Ingrasso mangiando poco, ho un problema? – Forse questa domanda, che molte persone si pongono tra sé e sé o confidandosi con le amiche, è quella che affligge più persone. Ormai però, gli scienziati hanno sfatato il mito delle ossa grosse ed eventuali problemi ormonali vengono facilmente diagnosticati. Oltre al nutrirsi male e ad essere stressati, potrebbe esserci un altro colpevole: il microbiota. Il microbiota si può definire come un ecosistema intestinale, l’insieme dei nostri batteri del tratto gastro-intestinale.
Il microbiota
Nell’uomo è di dimensioni considerevoli, consiste infatti in 1013 batteri. Per rendere l’idea, per ogni cellula del nostro organismo, ci sono dieci batteri. C’è da chiedersi se siamo noi che portiamo in giro i batteri o viceversa. Per questo motivo, molti autori definiscono il microbiota umano come un vero e proprio organo. I batteri che predominano nel nostro organismo sono i Bacteroidetes, i Firmicutes e gli Actinobacteria, che si organizzano a formare quelli che sono stati chiamati enterotipi. Gli enterotipi finora scoperti sono 3 e ognuno è caratterizzato da una determinata quantità di specie batteriche. In base al nostro specifico enterotipo e quindi all’abbondanza relativa di alcuni batteri, siamo predisposti all’obesità o meno. I Bacteroides, per esempio, metabolizzano i carboidrati e potrebbero avere un ruolo protettivo per l’obesità. I Firmicutes invece, usano molte più forme di energia rispetto ai Bacteroides, e quindi predispongono all’obesità.
L’analisi dei batteri del tratto gastrointestinale di ognuno di noi sarà un esame di routine e sarà indice del nostro stato di benessere. Le patologie correlabili a variazioni del microbiota umano sono le allergie, cancro al colon, malattie infiammatorie intestinali, l’artrite reumatoide, ma soprattutto l’obesità, e l’elenco potrebbe procedere ulteriormente.
La domanda quindi è qual è il link tra le variazioni del microbiota umano e la patologia.
Il microbiota intestinale è stato recentemente correlato allo sviluppo di obesità e di sindrome metabolica, patologie ormai molto diffuse nel mondo Occidentale. Diversi studi su animali hanno cercato questa correlazione e hanno effettuato il trapianto del microbiota da topi obesi a non obesi. Il risultato è stato che i topi che avevano ricevuto il microbiota dei topi obesi tendevano al sovrappeso, modificando quindi la loro composizione corporea. Il trapianto di microbiota è già stato eseguito sull’uomo diversi volte: la procedura consiste nell’isolare la flora batterica di un donatore sano attraverso sofisticate procedure microbiologiche di purificazione. Il liquido ottenuto viene poi somministrato al ricevente per bocca o per via rettale.
Ricerca
Uno studio della American Gastroenterological Association tenutasi a Chicago riporta che il 70% dei soggetti che hanno ricevuto il trapianto di microbiota per la sindrome dell’intestino irritabile refrattaria (IBS) aveva una risoluzione o un miglioramento dei sintomi. I pazienti hanno riferito un miglioramento del dolore addominale, dispepsia, gonfiore e flatulenza, con miglioramento della qualità della vita innegabile. I dati confermano inoltre il potenziale del trapianto nel trattamento della malattia infiammatoria intestinale (IBD), colite ulcerosa e morbo di Crohn.
L’uomo moderno tende a mangiare sempre più spesso cibo spazzatura, ricco in grassi e zuccheri. In questo modo, alimentiamo i batteri sbagliati, che prevarranno su quelli salutari. Tornando alle buone abitudini ed applicando le linee guida, che altro non sono che la nostra Dieta Mediterranea, potremmo ripristinare la nostra comunità ecologica tanto preziosa. Abbuffiamoci quindi di verdura e frutta, pesce azzurro e frutta secca. I batteri digeriscono la fibra e formano gli SCFA, acidi grassi a corta catena, fondamentali per il nostro benessere. La nostra amata pasta al pomodoro non è un nemico, magari possiamo provarla anche integrale. Anche un bicchiere di vino rosso a pasto è consigliato.
L’eredità dell’obesità da genitori a figli
Già dalla nascita i bambini, durante il parto naturale e con l’allattamento al seno, acquisiscono batteri del canale vaginale della madre. Questi batteri andranno a regolare il sistema immunitario e hanno dunque un ruolo fondamentale. Non è sbagliato quindi dedurre che i bambini nati con parto cesareo e i bambini allattati in formula siano meno protetti per allergie, asma e obesità. Donne obese in gravidanza inoltre, oltre ad avere rischio maggiore di obesità e altre patologie come il diabete, aumentano la probabilità del parto cesareo e di obesità a lungo termine, sia per la mamma sia per il neonato.
La genetica
Per quanto riguarda la componente genetica, è stato individuato uno dei geni associati all’obesità, presente nel 42% dei Caucasici, 5% Africani e 21% Asiatici. Questi gruppi della popolazione tendono a ingrassare a causa di un senso ridotto di sazietà e cadono vittima di porzioni eccessive, cibi a maggior densità calorica (cibi ricchi in grassi e in zuccheri) e di spuntini frequenti nell’arco della giornata. In futuro quindi si potranno individuare facilmente i gruppi della popolazione a rischio maggiore e impostare una dieta strategica per il mantenimento del peso corporeo, prevenendo per loro un futuro quasi certo.
Il meccanismo molecolare non è ancora stato compreso, ma gli studi epidemiologici hanno confermato la sua funzione sull’ipotalamo, regione del cervello coinvolta nella regolazione dell’appetito e della sazietà. La Nutrigenetica è la scienza che studia le varianti genetiche che determinano la risposta individuale a specifici nutrienti e consente di progettare interventi dietetici volti a prevenire o trattare specifiche patologie.
Cosa mangiare
Sono consigliati tutti i cibi ricchi di prebiotici, sostanze non digeribili come le fibre, tra cui l’inulina e gli oligosaccaridi fermentescibili che, a livello dell’intestino crasso, stimolano selettivamente la crescita e l’attività metabolica di gruppi microbici importanti per il buon funzionamento dell’organismo. Piante ricche di inulina sono quella appartenenti alle Liliaceae (aglio, cipolla, scalogno, porri, asparagi sono solo alcuni), Compositae (cicoria e carciofi) e in generale tutti i vegetali ricchi in fibra.
Nel colon i prebiotici sono convertiti dal microbiota in biomassa batterica, acidi organici, acido lattico e acidi grassi a catena corta (SCFA). I tre principali acidi grassi a catena corta sono acetato, butirrato e propionato e diversi studi hanno riportato il loro ruolo protettivo nei confronti dell’obesità. In particolare, la somministrazione orale di acetato e butirrato contrastano l’aumento di peso indipendetemente dalla quantità di cibo che si mangia.
Il propionato invece si pensa che stimoli la produzione della leptina, l’ormone della sazietà. In alcuni casi, il cambio di dieta potrà manifestarsi in piccoli disturbi intestinali transitori come meteorismo, proprio perché il nostro intestino si dovrà abituare alle nuove “condizioni di lavoro”.
Cambiando le abitudini alimentari e quindi l’apporto di proteine, grassi e carboidrati, aumentando in particolare la quantità di fibra, si può modificare la “comunità ecologica” del nostro intestino. Non siamo quindi quello che mangiamo, ma siamo ciò che diamo da mangiare ai nostri batteri.