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Inbreeding: un pericolo per la biodiversità

Quasi tutti sappiamo che, nell’essere umano, una relazione tra parenti può essere “pericolosa”. I figli generati da un matrimonio tra consanguinei, infatti, rischiano un’anomalia congenita in maniera superiore rispetto alla media. In questo articolo parleremo dell’inbreeding dunque l’accoppiamento tra individui consanguinei. La forte somiglianza dei DNA dei genitori, infatti, può essere causa dell’insorgenza di numerose problematiche nella progenie: nanismo, sindrome di Down, labbro leporino, disturbi mentali, emofilia, sistema immunitario debole.

Lo studio

Il dott. Eamonn Sheridan, ricercatore presso il St. James’s University Hospital di Leeds, nel 2013 ha pubblicato uno studio su The Lancet che ha analizzato il rischio di malformazioni, coinvolgendo oltre undicimila bambini della cittadina di Bradford.

Lo studio è giunto alla conclusione che concepire un bambino con un proprio consanguineo aumenta di molto il rischio di anomalie: in particolare, il matrimonio tra cugini di primo grado può raddoppiare il rischio di dare alla luce un bambino con difetti congeniti cardiaci e polmonari o con sindrome di Down, anche se il rischio assoluto è basso.

Se nell’essere umano dunque questo rischio è noto, e frutto di eventi che comunque sono da considerarsi non usuali, nel mondo animali l’accoppiamento tra consanguinei è una circostanza non rara che può rappresentare un enorme problema per la sopravvivenza di alcune specie.

Inbreeding

In genetica, con il termine di inbreeding, o inincrocio, si intente l’accoppiamento tra individui consanguinei, il cui grado di parentela risalga a tre o quattro generazioni precedenti. In una popolazione animale infatti che, per qualche motivo legato a condizioni ambientali o antropiche, sia composta da pochi individui (meno di 100) ed isolata per molte generazioni, sarà alta la probabilità di accoppiamento tra animali imparentati, soprattutto con il succedersi delle generazioni.

Schema della successione genetica in un caso di inbreeding. L’accoppiamento tra consanguinei provoca una fissazione di geni omozigoti deleteri (aa); l’allele recessivo dannoso prima era mantenuto silente in eterozigosi (Aa).

L’inincrocio che certamente sarà presente quindi attiverà un pericoloso processo graduale, lento ma letale sul lungo termine. Il risultato di questi eventi saranno sempre più bassi livelli di variazione genetica, necessaria per l’evoluzione adattativa, e accumulazione e fissazione di geni deleteri: alcuni alleli recessivi, infatti, normalmente mantenuti silenti in una condizione di eterozigosi, sono deleteri solo se in omozigosi.

Il coefficiente di inbreeding

Dal valore compreso tra 0 e 1, che indica la probabilità che due geni omologhi di un individuo siano identici per discendenza. Ad esempio, F = 0 corrisponde a una omozigosi attesa del 50% (accoppiamenti random), mentre F = 1 indica una omozigosi attesa del 100% (inbreeding).

Formula del coefficiente di inbreeding F.

Tutte le condizioni sfavorevoli generate nella prole dall’aumento della consanguineità, che nell’insieme vengono definite come depressione da inbreeding, si manifestano prevalentemente nei caratteri che riguardano la fitness dell’animale, ovvero nella sua capacità riproduttiva e di sopravvivenza in un dato ambiente, in particolare tenendo conto del contributo che un individuo di una certa specie è capace di trasmettere alle generazioni successive in termini di patrimonio genetico.

I principali effetti dell’inbreeding ricadono su:

  • Tasso natalità
  • Tasso mortalità
  • Peso alla nascita
  • Anomalie morfologiche
  • Sopravvivenza
  • Riproduzione
  • Resistenza alle malattie
  • Predazione
  • Stress ambientale

Tutti questi effetti negativi sulla prole, ovviamente, possono nel tempo condurre ad un maggior rischio di estinzione della specie.

Un esempio di effetti dell’inbreeding in un esemplare di tigre.

Cause

L’inbreeding, come già detto, è un fenomeno che incorre in popolazioni animali piccole ed isolate. La causa principale della formazione di questo tipo di popolazioni è dovuta alla perdita di habitat. Il problema principale a monte è la frammentazione del territorio, che può essere causata da fenomeni naturali (terremoti, deriva dei continenti, esondazioni, passaggio di corsi d’acqua); ma come al solito la causa principale è sempre da ricercarsi nell’uomo.

La costruzione di strutture quali città, strade e infrastrutture di ogni genere, sottrae habitat naturale agli animali e costituisce per molti una barriera impermeabile, che divide e isola gruppi di individui. Talvolta, anche la mancata gestione di aree da parte dell’uomo può risultare dannosa: ad esempio, l’abbandono di aree rurali e il conseguente rimboschimento naturale, sottrae habitat alle farfalle (che vivono in  prati aperti) che, a causa di barriere insuperabili (gli alberi) rimangono isolate in zone ristrette.

Le piccole popolazioni animali che si formano in seguito a tutti questi avvenimenti saranno quindi isolate da altre popolazioni della stessa specie a causa di queste barriere, e non ci sarà né immigrazione né emigrazione. Se non vi saranno quindi individui che si allontanino dalla popolazione né nuovi individui che subentrino, gli accoppiamenti avverranno sempre e solo tra un numero ristretto di individui, che con il trascorrere delle generazioni saranno tutti o quasi consanguinei.

Questo condurrà certamente ad una variabilità genetica molto ristretta all’interno della popolazione. Inoltre, i geni deleterei generati dalle relazioni di inbreeding non verranno necessariamente eliminati nel tempo dalla selezione naturale, perchè nelle piccole popolazioni predominano meccanismi di deriva genetica: processi che mantengono o meno i geni nel corso delle generazioni, ma secondo un processo del tutto casuale. Per tutti i motivi sopra citati, il fenomeno genetico dell’inbreeding può essere considerato una grande minaccia per la biodiversità animale, che nel lungo termine potrà portare all’estinzione di numerose specie.

Soluzioni

L’ininicrocio purtroppo non è un problema che interessa un ristretto numero di specie animali. Anzi, questo meccanismo genetico riguarda specie appartenenti ad ogni gruppo animale: rettili, uccelli, pesci, farfalle, piccoli e grandi mammiferi.

Per poter agire in tempo ed evitare che i danni generati dall’inbreeding si sviluppino nel tempo, esistono diverse strategie. L’obiettivo principale da parte dell’uomo sarebbe quello di impedire la frammentazione degli habitat. Oltre che all’evitare la costruzione di opere in aree sensibili, l’uomo può impegnarsi nella costruzione di corridoi ecologici, strisce di territorio che mantengano la comunicazione tra gli habitat di una specie, attraversando le “barriere” che impediscono lo spostamento di animali da una popolazione all’altra.

Un esempio di corridoi ecologici: gli habitat della specie vengono interconnessi tra loro, permettendo lo spostamento degli animali e un continuo scambio genico.

Esempi di corridoi ecologici possono essere aree che permettano ad animali di attraversare le città (piste ciclabili, viali alberati), strutture che permettano l’attraversamento di strade in sicurezza (tunnel e ponti specie-specifici), zone prive di alberi che attraversino i boschi collegando prati. Qualora la creazioni di corridoi non sia possibile, sarà necessario che l’uomo attui traslocazioni di animali da una popolazione all’altra, prendendo personalmente individui della specie in un’area e spostandoli in altre popolazioni.

Mettendo in atto queste semplici soluzioni, l’uomo potrebbe impedire l’isolamento delle popolazioni animali ed evitare di perdere la diversità genetica che permette alle specie di adattarsi e non scomparire. La conservazione della biodiversità animale è nelle mani dell’uomo.

Bibliografia

  • Cheptou, Pierre‐Olivier, and Kathleen Donohue. “Environment‐dependent inbreeding depression: its ecological and evolutionary significance.” New Phytologist 189.2 (2011): 395-407.
  • Dasmahapatra, K. K., R. C. Lacy, and W. Amos. “Estimating levels of inbreeding using AFLP markers.” Heredity 100.3 (2008): 286-295.
  • Keller, Lukas F., and Donald M. Waller. “Inbreeding effects in wild populations.” Trends in Ecology & Evolution 17.5 (2002): 230-241.
  • Sheridan, Eamonn, et al. “Risk factors for congenital anomaly in a multiethnic birth cohort: an analysis of the Born in Bradford study.” The Lancet 382.9901 (2013): 1350-1359.
  • Schiegg, Karin, et al. “Inbreeding in red-cockaded woodpeckers: effects of natal dispersal distance and territory location.” Biological Conservation 131.4 (2006): 544-552.
  • Wright, Sewall. “Coefficients of inbreeding and relationship.” The American Naturalist 56.645 (1922): 330-338.
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