in Italia facciamo un po’ più difficoltà a recuperare le risorse necessarie. Basta considerare che il nostro bilancio è di poche migliaia di euro l’anno, mentre l’analogo svizzero ne ha uno di diversi milioni. Quindi sicuramente è un caso a sé però gli altri paesi direttamente dalla piattaforma o indirettamente godono di maggiori finanziamenti rispetto ai nostri che sono quasi a zero.

Come si è avvicinato allo studio delle scienze naturali e come è finito a lavorare proprio con gli uccelli?

Sono sempre stato appassionato fin da bambino di tutto ciò che mi circondava in natura. Gli uccelli sono uno dei gruppi animali che possiamo trovare un po’ dappertutto, dai parchi cittadini ai luoghi meno urbanizzati. Hanno sempre attirato la mia attenzione, tanto che da bambino giravo col binocolo al collo per osservarne il più possibile. Poi sono stato fortunato in quanto la mia passione è diventata anche il mio lavoro.

Passione a parte, gli uccelli sono degli ottimi bioindicatori perché sono abbastanza facili da studiare. Attraverso il canto e tecniche standardizzate, infatti, è facile capire quali specie sono in un determinato luogo. In generale, inoltre, rispondono molto bene ai cambiamenti ambientali. Se per esempio un bosco viene diradato possiamo osservare come numerose specie di uccelli non avranno più un luogo cui nidificare.

Io ho studiato le ripercussioni delle attività umane sugli uccelli in ambito alpino, valutando per esempio l’impatto delle piste da sci, ma anche in ambito agricolo per l’utilizzo di pesticidi. Oltre alle applicazioni pratiche, lo studio degli uccelli ci può dire molto su come salvaguardarli. Ci sono da studiare i luoghi in cui vanno a mangiare, i percorsi di migrazione dall’Italia fino all’Africa e le strategie, diciamo, di sosta delle varie specie che ci possono aiutare scegliere con cognizione di causa come tutelare ciascuna specie a rischio.

Gestire una banca dati come Ornitho richiede molta organizzazione, immagino. Ricevete aiuti o finanziamenti esterni?

Sottolineiamo bene questo aspetto. Dicevo come a livello regionale abbiamo una piattaforma a sé stante. I costi di Ornitho, invece, sono coperti dalle associazioni che aderiscono al progetto e operano su scala nazionale o regionale. Prima di tutto c’è il Centro Italiano Studi Ornitologici, che è il punto di riferimento per tutte le altre. Poi troviamo la Lega Italiana Protezione Uccelli e la EBN Italia. Quest’ultima ha creato un movimento di birdwatcher, gli appassionati di osservazioni ornitologiche che vanno in giro a cercare specie d’interesse. Oltre queste tre associazioni nazionali ce ne sono altre che aderiscono a livello regionale tra cui il GPSO di cui faccio parte, ma anche tante altre che sia a livello regionale che locale contribuiscono alla raccolta fondi per pagare le spese della piattaforma.

Questa è la nostra principale fonte di autofinanziamento. Non riceviamo finanziamenti pubblici, fatta eccezione di alcuni accordi con alcuni musei come il MUSE di Trento che a suo tempo versava una quota annuale. Abbiamo anche una convenzione con la regione Friuli Venezia-Giulia, che utilizza la nostra infrastruttura informatica per archiviare i propri dati. Questo le permette di adempire correttamente agli obblighi europei derivanti dalla Direttiva Habitat e dalla Direttiva Uccelli, che richiedono agli enti pubblici di dimostrare che le specie minacciate siano gestite correttamente e che siano in un buono stato di salute.

Pensa che questa difficoltà nel trovare finanziamenti sia dovuta a un disinteresse generale per le questioni ambientali o per la specifica materia trattata?

Diciamo che non c’è un grande interesse a supportare la piattaforma. Abbiamo provato a contattare ad esempio il Ministero dell’Ambiente, ma non siamo riusciti a ottenere supporto finanziario. Al momento gestire la piattaforma significa archiviare e poi rendicontare milioni e milioni di dati. Ad oggi il costo del portale è di 7-8000 euro all’anno ma i costi arriveranno quasi a raddoppiare nel giro di tre o quattro anni. Però al momento non siamo riusciti a farne capire l’importanza o comunque non abbiamo trovato gli interlocutori corretti.

Forse non si è capito appieno la potenzialità del portale e la quantità e la qualità di informazioni che in molti casi potrebbero essere a disposizione proprio per fini istituzionali. Sappiamo che ci sono molte persone che per lavoro raccolgono dati per amministrazioni. Per cui quello che noi vogliamo come portale non è assolutamente scavalcare i professionisti e quelli che possono effettivamente guadagnare con queste attività ma rendere tutto molto più semplice e agevole permettendo all’utenza di archiviare facilmente i dati e di consultarli in modo immediato.

Alcune regioni hanno fatto delle altre scelte, magari di tipo politico. Come il Piemonte, dove risiedo, che ha un suo portale in autonomia ma che ha un accordo di scambio di dati con Ornitho. Altre regioni non si sono dotate di propri database e, magari, si stanno orientando sull’utilizzo dell’infrastruttura Ornitho.it. Sicuramente l’attenzione all’ambiente è migliorata a livello nazionale ma molto spesso non rientra tra le priorità. Questo nonostante il periodo così critico che ci ha mostrato come ci si debba dar da fare per ridurre la pressione sul clima.

Come funziona il sistema di segnalazione e come vengono processati i dati?

La piattaforma è aperta: tutti e tutte si possono iscrivere e inserire i propri dati. Al momento abbiamo come osservatori iscritti totali circa 7500 persone che hanno aderito alla piattaforma, di cui circa 2500 sono attivi e, tra questi, ci sono sicuramente persone già magari un po’ più formate dal punto di vista ornitologico e appassionati nel lungo periodo, ma ci possono essere anche dei cittadini alle prime armi.

Ad oggi abbiamo archiviato un totale di quasi 20 milioni di osservazioni che sono molto importanti dal punto di vista numerico, ma se la qualità del dato non è elevata non vale nulla. Quindi quello che fanno tutti i portali che raccolgono osservazioni è una sorta di validazione. Se per esempio segnalo un pettirosso nel mio giardino non salta particolarmente all’occhio perché è un’osservazione estremamente plausibile. Se invece viene segnalata una specie molto rara, che magari non dovrebbe nemmeno essere presente in Italia, allora quella segnalazione viene controllata. Contattiamo chi ha effettuato l’osservazione e gli chiediamo delucidazioni, o anche di caricare gli allegati video, foto o audio.

Se la specie è sbagliata i nostri volontari della validazione contattano l’utente e gli offriamo un po’ di formazione. Il nostro approccio è, quindi, di indirizzare sulla strada corretta chi più sbaglia per permettergli di non commettere più gli stessi errori. Con progetti locali ci sono stati nuovi utenti rispetto al normale utilizzo della piattaforma.

Onitho.it viene utilizzato solo per studi scientifici o anche in altri contesti?

Se si inseriscono un minimo di 30 dati al mese si sbloccano nuove funzionalità di ricerca e si possono utilizzare i dati per creare e visualizzare mappe. I dati, in licenza Creative Commons, sono utilizzabili liberamente, tranne che negli studi che hanno, tra gli scopi, il guadagno personale. Per offrire un servizio a livello educativo abbiamo messo a disposizione la sezione news, nella quale pubblichiamo aggiornamenti e notizie che possono interessare anche studenti e studentesse o chi vuole avvicinarsi al mondo dell’ornitologia.

Dal 2014, inoltre, la piattaforma ha aperto una sezione per caricare dati anche sui rettili e anfibi – in collaborazione con la Società Erpetologica Italiana – libellule – sempre in collaborazione con un’associazione che si chiama Odonata.it – e poi mammiferi terrestri, marini e pipistrelli con l’Associazione Teriologica Italiana.

Dopo 5 anni, come in altri Paesi, abbiamo aperto la possibilità di inserire anche questo tipo di osservazioni perché alla fine gli ornitologi e i birdwatchers si concentrano sugli uccelli, ma non possono certo evitare di imbattersi nel resto della fauna. Così facendo, gli permettiamo di inserire i dati relativi a queste altre osservazioni, che sono poi utilizzati dalle associazioni interessate per i propri scopi di ricerca e legati alla Direttiva Habitat.

Ci sono oggi progetti trasversali tra le varie associazioni per unire i dati e trarne una sorta di conclusione comune?

Oltre all’Atlante degli uccelli nidificanti in Italia di imminente pubblicazione e a quello degli uccelli svernanti che dobbiamo realizzare non ci sono altri progetti. Però sicuramente costituisce un potenziale molto importante perché potremmo considerare molti più fattori allo stesso tempo. Ad esempio, un problema all’ordine del giorno è quello della crisi climatica. Per rafforzare le nostre conclusioni sui suoi effetti, potremmo studiare congiuntamente le specie di lepidotteri che sempre più spesso compaiono più a Nord di quanto ci si aspetta e lo spostamento dell’areale di alcune specie di uccelli. Al momento questa visione d’insieme non è ancora stata discussa.

Ha qualche consiglio per appassionati che vogliono avvicinarsi al mondo dell’osservazione o dell’ornitologia?

Chi è completamente a digiuno, per cominciare può seguire uno dei numerosi corsi online di introduzione al birdwatching, nati soprattutto durante i lockdown dovuti alla pandemia. Poi ci si può avvicinare alle associazioni più vicine a livello territoriale. Esistono quasi in ogni regione associazioni ornitologiche, o comunque naturalistiche, forti che possono accogliere nuove appassionate e nuovi appassionati e che organizzano eventi formativi.

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