Hai mai udito il suono del silenzio?
Il suono è quella sensazione percepita continuamente, instancabilmente ad ogni attimo dal nostro apparato uditivo. Il suo opposto invece, il silenzio, pare che abbia davvero una vita alquanto effimera, ridotta all’infinitesimo, se non impensabile; chissà quante volte sarà capitato alle nostre maestre alle scuole elementari di invocare quel tanto complicato silenzio e una volta ottenuto, il risultato non fu nient’altro che un suono tanto labile, da non essere percepito dal nostro orecchio, dandoci così una sensazione di silenzio. Il suono dunque è sensazione mentre il silenzio è solamente un’illusione umana, anch’esso sensazione ma impercettibile al nostro sistema uditivo. Il suono dal punto di vista fisico è vibrazione d’aria. Il silenzio, invece, lo si avrebbe se tutte le particelle cessassero di muoversi, fatto impossibile dal momento che tutto è in continuo movimento: l’universo è in continua espansione. Qualcuno ha provato a sfidare la fisica del suono, creando delle camere, dette anecoiche, all’interno delle quali si può avere una vaga idea di cosa sia il silenzio assoluto.
Un artista che per primo si rese conto dell’ impossibilità del silenzio assoluto fu John Cage. Egli fu un musicista vissuto nel 1900, considerato una delle personalità più influenti della musica contemporanea. Alla fine degli anni ’40 visita la camera anecoica dell’università di Harvard, una stanza insonorizzata e acusticamente trattata, in cui poter “ascoltare il silenzio“.
Cage racconta della sua esperienza: «In quella stanza silenziosa sentii due suoni, uno alto e uno basso. Più tardi, chiesi all’ingegnere perché, se la stanza era così silenziosa, avessi sentito quei due suoni. Mi chiese di descriverli e così feci. Mi rispose che quello alto era il mio sistema nervoso in funzione, quello basso era invece il suono del mio sangue in circolo». Ciò che ne ricava è la consapevolezza dell’impossibilità del silenzio assoluto.
Il silenzio
Come lo conosciamo noi, è una condizione del suono, è materia sonora: sottolinea e amplifica i suoni, li rende più vibranti, ne preannuncia l’entrata, crea suggestivi effetti di attesa e sospensione. Il silenzio è un mezzo espressivo, è pieno di potenziale significato.
Nel 1952, anche in seguito all’esperienza nella camera anecoica, compone 4’33”, per qualsiasi strumento. L’opera consiste nel non suonare lo strumento. Il titolo dell’opera (4 minuti e 33 secondi: vale a dire 273 secondi) è forse un richiamo alla temperatura dello zero assoluto (–273,15 °C che equivale a zero Kelvin), alla quale le molecole e gli atomi di un sistema sono tutte allo stato fondamentale (ovvero il più basso livello di energia possibile) e il sistema ha il minor quantitativo possibile di energia cinetica permesso dalle leggi della fisica.
Questa quantità di energia è piccolissima, ma sempre maggiore di zero. Un termine dunque irraggiungibile. Il significato del silenzio è la rinuncia a qualsiasi intenzione. La rinuncia alla centralità dell’uomo. Il silenzio non esiste, c’è sempre il suono. Il suono del proprio corpo, i suoni dell’ambiente circostante, i rumori interni ed esterni alla sala da concerto, il mormorio del pubblico se ci si trova in un teatro, il fruscio degli alberi se si è in aperta campagna, il rumore delle auto in mezzo al traffico, lo sfogliare delle pagine di un libro o il click della tastiera del computer se ci si trova in biblioteca.
Cage vuole condurre all’ascolto dell’ambiente in cui si vive, all’ascolto del mondo. È un’apertura totale nei confronti del sonoro. Il silenzio viene inteso come qualcosa di inarrivabile e di impossibile da realizzare perché la nostra natura è quella dell’evoluzione e del continuo movimento per migliorare, per giungere a destinazioni sempre migliori.
Uno dei modelli di 4’33” è Robert Rauschenberg, il pittore amico e amante di Cage che nel 1951 produsse una serie di quadri bianchi, che cambiano a seconda delle condizioni di luce dell’ambiente di esposizione.
Se il silenzio assoluto non esiste, occupiamoci del suono… Il suono è essenzialmente una vibrazione, una rapida variazione di pressione in cui abbiamo compressioni e rarefazioni dell’aria quantificabili attraverso un’onda, prodotta nei più svariati modi possibile, che noi esseri umani percepiamo attraverso l’apparato uditivo ed elaboriamo con il sistema nervoso, grazie al quale distinguiamo rumore, musica, parole e tutti gli altri suoni che giungono alle nostre orecchie.
Essendo prodotto da una vibrazione, cioè da un movimento meccanico ripetuto di un corpo, esso è misurabile. Primo di tutto abbiamo la possibilità di misurarlo in altezza, dunque stabilire il numero di oscillazioni che l’onda compie al secondo. L’unità di misura è l’Hertz. Un normoudente ha una capacità uditiva che va da 20 Hz a 20.000 Hz. C’è di più: quest’ultimo ha una maggiore sensibilità per frequenze comprese tra i 1000 Hz e i 5000 Hz grazie alla risonanza del canale auricolare e alla funzione di trasferimento degli ossicini dell’orecchio intermedio. Frequenze al di sotto e al di sopra dei parametri citati prendono rispettivamente il nome di infrasuoni ed ultrasuoni.
I suoni vengono descritti per il loro timbro
Il timbro è la qualità che, a parità di frequenza, distingue un suono da un altro. Il timbro dipende dalla forma dell’onda sonora, determinata dalla sovrapposizione delle onde sinusoidali caratterizzate dai suoni fondamentali e dai loro armonici.
L’onda sonora viene descritta anche secondo la sua ampiezza: più è ampia l’onda maggiore sarà l’intensità del suono. L’unità di misura è il Decibel. E’ necessario sapere che la descrizione dell’intensità può essere fatta utilizzando i dB SPL (Sound Pression Level) quando si parla di pressione sonora o i dB HTL (Hearing Threshold Level) quando si tratta di sensazione uditiva. La pressione sonora è l’ampiezza dell’onda di pressione e viene misurata utilizzando un microfono e assume come unità di misura il Pascal (Pa).
Partendo dal fatto che l’udito umano non ha la stessa sensibilità a tutte le frequenze, ne deriva che onde sonore a diversa frequenza debbono avere ampiezza diversa affinchè siano percepite.
Proprio per questo motivo, a seguito di esperimenti su campioni normoudenti, è stato introdotto il diagramma di uguale intensità sonora affinchè rappresentasse la misura della pressione acustica (dB SPL), al variare della frequenza, a cui l’ascoltatore percepisce un’intensità costante se sottoposto a un impulso sonoro puro. L’unità di misura dell’intensità sonora è il phon. Tutto ciò significa che l’apparato uditivo di un normoudente è in grado di percepire diverse frequenze a partire da determinati valori di intensità. Il diagramma è limitato verso l’alto al livello 120 dB, corrispondente alla pressione sonora definita come “soglia del dolore”, e verso il basso a -5 dB, corrispondente al minimo livello di pressione sonora di un suono udibile.
Nel diagramma la scala delle frequenze è logaritmica perché l’orecchio umano risponde in modo logaritmico alle variazioni di frequenza. Nelle ascisse troviamo la frequenza, nelle ordinate i dB SPL. Quelle curve formatasi all’interno del grafico indicano invece i dB HTL.
Con un esempio tutto potrebbe sembrare più chiaro. Mettiamo il caso di mandare in cuffia ad un soggetto normoudende un suono puro continuo a 1000 Hz. Egli, molto probabilmente, udirà il suono (lontanissimo, quasi impercettibile) non appena raggiungerà un’intensità pari a 5 dB SPL. Mandiamone uno adesso a 200 Hz: questa volta comincerà a percepire il suono ad un’intensità maggiore rispetto a prima, precisamente di circa 12 dB SPL.
O ancora: affinchè egli percepisca un suono a 5000 Hz basta un’ intensità di -5 dB SPL.
Curva isofonica di Fletcher-Munson
Questo diagramma prende anche il nome di curva isofonica di Fletcher-Munson. Una volta determinata la soglia della percezione uditiva umana è stato possibile semplificare il tutto introducendo il valore in dB-HTL (Hearing Thresold Level) che indica la misura della soglia di percezione del suono in rapporto al livello “normale” della soglia di percezione ottenuto come media di misure fatte su soggetti sani. Il valore in dB-HTL viene utilizzato nell’audiometrio, apparecchio utilizzato per indagare la capacità uditiva in un soggetto.