Nel 1800 le interpretazioni riguardo il comportamento degli Icneumonidi, insetti parassitoidi che depongono le uova all’interno di altre specie di invertebrati, portarono ad un dibattito non solo naturalistico ma anche di carattere teologico. “Riconosco che non posso vedere, così come altri le vedono e come anch’io desidererei vedere, le prove di un disegno e di una benevolenza divina verso di noi. Mi pare che nel mondo ci sia troppa sofferenza. Non riesco a persuadermi che un Dio benefico e onnipotente abbia volutamente creato gli Icneumonidi con l’espressa intenzione che essi si nutrano entro il corpo vivente dei bruchi”. Così scriveva Charles Darwin in una lettera destinata al botanico statunitense Asa Grey nel 1860.
Effettivamente gli Icneumonidi, famiglia di insetti appartenenti all’ordine degli Imenotteri, furono una vera spina nel fianco per i teologi naturali del XIX secolo. Come potevano giustificare le abitudini violente di queste creature ed allo stesso tempo sostenere la benevolenza assoluta del Dio che le aveva create?
Gli Icneumonidi sono parassitoidi
Le femmine tramite l’ovopositore depongono le proprie uova all’interno di altre specie di invertebrati paralizzandoli con una tossina. Generalmente colpiscono larve di lepidotteri, ma anche afidi adulti e ragni. Dopo la schiusa delle uova le neonate larve divorano dall’interno l’ospite.
Molte specie iniziano il banchetto dai depositi di grassi e dagli organi di digestione lasciando per ultimi gli organi vitali in modo da mantenere viva la fonte di cibo il più a lungo possibile. In questo modo evitano che l’ospite vada in putrefazione ma allo stesso tempo prolungando inevitabilmente l’agonia della vittima.
La famiglia degli Icneumonidi comprende più specie di tutti i vertebrati messi insieme, inoltre il fenomeno del parassitismo è diffuso in molte altre famiglie di Imenotteri e in altri ordini di insetti come i Ditteri. Risultava quindi molto difficile per i teologi tentare di risolvere la questione semplicemente considerando i parassitoidi come aberrazioni.
Le strategie adottate per aggirare dal punto di vista teologico questo paradosso furono svariate
Venne esaltato lo sforzo compiuto dagli Icneumonidi per garantire la sopravvivenza della prole ignorando completamente le sorti della vittima parassitizzata, oppure venne sottolineata la pericolosità dei bruchi nell’agricoltura e quindi si tentò di considerare l’attività di questi parassitoidi come una limitazione divina ai danni causati dagli insetti alle coltivazioni. Altri ancora sostenevano che non essendo le bestie esseri morali, dai loro comportamenti non si potevano trarre messaggi etici, oppure che gli animali fossero insensibili al dolore.
Al di là delle convinzioni soggettive risulta comunque sempre difficile valutare comportamenti che riteniamo cruenti da parte di specie animali abbandonando completamente una concezione etica o emotiva, ed è uno dei motivi per i quali dinamiche come il parassitoidismo possono facilmente diventare fonti di speculazione a sostegno delle più disparate tesi. Questo concetto è ben esposto nel saggio “Natura non morale” di Stephen Jay Gould, professore di Geologia, Biologia e Storia della scienza all’Università di Harvard:
“La nostra incapacità di discernere nella natura un bene universale non attesta una mancanza di intelligenza o di ingegnosità , ma dimostra semplicemente che la natura non contiene messaggi morali formulati in termini umani. Le soluzioni del problema morale non possono essere lette passivamente nella natura; esse non emergono, e non possono emergere dai dati della scienza”.
Probabilmente la migliore conclusione la espone ancora una volta Darwin. Sempre nella lettera indirizzata a Grey si espresse così a proposito del ricercare, attraverso la natura, di distinguere il Bene e il Male:
“Io sento, nell’intimo mio, che l’intero argomento è troppo profondo per l’intelletto umano. Sarebbe come se un cane si mettesse a speculare sulla mente di Newton. Lasciamo che ogni uomo speri e creda in ciò che può”.
Fonte: Gould S. J., 1984 Quando i cavalli avevano le dita. Misteri e stranezze della natura. Feltrinelli, Milano, pp. 415