Molte delle soluzioni adattative sviluppate dalle piante sono l’esatto opposto di quelle prodotte dal mondo animale. Questo perché piante ed animali sono andati incontro a due percorsi evolutivi differenti, ciascuno sviluppando proprie strategie di adattamento e di sopravvivenza in base alle caratteristiche dell’ambiente circostante. In questo articolo, affronteremo i concetti di intelligenza di sciame e comportamenti emergenti nelle piante.
Il lettore verrà guidato alla scoperta ed alla comprensione delle nuove frontiere di studio dell’intelligenza vegetale, prendendo le mosse dall’organo più importante per gli organismi sessili, ossia la radice.
Piante e animali: due strategie evolutive differenti
Basta guardarsi intorno per rendersi conto che il pianeta in cui abitiamo è dominato, in termini numerici, dal mondo vegetale. La biomassa verde, da sola, rappresenta infatti circa il 97% di tutte le specie viventi sulla Terra, a confronto di un misero 3% comprendente tutto il resto degli esseri viventi, animali ed uomo inclusi.
Ma quali sono le principali caratteristiche che ci differenziano dalle piante?
Innanzitutto gli animali si spostano, le piante sono organismi sessili (cioè ancorati al terreno); gli animali sono eterotrofi, cioè si nutrono di altri organismi viventi per produrre e ricavare energia, le piante sono autotrofe e perciò nutrono tutti gli altri esseri viventi attraverso la fotosintesi; gli animali consumano CO2 , le piante la fissano ecc..
La lista sarebbe ancora molto lunga ma sicuramente la differenza principale è la contrapposizione tra la centralizzazione, tipica del mondo animale, e la distribuzione di organi e centri funzionali di comando, propria del mondo vegetale.
Le piante, infatti, sono organismi plasmati dall’evoluzione in maniera tale da possedere un’architettura corporea di tipo modulare. Non posseggono un cuore, eppure sono dotati di un sistema circolatorio, non posseggono un cervello, ma sono comunque in grado di percepire una miriade di gradienti e stimoli ambientali differenti, attivando in breve tempo una rapida ed efficiente risposta a livello fisiologico e biochimico.
Radici al posto di neuroni, che storia è questa?
La domanda chiave intorno alla quale tutto ruota è: “Si può parlare veramente di intelligenza vegetale nonostante le piante siano prive di un cervello?”.
Uno dei primi scienziati ad essersi posto questo interrogativo fu Charles Darwin, conosciuto ai più per la teoria sull’evoluzione delle specie discussa nel celebre libro “On the Origins of Species” pubblicato per la prima volta nel 1859.
In realtà, Darwin si avvicinò ben presto al mondo della botanica durante i suoi studi di teologia a Cambridge, e fu proprio nelle piante che ricercò a lungo le prove della teoria dell’evoluzione, continuando ad interessarsi al mondo vegetale fino agli ultimi giorni della sua vita.
Nel libro che rivoluzionò la storia della botanica, “The Power of Movements in Plants” (1880), Darwin fu il primo ad accorgersi che nelle radici della piante si osservava un maggior numero di similarità con il movimento degli animali. Le sue attenzioni si focalizzarono sulla punta estrema di ciascuna radice, conosciuta con il termine di apice radicale, dove egli riscontrò la sequenza tipica degli eventi alla base di un qualsiasi processo intellettivo: percezione degli stimoli ambientali, decisione sulla direzione da prendere e movimento finale.
Lo scienziato si accorse ben presto che la punta estrema delle radici è in realtà assimilabile a un sofisticato organo di senso in grado di registrare e di reagire a diversi parametri ambientali.
Come è fatto un apice radicale?
Molto semplicemente, l’apice radicale è la punta estrema di ogni radice formata da vari gruppi di cellule specializzate in compiti differenti: proprio perché la funzione principale dell’apice è quella di consentire una crescita in lunghezza delle radici, troviamo un primo gruppo di cellule in attiva e costante divisione a formare la cosiddetta regione di divisione cellulare per accrescimento; dietro di essa vi è la regione di accrescimento o distensione (la parte che effettivamente si allunga nel suolo), ed oltre ad essa troviamo infine la regione di maturazione o differenziazione, in cui matura la maggior parte dei tessuti primari della pianta. Infine, per proteggere la radice durante la penetrazione nel terreno, ogni apice è protetto da una cuffia radicale, formata da un insieme di cellule produttrici di mucillagine, atta alla lubrificazione ed alla protezione della radice durante la sua crescita nel suolo.
Swarm intelligence e comportamenti emergenti nel mondo vegetale
Crediamo che non ci sia altra struttura nella pianta più meravigliosa, per quanto riguarda le sue funzioni, che l’apice radicale […] Quando la luce eccita l’apice della radice […] le parti adiacenti si allontanano dalla luce, ma quando sono sollecitate dalla gravità, le stesse parti piegano verso il centro di gravità.
Charles Darwin, “The power of movement in plants” (1880)
Vedremo adesso come ogni apice radicale possa di fatto essere considerato un vero e proprio “centro di comando” demandato a svolgere importanti funzioni per la sopravvivenza dell’intero organismo. Il comportamento, cioè l’esito finale che ne risulta è detto “emergente”, poiché rappresenta il risultato dell’interazione diretta tra la pianta, a livello di apparato radicale, e l’ambiente.
In poche parole, si parla di comportamento emergente, o intelligenza collettiva, ogni qual volta configurazioni di alto livello, come possono essere la percezione della gravità o di varie sostanze nutritive utili alla crescita della pianta, si originano dalle migliaia di interazioni semplici che hanno luogo a livello di singolo apice radicale.
Interazioni complesse tra gruppi di individui, guidate da poche e semplici regole fondamentali, possono generare quello che tecnicamente è conosciuto con il termine di “swarming behavior” o comportamento di sciame. Innumerevoli esempi di swarming behavior sono stati osservati in vari gruppi di organismi, esseri umani inclusi, e recenti ricerche hanno rivelato che anche le piante presentano comportamenti sociali basati su mutue interazioni con altri individui.
Un team di ricercatori ha di recente evidenziato l’esistenza di interazioni guidate in piccoli gruppi di giovani piantine di mais, i quali parametri ambientali di crescita sono stati costantemente e finemente monitorati in appositi laboratori.
Utilizzando specifici e piuttosto complessi algoritmi e modelli matematici di crescita, i ricercatori hanno osservato che la distribuzione delle velocità medie delle singole radici, se analizzata considerando modelli di allungamento non casuali, tende ad una forma simmetrica con poche e statisticamente non rilevanti fluttuazioni. In particolare, è stato osservato nelle giovani radici un aggiustamento dell’angolo di crescita rispetto al suolo, e la presenza di forze di attrazione e repulsione in grado di generare campi elettrici utili all’esplorazione delle radici durante l’allungamento.
Gli scienziati sono così giunti alla conclusione che ogni radice può essere influenzata dal proprio “vicino di casa”, nell’induzione di una fine tendenza di allineamento nella giusta direzione di crescita.
La biologia ha lungamente studiato i comportamenti emergenti degli animali, e a tale proposito sono famosi gli studi sull’intelligenza collettiva rappresentata dagli stormi di uccelli. Vi sarà capitato di osservare in cielo la formazione di enormi stormi che si muovono a grande velocità senza mai urtarsi. Ovviamente, i singoli uccelli non seguono regole casuali, ma ciascun elemento del gruppo prende a riferimento gli uccelli a lui più vicini di fronte e a lato, cercando di assumere la stessa direzione e di mantenere la stessa distanza. Il motivo? Molto semplice! I singoli uccelli si sentono in questo modo più protetti da eventuali predatori che sono così disorientati dagli ipnotici movimenti del gruppo.
Conclusione
Gli ultimi sviluppi della biologia aprono lo scenario a nuove ed interessanti scoperte nel mondo dell’intelligenza vegetale. In questo articolo, il lettore ha appreso e familiarizzato con i concetti di swarming intelligence e di swarming behavior, e sono stati approfonditi i meccanismi alla base degli studi delle proprietà emergenti applicati alle radici delle piante.
A tal proposito, alcuni degli indiscutibili vantaggi applicativi potrebbero essere la possibilità di una modificazione delle proprietà chimiche nell’area di suolo vicina alla pianta, con la creazione di una micro-nicchia ecologica per una efficiente estrazione di nutrienti essenziali e per una migliore difesa contro i patogeni che abitano nel terreno.
In conclusione, lascio il lettore con una breve riflessione: un unico cervello avrebbe davvero potuto controllare in toto le capacità di una pianta, organismo che in virtù di un obbligato ancoramento al terreno deve costantemente adattarsi e plasmare il proprio corpo in risposta alle continue variazioni dell’ambiente circostante?
Riferimenti e bibliografia
- Ciszak M, Comparini D, Mazzolai B, Baluska F, Arecchi FT, et al. (2012) Swarming behavior in Plant Roots. PLoS ONE 7(1): e29759.
- Stefano Mancuso, Alessandra Viola, Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, Giunti, Firenze , Milano, 2013
- Stefano Mancuso, Plant Revolution. Le piante hanno già inventato il nostro futuro, Giunti, Milano, 2017
- Charles Darwin con Francis Darwin, Il potere di movimento nelle piante , traduzione italiana di Riccardo e Giovanni Canestrini, Unione Tipografico Editrice, Torino, 1884
- Barbara Mazzolai, La natura geniale. Come e perchè le piante cambieranno ( e salveranno) il pianeta, Longanesi, 2019
- Ray F. Evert , Susan E. Eichhorn, La biologia delle piante di Raven, Zanichelli Editore, 2018