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Interferenti endocrini

Cosa sono e come agiscono sul nostro organismo

Gli interferenti endocrini sono sostanze esogene che interferiscono col naturale sistema endocrino, causando danni agli individui esposti nonché ai loro discendenti, anche parecchio tempo dopo l’esposizione. Queste sostanze, principalmente prodotte dall’uomo, si possono trovare in pesticidi, additivi o contaminanti nel cibo e nei prodotti per l’igiene personale. Gli effetti degli interferenti endocrini sono stati finora associati con alterazioni della riproduzione in uomini e donne, ritardi nello sviluppo neurale infantile, alterazioni del sistema immunitario. L’esposizione a queste sostanze avviene tramite ingestione, inalazione e contatto con la pelle.

Essi possono essere inoltre trasferiti dalla madre al feto, attraverso la placenta, e al neonato, tramite il latte materno. L’esposizione a queste sostanze durante queste fasi così delicate dello sviluppo è la più pericolosa e gli effetti possono rimanere silenti per diversi anni.

Cos’è il sistema endocrino?

Con sistema endocrino, o ormonale, si intende l’insieme delle ghiandole endocrine dell’organismo, le quali agiscono in maniera interdipendente le une dalle altre ed in collaborazione con il sistema nervoso. Questo sistema si basa su una fine regolazione della produzione di ormoni di diversa natura. Esso gioca un ruolo centrale in tutti i vertebrati, controllando importanti funzioni biologiche quali metabolismo, sviluppo, riproduzione e comportamento. Il delicato funzionamento del sistema endocrino potrebbe essere a rischio, per via del sempre crescente numero di contaminanti che possono accumularsi nell’organismo.

Meccanismo d’azione degli interferenti endocrini

Esistono ad oggi migliaia di composti chimici classificati come “interferenti endocrini” (endocrine disrupting chemicals).

I meccanismi d’azione tramite i quali queste sostanze possono produrre i loro effetti sono:

  • interazione diretta con i recettori degli ormoni. Questa interazione, causata dalla loro somiglianza strutturale con gli ormoni endogeni, può, da un lato causare un’anomala attivazione del recettore stesso, dall’altro bloccare il legame con l’ormone naturale
  • interazione con elementi della via di segnalazione ormonale che si trovano a valle del recettore
  • alterazione dei livelli di espressione e/o turnover dei recettori ormonali
  • modificazione della sintesi o metabolismo degli ormoni. Alcune di queste sostanze possono alterare la quantità di lipidi nel sangue o alterare direttamente l’attività degli enzimi responsabili dei processi di sintesi o degradazione degli ormoni
  • alterazione del trasporto degli ormoni nel sangue

Effetti indipendenti dall’azione ormonale

Queste sostanze possono avere anche degli effetti indipendenti dalla loro interazione col sistema endocrino, dovuti ad un’azione diretta a livello cellulare o molecolare. Esse possono essere citotossiche, causando direttamente morte cellulare, o mutagene, causando mutazioni del DNA. Il momento della vita di un individuo, durante il quale avviene l’esposizione, è critico per gli effetti che si svilupperanno. Danni durante le finestre critiche dello sviluppo hanno più probabilità di essere permanenti. Numerosi studi sembrano inoltre suggerire come i danni causati dall’esposizione agli interferenti endocrini siano transgenerazionali. In altre parole, vengono passati alla prole per diverse generazioni dopo l’esposizione, a causa di modificazioni a carico del genoma, definite epigenetiche.

Fonti di contaminanti

Esistono diverse fonti di interferenti endocrini. Tipicamente l’esposizione avviene a causa della contaminazione dei cibi, specialmente acqua, pesci e carni, per via del contatto con polveri o inalazione. Alcune di queste sostanze si trovano nelle plastiche utilizzate nei contenitori per cibi e bevande, nelle resine che ricoprono la superficie interna delle lattine, nell’inchiostro usato in alcuni scontrini. Altre si trovano in alcuni tessuti. Sebbene l’utilizzo di alcune di queste sostanze sia stato vietato ormai da ormai parecchi anni, esse si trovano ancora nell’ambiente. Questo ci fa capire che l’esposizione agli interferenti endocrini è ubiquitaria e inevitabile.

Microplastiche come fonti di interferenti endocrini

Le microplastiche sono i prodotti di degradazione di materiali plastici dispersi nell’ambiente. La loro degradazione avviene tramite processi fotoindotti, stimolati quindi dalla luce, e ossidativi di vario tipo a seconda del polimero considerato. Le loro dimensioni variano da qualche millimetro a 100 nanometri, al di sotto di questi si parla di nanoplastiche con proprietà e caratteristiche diverse. In base alle loro dimensioni le microplastiche tendono a precipitare e depositarsi sui fondali dei corpi idrici, oppure restano sospese. In ogni caso esse hanno proprietà idrofobe quindi non legano l’acqua.

Questa loro proprietà è molto importante. Infatti, a causa dei livelli di inquinamento costantemente in aumento nelle acque è possibile trovare numerose quantità di metalli, diossine e numerose altre sostanze. Essendo anche queste idrofobe e di dimensioni nettamente inferiori alle microplastiche, vi si legano trasformandole in vettori di inquinanti e quindi fonti di perturbatori endocrini.

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Principali interferenti endocrini

Diossine

Le diossine sono composti eterociclici clorurati. Ciò significa che sono molecole caratterizzate da più anelli aromatici e che la loro struttura è più o meno ricca di atomi di cloro.

Ne esistono tre classi, in base alla loro struttura chimica:

  1. Dibenzo-paradiossine-policlorurate: costituite da due anelli benzenici variamente clorurati e uniti da due atomi di ossigeno.
  2. Dibenzo-parafurani: formate da due molecole di benzene unite da un furano.
  3. Policlorobifenili: caratterizzati da due anelli benzenici policlorurati uniti da un legame covalente.

Le prime due classi di diossine sono prodotti di scarto, composti cioè che vengono sintetizzati durante la combustione a temperature subottimali, sotto ai 300 C°, di composti ricchi di carbonio e di cloro, come alcune plastiche, quali il Polivinilcloruro (PVC). Questo è quello che avviene per esempio, negli inceneritori. Ad oggi, con l’aumento delle competenze tossicologiche ed ingegneristiche si ha un controllo migliore di tali processi e vengono sempre più spesso installati filtri che minimizzano il rilascio di diossine nell’ambiente.

Policlorobifenili (PCB)

Le diossine di questa classe venivano prodotte volontariamente per essere impiegate come isolanti termici ed elettrici, come additivi in vernici, pesticidi, ritardanti di fiamma ecc. Sono stati riconosciuti come inquinanti persistenti dell’ambiente e per questo motivo vietati in quasi tutto il mondo intorno agli anni ’70. Tuttavia, a causa della loro forte stabilità e natura lipofilica, sono rimasti accumulati lungo la catena alimentare. Ancora oggi, infatti, è possibile misurare certi livelli di PCB nel sangue e persino nel latte materno.

Il disastro di Seveso

Nel 1976 nella città di Seveso (Italia) ci fu una fuoriuscita di diossine dallo stabilimento dell’ICMENA, un’industria chimica. Ne venne rilasciato un quantitativo mai determinato che portò all’evacuazione dell’intero centro abitato. Inizialmente non sembrava ci fossero effetti collaterali, ma mesi ed anni dopo essi cominciarono a manifestarsi. Su quasi duemila persone esposte vennero riscontrate ipofertilità e infertilità maschile, teratogenesi cancerogenesi e in alcuni casi anche una maggiore incidenza di diabete.

Questo ritardo sembra dovuto principalmente alla loro lipofilia che fa sì che si leghino alle componenti grasse del nostro organismo. In caso di perdita di peso però, il corpo consuma le sue riserve lipidiche comportando il rilascio delle diossine in esso accumulate, in quantità proporzionali.

Guerra del Vietnam

interferenti endocrini bambini
Gruppo di bambini con diversi deficit dello sviluppo, la maggior parte dei quali vittime dell’Agente Arancio. Di Alexis Duclos, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Negli stessi anni di Seveso si stava consumando un’altra tragedia. Gli Stati Uniti avevano dichiarato guerra al Vietnam del Sud. In quegli anni, circa un ventennio, lasciarono una quantità di bombe mai vista prima: le bombe abbandonate inesplose causano feriti ancora oggi. Le diossine si producevano in seguito ai bombardamenti con l’Agente Arancio, un diserbante. Questo era ricco di defolianti, come l’auxina, e aveva il compito di far cadere le foglie degli alberi e scoprire i passaggi che i Vietcong usavano per nascondersi, e che gli valsero la “vittoria”. Durante i processi di combustione delle bombe si producevano diossine con effetti tragici sugli abitanti locali nonché sui soldati americani ed europei impegnati in azioni belliche sulla terraferma.

Eteri di difenile polibromurato (PBDE)

Usati principalmente come ritardanti di fiamma in tessuti, plastiche, automobili. Essi si sono accumulati nell’ambiente in maniera ubiquitaria e ad oggi si ritrovano non solo nella polvere, nel terreno e nella fauna, ma anche nell’uomo a livello di siero, placenta, tessuto adiposo, fegato, latte materno.

Ftalati

Gli ftalati sono esteri dell’acido ftalico, liposolubili e poco volatili. Essi sono contaminanti ubiquitari usati come plastificanti e additivi in molti prodotti, soprattutto cosmetici e farmaceutici. Aggiunti ad un polimero, queste sostanze ne migliorano la flessibilità e la modellabilità. La principale materia plastica in cui vengono impiegati è il PVC.

Bisfenolo A (BPA)

Il bisfenolo A è un composto organico utilizzato nella produzione delle plastiche policarbonate e del PVC. Si trova quindi nelle bottiglie d’acqua, nelle resine usate per ricoprire le pareti interne di molti contenitori in alluminio per cibi e bevande, in piatti e posate in plastica nonché nelle pellicole per gli alimenti. La maggiore fonte di intossicazione da BPA è l’ingestione di alimenti contaminati. Tuttavia, questo avviene qualora i cibi  vengano conservati in maniera non idonea insieme al loro involucro, per esempio a temperature troppo elevate che facilitano il passaggio del BPA tra l’involucro e l’alimento. Se questo viene conservato come riportato in etichetta non sussiste alcun pericolo.

Ad oggi l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) pone le massime dosi giornaliere assumibili a quattro microgrammi per chilo di peso corporeo. Le massime concentrazioni di contaminazione rilevate negli alimenti sono state di 3-5 volte inferiori a tali dosi, quindi se le norme di produzione e conservazione degli alimenti vengono rispettate non dovrebbe esserci pericolo per i consumatori.

Ad oggi le conoscenze che si hanno su queste sostanze sono ancora poche. Si pensa che tra i lavoratori più a rischio vi sia chi sta alla cassa dei supermercati. Essi infatti entrano in contatto con scontrini “caldi” contenenti alte concentrazioni di BPA.

Pesticidi – Composti organostannici

Questi composti sono utilizzati in agricoltura come biocidi e catalitici chimici. Possono contaminare l’acqua e i molluschi quali i frutti di mare. Sono tossici per le specie marine in quanto causano lo sviluppo di genitali ambigui, un aumento dei livelli di androgeni e una diminuzione di quelli degli estrogeni.

Metalli pesanti

Cadmio, piombo, mercurio.

Fitoestrogeni (Ginesteina)

Molecole non steroidee prodotte da vegetali, in grado di legare i recettori degli estrogeni. Alcune fonti di fitoestrogeni sono: la soia, i cereali, le noci, i legumi.

Farmaci come interferenti endocrini

Gli interferenti endocrini non sono solo composti tossici, ma alcuni, in specifiche dosi, possono essere utilizzati anche come farmaci. Di questa categoria fanno parte tutti i composti utilizzati per favorire la guarigione da malattie che hanno come bersaglio un recettore endocrino.

Antitumorali

Tra i farmaci utilizzati contro i tumori ve ne sono alcuni che hanno come target recettori ormonali o che impediscono direttamente la sintesi di ormoni. Ad esempio il Tamoxifene viene utilizzato nei tumori alla mammella. Esso lega il recettore degli estrogeni e impedisce al tumore di crescere ulteriormente. Vi sono inoltre gli inibitori delle aromatasi che inibiscono la sintesi di estrogeni legandosi all’enzima e inibendone l’attività.

Anticorpi monoclonali

Questi sono anticorpi sintetizzati artificialmente grazie alla produzione di specifiche cellule ibride. Esse sono costituite dalla fusione di linfociti B, cioè le cellule in grado di produrre gli anticorpi stessi, con cellule cancerogene (di mieloma). Questo permette di aumentare la crescita e la sopravvivenza dei linfociti stessi e di ottimizzare la produzione. Gli anticorpi che vengono prodotti vengono progettati al fine di far loro legare specifiche molecole del nostro corpo. Per esempio, alcuni di essi possono legare recettori espressi dalle cellule tumorali. Per far ciò è necessario quindi prendere un campione del tumore, identificare i recettori espressi (possono essere diversi anche in due persone con lo stesso tumore) e progettare l’anticorpo.

Leggi anche: Linfociti B

Una volta che questo si lega al recettore ne impedisce la funzionalità. Un esempio è il Trastuzumab. Questo viene usato contro il recettore Her 2 della famiglia dei recettori per l’ormone della crescita e viene impiegato nei tumori al seno (circa il 30% esprime tale recettore).

Effetti sul sistema riproduttore

Considerando il fatto che la struttura chimica della maggior parte degli interferenti endocrini mima quella degli ormoni gonadici e ha la capacità quindi di legarsi ai loro recettori, il sistema riproduttore è il più vulnerabile all’azione di queste sostanze.

Effetti sulla pubertà

Ad oggi diversi studi sembrano dimostrare una correlazione tra l’esposizione a interferenti endocrini e alterazioni dell’età della pubertà nei paesi occidentali. In base alle diverse dosi di esposizione e alla diversa combinazione di sostanze coinvolte, si sono potuti osservare effetti contrastanti, con alcuni studi che mostrano un avanzamento ed altri un ritardo nell’età del menarca nelle bambine. Per esempio, l’esposizione in utero e postnatale a pesticidi clorurati (DDT), PBDE, ftalati e BPA è stata correlata con un anticipo dell’età del menarca, che risultava più rilevante laddove l’esposizione era avvenuta per tempi più lunghi.

Effetti sulla fertilità

L’esposizione agli interferenti endocrini è stata associata ad una diminuzione della fertilità sia maschile che femminile. Queste sostanze possono danneggiare lo sviluppo ovarico, aumentare l’incidenza delle sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), allungare i tempi di concepimento, aumentare il rischio di aborti spontanei, inibire la produzione di testosterone, causare ipertrofia testicolare e diminuire la motilità spermatica. In alcuni studi effettuati sui ratti e sui primati si è vista anche un’azione della BPA, della ginesteina e dei pesticidi clorati sull’alterazione del comportamento materno.

Effetti sullo sviluppo neurale

Gli interferenti endocrini hanno effetti particolarmente significativi sui processi di sviluppo neurale per via della loro capacità di accumularsi nei tessuti adiposi, di attraversare la placenta e di essere presenti nel latte materno. Per molti anni gli studi sugli effetti di diversi interferenti endocrini si sono concentrati solamente sulle reazioni a breve termine, dovute a esposizione ad alte dosi. Tuttavia, adesso è noto come l’esposizione durante il periodo prenatale a dosi molto più basse di quelle precedentemente considerate come nocive, può avere un effetto sul comportamento in maniera sessualmente dimorfica.

È interessante notare come vi sia un crescente aumento dell’incidenza di disturbi dello sviluppo quali disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività e disordini dello spettro dell’autismo; entrambe queste categorie di disturbi sono fortemente dimorfiche tra maschi e femmine. Il differenziamento sessuale del cervello è un processo finemente regolato dagli ormoni steroidei durante lo sviluppo postnatale. Di conseguenza, è facile immaginare come alterazioni di questa fase possano aumentare il rischio di insorgenza di certe malattie.

Policlorobifenili (PCB)

Queste sostanze sono state associate a difetti dello sviluppo neurale, quozienti intellettivi più bassi, problemi di attenzione, memoria e movimenti fini, come la scrittura, così come comportamenti antisociali, come per esempio un aumento dell’aggressività.

Eteri di difenile polibromurato (PBDE)

Associati con alterazioni del comportamento e, soprattutto, problemi di iperattività.

Bisfenolo A (BPA)

Si è potuto osservare che l’esposizione al BPA durante il periodo pre- o post-natale può alterare lo sviluppo di diversi circuiti neurali. Si è visto un collegamento tra queste sostanze e i disturbi dello spettro autistico. Nei bambini con questo tipo di disturbi si sono infatti riscontrati livelli di BPA maggiori rispetto ai controlli. Inoltre, un’esposizione prenatale al BPA può comportare un aumento di comportamenti atipici durante l’infanzia.

Pesticidi organofosfati

Gli insetticidi organofosfati rappresentano il 50% di tutti i pesticidi utilizzati nel mondo e sono largamente usati in agricoltura e nella cura dei giardini. Per questo motivo sono stati per anni oggetto di studi intensivi che hanno portato ad individuare una neurotossicità acuta tramite iperstimolazione del sistema colinergico. Nuovi studi mostrano come l’esposizione in utero, o neonatale, a dosi anche molto basse di pesticidi organofosfati, influenzi lo sviluppo neurocomportamentale. In particolare, l’esposizione durante il terzo trimestre della gravidanza aumenta il rischio di insorgenza di autismo nel bambino del 60%.

Interferenti endocrini Obesogeni

Alcuni interferenti endocrini agiscono come “obesogeni”, cioè sostanze in grado di influenzare i circuiti coinvolti nell’assunzione del cibo, aumentando il rischio di sviluppare disturbi del metabolismo, come obesità e diabete. Essi hanno inoltre diversi target periferici (fegato, pancreas, tessuto adiposo, intestino) ed hanno un’azione sessualmente dimorfica. Un importante aspetto da tenere in considerazione è anche il fatto che questa azione spesso non si limita solamente all’individuo esposto, ma può essere trasmessa fino a tre generazioni successive tramite processi epigenetici.

Ginesteina

La ginesteina è un isoflavone di soia che mostra una forte affinità per i recettori degli estrogeni. I suoi effetti dipendono dalla dose di amministrazione e dal sesso. I dati sperimentali sono ancora pochi e contrastanti. Per esempio, mentre nelle donne obese può avere effetti benefici sulla massa grassa e sui livelli di colesterolo, nelle donne normopeso non causa alcun effetto.

Composti organostannici: Tributilstagno (TBT)

Queste sostanze inducono il differenziamento dei preadipociti in adipociti. Si è visto per esempio che possono causare un aumento del peso corporeo nei mammiferi ed alterare i livelli di leptina nel sangue. Quest’ultimo è un ormone anoressigenico (diminuisce il senso di fame) prodotto dal tessuto adiposo, con un ruolo chiave per l’omeostasi energetica. A livello pancreatico il TBT induce la morte delle cellule beta, e può persino alterare la flora batterica intestinale. Si è visto, inoltre, che queste sostanze possono agire a livello centrale, sui circuiti neuronali che controllano l’appetito.

BPA e Ftalati

Possono causare un aumento del peso corporeo, intolleranza al glucosio e steatosi epatica, nonché alterazioni della produzione di insulina e di leptina.

Effetti cancerogeni: il caso del Dietilstilbestrolo (DES)

Il DES è un estrogeno sintetico che veniva inizialmente prescritto alle donne incinte per diminuire il rischio di aborto spontaneo. Tuttavia, intorno agli anni ’70 ne fu interrotta la produzione. Si vide infatti che l’esposizione in utero a questo farmaco comportava un maggiore rischio di sviluppare disordini neuroendocrini (malformazioni, sterilità, nonché cancro testicolare e adenocarcinoma della vagina e della cervice). Il DES è in grado di interferire, tramite processi epigenetici, con l’espressione di diversi geni coinvolti nella regolazione della struttura tissutale dell’utero. Questa interferenza avrebbe quindi causato cambiamenti nella morfologia ed architettura di questo tessuto.

Il caso del DES non solo mostrò per la prima volta che un interferente endocrino può agire come sostanza carcinogena, ma anche l’importanza dei processi epigenetici prenatali nell’insorgenza dei tumori. Queste osservazioni sottolineano ulteriormente l’importanza dei meccanismi di adattamento di un organismo a un ambiente in continua trasformazione.

Regolamentazione

Ad oggi, più di 800 sostanze chimiche sono state classificate come interferenti endocrini e l’Unione Europea si investe nel fare passi avanti per regolamentarne l’utilizzo.

La strategia dell’Unione Europea punta principalmente a:

  • diminuire il più possibile l’esposizione agli interferenti endocrini, soprattutto durante la gravidanza e la pubertà
  • accelerare e complementare, laddove mancanti, i processi di ricerca scientifica, sui quali le decisioni della Commissione sono basate.

Tuttavia, vi è una problematica che emerge: le leggi contro l’utilizzo di queste sostanze portano al loro continuo rimpiazzo sul mercato con nuove sostanze, ad esse analoghe. Queste ultime tuttavia, finché non diventano oggetto di studio e non ne vengano provati eventuali effetti alteranti sul sistema endocrino, rimangono sul mercato.

Conclusioni

È chiaro come quello degli interferenti endocrini sia un problema grave e da non sottovalutare sia per la nostra salute che per l’ambiente, specialmente in luce del costante aumento dei livelli di inquinamento e sfruttamento ambientale. Riuscire a studiare approfonditamente queste sostanze è la chiave per poter attivare procedure di controllo e prevenzione e per poter cercare di diminuire l’esposizione a cui le persone sono sottoposte. Tuttavia, gli studi ad oggi presenti risultano spesso discordanti e limitati dalla difficoltà di riprodurre i risultati trovati, dall’uso di campioni relativamente piccoli nonché dal cosiddetto “effetto cocktail”. Nella maggior parte dei casi infatti, si è esposti ad una miscela di moltissimi contaminanti ambientali e interferenti endocrini differenti, rendendo estremamente difficile riuscire a discernere il ruolo di ciascuna delle sostanze con le quali si è entrati a contatto.

Anche l’intricato funzionamento del sistema endocrino gioca un ruolo nelle difficoltà che si riscontrano nello studio dei meccanismi di azione di queste sostanze. Certamente una profonda comprensione della fisiologia dell’animale che si sta studiando resta imprescindibile per poter valutare gli effetti degli interferenti endocrini sull’omeostasi del suo organismo.

Articolo redatto con il contributo di Massimo Aloisi.

Bibliografia

  • C.L. Galli, E. Corsini, M. Marinovich, “Tossicologia”, seconda edizione, 2008, Piccin Nuova Libraia S.P.A, Padova.
  • B. G. Katzung, S. B. Masters, A. J. Trevor, “Farmacologia generale e clinica”, Nona edizione italiana, 2014, Piccin Nuova Libraia S.P.A, Padova.
  • Silverthorn D. U., “Fisiologia umana – Un approccio integrato”, sesta edizione, 2013, Pearson Italia Spa, Torino.

Sitografia

  • Sostanze attive a livello endocrino – EFSA
  • Herceptin, INN-trastuzumab – Europa.eu
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