Questo articolo non verterà sulla comprovata efficacia dei vaccini, esiste già un articolo molto completo sull’argomento: I vaccini: Cosa sono? Sono nocivi? Ripercorreremo insieme le tappe salienti del caso mediatico che creò la madre di tutte le bufale, per meglio comprendere le motivazioni che portarono Wakefield a sostenere la tesi assurda che i vaccini provocano l’autismo.
Storia di un inganno
Era il 28 febbraio 1998 e THE LANCET alla pagina 637 pubblicava quella che 21 anni dopo resta ancora la fake news meglio architettata e più pericolosa dei tempi moderni. L’allora medico, dottor Wakefield, insieme a 12 scienziati del Royal Free hospital di Londra iniziarono nel 1996 a studiare la correlazione tra il vaccino trivalente MMR (morbillo, parotite e rosolia) e l’insorgenza di una “nuova” patologia: l’enterocolite autistica.
La patologia scoperta da Wakefield a suo dire era stata riscontrata solamente in soggetti affetti da autismo e questo portò il medico inglese a ipotizzare che potesse essere proprio la degenerazione dell’enterocolite a portare ai disturbi dello spettro autistico. In sostanza la malattia scoperta da Wakefield, la cui esistenza nel 2010 è stata smentita definitivamente, altro non era che una diversa forma di enterocolite che alla sua fase più critica portava all’autismo differentemente dall’enterocolite semplice che non degenera in disturbi dello spettro autistico.
Wakefield dichiarò inoltre che 8 soggetti su 12 in studio, colpiti da enterocolite autistica avevano ricevuto l’inoculazione del vaccino trivalente, mettendo quindi in collegamento il vaccino MMR e la comparsa dei disturbi dello spettro autistico.
La conclusione dell’articolo cita tuttavia:
“We did not prove an association between measles, mumps, and rubella vaccine and the syndrome described. Virological studies are underway that may help to resolvethis issue”
–
“Non abbiamo trovato una correlazione tra vaccino per morbillo, parotite e rosolia e la sindrome descritta. Studi virologici sono già in atto e potranno aiutarci a risolvere il problema”
Uno studio, quella del dottor Wakefield, che alla lettura dei risultati non portò a un collegamento causale tra vaccino MMR e disturbi dello spettro. Tuttavia, al medico venne concesso ampio spazio nei media. Tanto che Wakefield poté dichiarare alla BBC che il vaccino trivalente fosse causa dell’insorgenza dell’autismo e che era necessario interrompere la somministrazione di quest’ultimo in favore dei singoli vaccini. Questa scandalosa dichiarazione portò sin da subito la comunità scientifica a ricercare ulteriori conferme e porre rimedio a un potenziale errore di portata globale.
Immediatamente l’OMS fondò una commissione per l’investigazione sulla sicurezza vaccinale, nasce quindi la Global Advisory Committee on Vaccine Safety.
Già nel 2000 l’American Academy of Pediatrics (AAP) durante una conferenza organizzata ad hoc aveva analizzato approfonditamente ciò che Wakefield sosteneva, dichiarando già allora che un collegamento di questo tipo risultava improbabile e che le prove non erano sufficienti a supportare la tesi di Wakefield.
Nel 2002 quattro anni dopo la pubblicazione da parte di Wakefield del paper “incriminato” dal titolo “Ileal-lymphoid-nodular hyperplasia, non-specific colitis, and pervasive developmental disorder in children”, in cui appunto si esaminava la correlazione tra vaccino ed enterocolite autistica, la commissione per la sicurezza vaccinale a seguito di ricerche incrociate con diversi laboratori sparsi per il globo pubblicava un report molto approfondito in cui escludeva ogni possibile collegamento tra vaccino MMR e insorgenza di autismo.
Il problema principale in questo caso oltre ai riflettori puntati su Wakefield e sulle sue dichiarazioni così allarmanti, è stato il tempismo. Difatti, se da una parte c’era la volontà degli scienziati di indagare su questo presunto collegamento e approfondire lo studio sottostando ai tempi necessari per il superamento della burocrazia (autorizzazioni, approvazioni da parte di commissioni etiche, peer review) e la pubblicazione dei risultati, dall’altra vi era una pubblicazione che era già stata sottoposta alle lungaggini burocratiche anni prima e che si trova già consultabile su una delle riviste scientifiche più autorevoli, con decine di citazioni in altre pubblicazioni.
Il tempo è stato quindi un elemento a favore di Wakefield, almeno per i primi 4 anni, nei quali la comunità scientifica analizzava dati su dati per riprodurre l’esperimento del medico e questi si prendeva frattanto quanto più spazio trovava sui media divulgando il suo messaggio.
La situazione restò più o meno stabile fino al 2004, con la comunità scientifica coesa, incapace di farsi ascoltare ma in possesso di dati in grado di confutare le tesi risultanti dagli esperimenti di Wakefield, e questi dall’altra parte che accumulava seguaci alle sue idee e accresceva la sua fama, adesso anche all’interno delle comunità online e dei forum sempre più pieni.
L’inchiesta e la svolta
Dove la scienza è stata debole, lo stesso non si è potuto dire, fortunatamente, del giornalismo d’inchiesta. Proprio grazie ad un reporter specializzato in inchieste sul campo della medicina, la bolla di menzogne creata dal ricercatore britannico è scoppiata.
Brian Deer, reporter britannico del Sunday Times, sin da subito iniziò ad investigare sui metodi d’analisi utilizzati da Wakefield, scoprendo diverse irregolarità, ad esempio l’acquisto di campioni di sangue da compagni di classe di suo figlio in occasione del compleanno di quest’ultimo. Deer accumulò diverse prove, e dal 2004 al 2010 pubblicò una serie di articoli allo scopo di portare alla luce la verità. Ciò che venne fuori dalle inchieste di Deer fu che Wakefield aveva non solo falsato i risultati utilizzando campioni ottenuti in modo irregolare ma che questi aveva anche dichiarato autistici 3 soggetti i quali non avevano mai ricevuto una diagnosi per l’autismo e in altri 5 soggetti i sintomi si erano presentati prima della somministrazione del vaccino.
Oltretutto Deer notò che nel 1998 Wakefield aveva avviato il processo di registrazione di un brevetto su un vaccino anti morbillo e che quindi fosse proprio nel suo interesse il ritiro del vaccino trivalente in favore dei singoli vaccini. Inoltre, insieme al padre di uno dei soggetti dello studio Wakefield aveva programmato la produzione e la vendita di un dispositivo per la diagnostica dell’enterocolite autistica da lui “scoperta” che gli avrebbe fruttato circa 43 milioni di dollari l’anno.
Per tutto questo e per altre irregolarità, nel 2010 il General Medical Council (GMC) giudicò la condotta di Wakefield disonesta e anti-etica e questo fece si che il medico venisse radiato dall’ordine. The Lancet dopo 12 anni ritirò l’articolo, che risulta ancora visionabile ma con una bella filigrana rossa con impresso “RETRACTED” a futura memoria di ciò che è successo e di cui ancora oggi subiamo le conseguenze.
Le conseguenze globali
Ancora oggi l’eco delle menzogne di Wakefield risuona nella voce di migliaia di persone. Un fattore molto importante che ne ha permesso la diffusione a macchia d’olio è stato lo sviluppo della tecnologia smart e di conseguenza l’accesso al web alla portata di tutti. Così i più malintenzionati hanno avuto l’opportunità di distorcere l’informazione scientifica per mantenere viva una credenza completamente falsa e frutto di un imbroglio, alimentando così teorie di complotti ai danni della popolazione.
La creazione, la diffusione e l’adesione a teorie del complotto non è però solo opera di malintenzionati: il complottismo è una complessa dinamica psicologica che coinvolge fattori diversi, dal grado di istruzione al bisogno di sentirsi al sicuro nelle proprie convinzioni.
Nell’individuo complottista si instaura un sentimento di repulsione nei confronti di una realtà più grande di lui, fuori dal suo controllo, che si unisce alla volontà di sentirsi per così dire speciale, come un detentore di una verità ad altri occulta. Spesso l’astio è così forte e insito nell’individuo che anche una chiarissima e onesta attività di debunking non porta ad altro che a una maggior avversione verso l’oggetto del complotto. Così, le aziende farmaceutiche diventano, nell’immaginario complottista, Big Pharma, con interessi puramente economici e non legati al prodotto che commercializzano.
Ovviamente le varie sfaccettature delle teorie del complotto no-vax non si limitano solamente al caso Wakefield ma vi sono decine di teorie del complotto circolanti sul web. Nonostante una divulgazione scientifica sempre più presente e alla portata di tutti, qualcuno ancora casca nella trappola.
In fondo internet è una piazza bellissima dove chiunque può avere lo spazio per esprimere la propria opinione, più o meno come avviene con una birra in mano seduti al bancone scambiandosi le famose “chiacchiere da bar”. Se però una bufala raccontata al bar resta confinata nell’area del bancone, lo stesso non succede con il World Wide Web che ingigantisce il bancone e il parco clienti del “bar” a qualche miliardo.
Così una notizia scandalo a posteriori falsa diventa un allarme generale di portata mondiale, di cui ancora oggi possiamo saggiare le conseguenze su una porzione di popolazione vittima di fake news.
Per quantificare l’entità del problema odierno basti pensare che le maggiori piattaforme quali: Facebook, Google, Yahoo, Microsoft Bing… stanno sviluppando delle A.I. per monitorare la veridicità della fonte al fine di evitare condivisioni di fake news e bufale.
I no-vax del XVIII secolo e l’eradicazione del vaiolo
La contestazione a ciò che è sconosciuto non è nuova a questo mondo, così come non lo è la contestazione no-vax. Edward Jenner, padre della tecnologia della vaccinazione vissuto nel secolo illuminista, notò che alcuni malati di vaiolo, principalmente allevatori, non manifestavano i sintomi tipici dell’infezione e soprattutto non ne morivano.
Iniziò quindi a studiare a fondo i meccanismi di contagio e decorso della malattia, intuendo che vi fossero ceppi differenti: il “Cowpox” che colpiva le mucche e che infettando gli uomini non provocava loro un’infezione mortale e il ceppo umano che invece risultava ben più letale. Durante il suo studio Jenner notò che gli allevatori ammalati con il ceppo Cowpox una volta guariti non si ammalavano nuovamente anche se venivano a contatto con il ceppo umano.
Dedusse quindi che dovesse esserci un elemento comune a entrambi i ceppi e che questo fosse sufficiente per ottenere l’immunità anche per il ceppo letale. Accumulò prove e dati e quando fu certo del risultato decise di riprodurre l’esperimento inoculando del siero prelevato dalle pustole degli allevatori infetti con Cowpox al proprio figlio. L’esito del suo esperimento fu un successo, difatti il figlio manifestò una forma leggerissima di malattia che non provocò nessun esito avverso e in più questi risultava immune anche al ceppo umano letale.
Jenner scrisse di ciò che aveva studiato ne “On the origin of the vaccine inoculation” del 1801
In meno di 10 anni questo esperimento venne perfezionato in una applicazione pratica che, per via del fatto che utilizzava proprio il ceppo vaioloso delle vacche (“vaccino”), divenne noto come vaccinazione. La sua applicazione su larga scala fu aspramente criticata sia, in principio, dalla comunità scientifica, sia dalla popolazione che credeva come succede oggi che ci fossero degli interessi economici alle spalle di questo processo di immunizzazione globale.
I giornali raffiguravano i vaccinati come bambini con la pelle chiazzata come le vacche o con corna vaccine. Vennero pubblicati diversi libri di denuncia a Jenner e al suo metodo, infangando il suo operato e mettendo in cattiva luce l’efficacia del vaccino tentando di frenare l’opera di eradicazione del vaiolo. [tutto questo non vi ricorda qualcosa?]
La storia ci dice anche che 150 anni dopo grazie all’imposizione della obbligatorietà vaccinale il vaiolo è stato debellato e che l’ultimo malato di vaiolo, Ali Maow Maalin, risulta essere guarito nel 1977, dando fine così ad una piaga di cui si ritrovano tracce sin dall’antico Egitto.
Non basti il caso del vaiolo per dare una prova che la eradicazione di malattie tramite la vaccinazione è possibile, prendiamo in esempio il caso del Poliovirus. Nel ‘900 con un picco intorno al 1950 non era raro trovare soggetti che avessero perso l’uso di uno o più arti proprio a causa di questo enterovirus.
Nei casi più gravi se la malattia arrivava a colpire i muscoli del torace i bambini, vittime d’elezione del virus, erano costretti a vivere all’interno di una gabbia d’acciaio, il polmone artificiale, incapaci di respirare autonomamente. Ad oggi non esiste una cura efficace e l’unico sistema di difesa è la vaccinazione. Fu proprio grazie alla vaccinazione disponibile in Italia dal 1957 che in circa 25 anni si riuscì a debellare questo virus dal nostro paese che risulta Polio-free dal 1982. A livello globale la situazione migliora di anno in anno. Secondo il CDC nel 2017 si sono verificati 7 casi in Afghanistan e 5 in Pakistan.
Il sottoscritto pensa che solo un’analisi razionale dei fatti storici possa salvarci dal pericolo che eventi del genere possano accadere ancora in futuro. E in conclusione, forse l’efficacia del vaccino è provata dal fatto che la gente abbia dimenticato come fosse la vita prima di questo.
Collegamenti esterni
- How the vaccine crisis was meant to make money – Brian Deer
- How the case against the MMR vaccine was fixed – Brian Deer
- Global Advisory Committee on Vaccine Safety, 20–21 June 2002 – WHO
- The MMR vaccine and autism: Sensation, refutation, retraction, and fraud – T. S. Sathyanarayana Rao and Chittaranjan Andrade
- RETRACTED: Ileal-lymphoid-nodular hyperplasia, non-specific colitis, and pervasive developmental disorder in children – Wakefield
- Italy’s Vaccination Rates Raise Government’s Concern – Wall Street Journal
- On the Origin of the Vaccine Inoculation – Edward Jenner
- The original anti-vaxxers – Gareth Williams