Il polietilene è uno dei più semplici monomeri sintetici, alla base della produzione delle materie plastiche; la quantità di polietilene prodotto è enorme (53 milioni di tonnellate nel 2013), e parte di questo finisce inevitabilmente nell’ambiente: uno studio del 2015 (Jambeck et al. 2015) ha stimato una quantità di plastica tra 4.8 e 12.7 milioni di tonnellate immessa negli oceani ogni anno.
Il problema fondamentale delle materie plastiche in ambiente è la loro scarsissima biodegradabilità; sono note pochissime specie in grado di degradare tali sostanze, tra cui un larva di coleottero capace di nutrirsi di polistirolo (BioPills ne aveva parlato qui), capacità legata probabilmente a batteri presenti nel tratto digerente dell’insetto.
Questo campo di indagine è stato ampliato da un recente studio pubblicato su Science (Yoshida et al. 2016), in cui si riferisce la scoperta di una nuova specie di batterio in grado di nutrirsi e di degradare il polietilene. Il batterio in questione, Ideonella sakaiensis, è in grado di usare il polietilene come fonte di energia e carbonio, producendo due enzimi in grado di degradare questa sostanza a due monomeri altamente biodegradabili. L’origine di questo corredo enzimatico, riferiscono gli autori dello studio, è enigmatica, in quanto solo per alcuni enzimi sono state trovate proteine omologhe in altri microrganismi.
Questa scoperta apre in ogni caso nuove prospettive per l’utilizzo di microrganismi nella degradazione delle materie plastiche, sia in opere di biorimediazione di siti contaminati ma anche nel riciclo delle materie plastiche.
Riferimenti
- Yoshida, Shosuke, et al. “A bacterium that degrades and assimilates poly (ethylene terephthalate).” Science 351.6278 (2016): 1196-1199.
- Jambeck, Jenna R., et al. “Plastic waste inputs from land into the ocean.” Science 347.6223 (2015): 768-771.