I diamanti sono stati da sempre oggetto del desiderio delle donne e definiti i “migliori amici delle ragazze” nel celebre film con Marilyn Monroe del 1953. Scoperti nel 1963 dal fisico Ucraino Vladimir Danilenko, i nanodiamanti stanno emergendo come un materiale dalle proprietà straordinarie.
Cosa sono i nanodiamanti?
A occhio nudo si presentano come delle polveri che vanno dal grigio al nero, a seconda dei metodi di sintesi e del successivo trattamento ai quali vengono sottoposti e hanno le dimensioni dei nanometri.
Al contrario degli altri nanomateriali, la loro struttura è molto particolare.
Essi sono costituiti da un nucleo di diamante coperto da superfici concentriche di materiale grafitico e sulla superficie più esterna possono essere presenti gruppi carbossilici, alcolici, epossidici ed esterei. La presenza di questi gruppi è di fondamentale importanza per poter aumentare la dispersibilità in acqua del materiale, aspetto fondamentale per l’applicabilità di questi sistemi in ambito biologico.
Per la presenza di tali gruppi inoltre è possibile modificare la superficie e legare specifiche molecole organiche o farmaci.
Gli studi
Diversi studi hanno dimostrato la possibile internalizzazione dei nanodiamanti all’interno delle cellule e la loro interazione con alcuni degli organelli presenti in esse come i mitocondri. In base al nucleo di diamante e a possibili difetti strutturali, i nanodiamanti possono risultare fluorescenti e quindi facilmente rilevabili all’interno delle cellule.
Come per altre nanoparticelle, la superficie dei nanodiamanti può essere funzionalizzata con vari ligandi biologici così da incrementare la loro abilità nel penetrare le cellule. Esperimenti di citotossicità effettuati su neuroblastomi, cheranociti e cellule PC-1 hanno evidenziato una maggiore biocompatibilità dei nanodiamanti rispetto ad altri nanomateriali.
Considerando la loro elevata biocompatibilità e bassa tossicità, i nanodiamanti possono essere utilizzati per veicolare farmaci all’interno delle cellule.
In uno studio del 2007 il prof. Ho e i suoi collaboratori hanno dimostrato l’incredibile capacità dei nanodiamanti nel veicolare la doxorubicina cloridrato, conosciuta come antibiotico ad azione antitumorale appartenente alla famiglia delle antracicline.
Nanodiamanti boro-dopati sono stati invece largamente studiati e utilizzati per la costruzione di biosensori, specialmente a seguito di modificazioni superficiali con molecole o altre nanoparticelle. In un recente studio del 2015 elettrodi di nanodiamanti modificati con nanoparticelle di argento sono stati usati come sensori per la tioridazina, un farmaco antipsicotico, ottenendo risultati molto promettenti.
Viste le uniche proprietà dei nanodiamanti, non resta che attendere ulteriori sviluppi riguardanti l’applicabilità di tale nanomateriale in ambito biologico e medico.
Fonti
- http://www.nature.com/nnano/journal/v7/n1/abs/nnano.2011.209.html
- http://or.nsfc.gov.cn/bitstream/00001903-5/210822/1/1000012006189.pdf