Le plastiche sono probabilmente il materiale più diffuso al mondo. La produzione industriale, iniziata quasi 70 anni fa, non sembra voler calare. Anzi, si prospetta persino un aumento nei prossimi 20 anni. Tuttavia, ciò che ha fatto il successo delle plastiche (durata, stabilità, basso costo) ha anche un effetto deleterio sull’ambiente, in particolare per quanto riguarda il processo di degradazione che ha tempi estremamente lunghi e, allo stesso tempo, impatta negativamente sul biota in quanto durante tale processo le plastiche rilasciano svariate sostanze chimiche dannose.
La ricerca
Le plastiche più comuni, come il Polietilene (che rappresenta il 36% della produzione) o il Polistirene e altre, rilasciano gas Metano, uno dei principali gas serra, ed Etilene che reagendo in atmosfera con ioni OH forma Monossido di Carbonio.
Dei ricercatori dell’Università delle Hawaii hanno testato vari tipi di plastiche sia in campioni “da laboratorio” che “reali” per stabilire la quantità di gas rilasciato nell’ambiente e quale fattore ambientale incida maggiormente nel processo, cambiando sia la morfologia e la densità dei campioni che i fattori ambientali stessi.
Ogni campione è stato esposto a radiazione solare e ad acqua di mare per alcuni giorni, in modo da misurare la quantità di gas rilasciato. Gli esperimenti hanno mostrato che tutti i tipi di plastica testati producono Metano ed Etilene quando esposti alla luce solare, mentre se tenuti al buio questi gas vengono rilasciati in quantità notevolmente minore o non vengono rilasciati affatto.
In particolare il Polietilene a Bassa Densità (LDPE) si è rivelata essere la plastica che produce la maggior quantità di entrambi i gas quando esposta alla luce. Inoltre la produzione di gas risulta maggiore nei campioni esposti all’aria che in quelli immersi in acqua.
Un altro effetto della degradazione nell’ambiente è inoltre lo spezzettamento del materiale in unità più piccole, aumentando quindi l’area esposta agli elementi. Questo si traduce in un aumento nella concentrazione rilevata di entrambi i gas dopo un certo numero di giorni.
Un’ipotesi è che il LDPE produca più gas a causa della sua struttura molecolare, della sua morfologia e della sua densità e che inoltre l’aggiunta di plasticizzanti contribuisca alla formazione di questi gas.
Gli effetti a lungo termine
L’evienza che a rilasciare gas serra siano anche plastiche “vecchie” oltre che plastiche “vergini”, è indice che questi materiali continuano ad avere un effetto sull’ambiente per un periodo indeterminato. Si ha quindi una sorta di reazione a catena per cui la fotodegradazione della plastica aumenta l’area esposta ai fattori ambientali come la radiazione solare, provocando il rilascio in atmosfera di Metano ed Etilene, questa degradazione a sua volta aumenta ulteriormente l’area esposta.
A questo fenomeno va aggiunta la presenza sempre maggiore delle cosiddette microplastiche, particelle minuscole di materiale rilasciate nell’ambiente, le quali hanno nel loro insieme un’area superficiale molto maggiore rispetto a quella del materiale di partenza.
Tutti questi fattori ci indicano che, man mano che gli oggetti di plastica vengono sminuzzati e si degradano, l’emissione di gas serra in atmosfera per unità di massa aumenta e che questo fenomeno di emissione continua per tutta la durata della vita del materiale.
In un mondo in cui la temperatura media aumenta sempre di più, l’emissione massiccia di gas serra da parte di materiali tanto diffusi come i materiali plastici non è un fenomeno da ignorare. Sono anzi auspicabili maggiori ricerche sull’argomento e una maggiore attenzione al riciclo e a non disperdere plastica nell’ambiente.
Fonte: Royer S-J, Ferròn S, Wilson ST, Karl DM (2018) – Production of methane and ethylene from plastic in the environment. – PLoS ONE 13(8)