Molti alimenti possono influenzare l’azione dei farmaci che vengono assunti quotidianamente senza rendercene conto. Alla base di questa interazione tra farmaci e alimenti vi sono diversi meccanismi coinvolti, quali:
- rallentamento dello svuotamento gastrico;
- solubilizzazione del farmaco da parte dei succhi gastrici;
- modulazione degli enzimi che metabolizzano il farmaco;
- formazione di complessi con alcuni componenti degli alimenti.
Di conseguenza si avranno effetti come il potenziamento della tossicità, il blocco dell’efficacia o l’insorgenza di effetti indesiderati da moderati a gravi. È molto importante, infatti, prestare attenzione alla modalità con i quali i farmaci debbano essere assunti. Una corretta alimentazione durante una terapia permette di ridurre l’insorgere di effetti collaterali associati all’interazione farmaci-alimenti.
Spesso la rapidità con la quale si ha l’effetto del farmaco dipende dalla presenza o meno di cibo nello stomaco. È bene ricordare che alcuni farmaci in particolare i FANS quali ibuprofene, paracetamolo, ketoprofene e tanti altri, se assunti a stomaco vuoto, possono causare gravi lesioni gastriche. Gli alimenti dunque possono influenzare sia l’efficacia che l’effetto terapeutico di un qualsiasi farmaco. Spesso le interazioni possono essere evitate assumendo i farmaci un’ora prima oppure due ore dopo i pasti.
Tipi di interazione farmaci alimenti
Le interazioni tra farmaci ed alimenti possono essere distinte tra farmacocinetiche e farmacodinamiche. Nelle interazioni di tipo farmacocinetiche, il cibo generalmente altera l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione dei farmaci. Nelle interazioni di tipo farmacodinamico, invece, il cibo modifica la responsività dei tessuti ai farmaci amplificandone l’effetto o bloccandolo, in quanto interferisce a livello recettoriale[2, 3].
Interazioni di tipo farmacodinamiche
Il più noto esempio di interazione farmacodinamica è l’interazione tra farmaci anticoagulanti cumarinici e cibi ricchi di vitamina K, come le verdure a foglia larga. Mentre un altro esempio è l’interazione tra farmaci antidepressivi e la tiramina, un’ammina derivante dall’amminoacido tirosina contenuto in alimenti come il vino rosso e i formaggi[3].
Anticoagulanti e vitamina K
Gli antagonisti di tipo cumarinico come il warfarin, agiscono inibendo la sintesi di tutti quei fattori della coagulazione la cui sintesi, appunto, dipende dalla vitamina K. I fattori sintetizzati nel fegato rimangono inattivi fino a che non vengono carbossilati da residui di glutammato capaci di legare gli ioni calcio. La reazione di carbossilazione catalizzata dall’enzima glutamil-carbosillasi richiede la presenza della vitamina K in forma ridotta (idrochinone).
Il warfarin agisce bloccando l’enzima vitamina-k-epossido reduttasi, responsabile di rigenerare la vitamina K ridotta dall’epossido. La vitamina K tuttavia può essere trasformata nel corrispondente idrochinone da una seconda reduttasi. Quest’ultima è sensibile ai farmaci cumarinici e richiede alte concentrazioni di vitamina K. Quindi l’assunzione di cibi ricchi di vitamina K quali vegetali, tipo broccoli o asparagi, può ridurre notevolmente se non annullare del tutto l’effetto dell’anticoagulante[1].
Antidepressivi e tiramina
La contemporanea assunzione di Inibitori delle monoamine-ossidasi (IMAO) e di alimenti ricchi di tiramina, può causare delle forti crisi ipertensive. Normalmente la tiramina contenuta nei cibi viene degrada a livello intestinale ed epatico dalle MAO-A e MAO-B, tuttavia quando le MAO sono inibite, l’ingestione di formaggi stagionati, fave o vino rosso ne causa l’accumulo della stessa nelle terminazioni nervose adrenergiche inducendo il rilascio di Noradrenalina e Adrenalina. Quest’ultime quando rilasciate vanno a stimolare i recettori post-sinaptici periferici aumentando bruscamente la pressione arteriosa[1].
Interazioni farmacocinetiche
La maggior parte di questo tipo di interazione, si verifica a livello delle fasi di assorbimento e metabolismo. Latte e derivati possono causare la chelazione di alcuni farmaci, rendendoli meno solubili e di conseguenza riducendone l’effetto. Mentre sostanze contenute nel succo di pompelmo possono alterare i sistemi metabolizzanti di alcuni farmaci e quindi variarne la biodisponibilità[3].
Antibiotici e latte
Tetracicline e chinoloni possono formare complessi con i cationi bivalenti come calcio e magnesio contenuti nel latte e nei suoi derivati. Tali complessi essendo meno solubili presentano delle caratteristiche di assorbimento diverse rispetto ai composti inziali. La chelazione dei farmaci si verifica a causa della presenza di eteroatomi come ossigeno e zolfo, in grado di formare legami di coordinazione con metalli. Altri farmaci sensibili alla presenza di ioni calcio sono i bifosfonati.
Antipertensivi e succo di pompelmo
Il succo di pompelmo se ingerito insieme a farmaci assunti per via orale può inibire il CYP3A4 intestinale, enzima responsabile del metabolismo di molti farmaci. Tale effetto è dovuto alla presenza nel succo di pompelmo di sostanze quali furanocumarine e naringina. L’inibizione di questo enzima da parte del succo di pompelmo è in grado di aumentare la biodisponibilità di alcuni farmaci. In particolare, calcio-antagonisti come nifedipina e felodipina impiegati nel trattamento dell’ipertensione. Di conseguenza si avrà un eccessivo effetto antipertensivo ed un aumento della frequenza cardiaca. Tale interazione si ha già dopo 4 ore dall’assunzione di succo o di un frutto fresco e può durare fino a 72 ore[1].
Farmaci ed alcol
Il consumo di alcol può interferire con il assorbimento, metabolismo ed eliminazione di alcuni farmaci. Di fatti l’alcol aumenta la solubilità di composti non ionizzati, ovvero di farmaci come la felodipina e griseofulvina, aumentando di conseguenza l’assorbimento nell’intestino. L’uso di analgesici oppiodi quando effettuato in concomitanza con il consumo di alcol, può dare un effetto sinergico. L’alcol deidrogenasi è l’enzima che metabolizza l’alcol nell’organismo. Somministrando quindi farmaci che sono substrati di tale enzima, si possono verificare delle interazioni, ed è il caso del paracetamolo o della teofillina[3].
I contenuti di questo articolo sono puramente informativi e non intendono sostituire la figura del medico.
Referenze
- Goodman & Gilman. Le basi farmacologiche della terapia. XII Edizione. Zanichelli.
- Clementi, F., Fumagalli, G. Farmacologia Generale e Molecolare. Il meccanismo d’azione dei farmaci. IV Edizione. UTET.
- The mechanisms of pharmacokinetik food-drug interactions. European Journal of Pharmaceutical Sciences (2019). 134