Il grasso viscerale, che si accumula nella cavità addominale, sembra essere decisamente più pericoloso del grasso sottocutaneo, in quanto predittivo di tutte le patologie cardiometaboliche. Proprio in virtù dei notevoli fattori di rischio associati al suo accumulo, negli ultimi anni la ricerca clinica si è focalizzata nel mettere in luce le potenzialità endocrine del grasso viscerale. Quest’ultimo, quindi, non è semplicemente un organo di deposito del grasso, ma produce e secerne numerosi ormoni e citochine che partecipano al controllo omeostatico e metabolico dell’organismo[1].
Grasso viscerale: cos’è e come si misura
Con il termine di grasso viscerale (o addominale) si indica il tessuto adiposo localizzato nello spazio tra gli organi interni, come fegato, intestino e i reni. Un indice utile per capire la distribuzione e la quantità di grasso viscerale è la misura della circonferenza della vita (misura presa in posizione eretta e senza trattenere il respiro). Anche se un’accurata distinzione tra grasso viscerale e grasso sottocutaneo può essere fatta soltanto con indagini come la tomografia computerizzata o con la risonanza magnetica, è stata rilevata una stretta relazione tra circonferenza addominale e grasso viscerale[2].
Si definisce obesità addominale la rilevazione di valori della circonferenza vita superiori a 102 cm per il maschio e a 88 cm nelle femmine. Il limite normale del girovita della popolazione caucasica dovrebbe infatti essere mantenuto nell’intervallo da 94-102 nei maschi e 80-88 nelle donne[2].
Pericoli per la salute
Il tessuto adiposo viscerale è metabolicamente più attivo rispetto agli altri tessuti adiposi nel corpo. La pericolosità del grasso viscerale sembra essere determinata, almeno in parte, dalla sua elevata attività lipolitica e dalla sua insensibilità all’insulina, un ormone che, oltre a svolgere la sua azione ipoglicemizzante, agisce inibendo la lipolisi al livello del tessuto adiposo periferico (grasso sottocutaneo)[3].
L’aumento della lipolisi dei trigliceridi di deposito, con eccessivo rilascio degli acidi grassi liberi (FFA) in circolo, rappresenta un meccanismo attraverso cui il grasso viscerale contribuisce all’aumentato rischio cardiometabolico (Fig 1). Gli FFA rilasciati dal grasso viscerale entrano nel circolo venoso portale, raggiungendo direttamente il fegato. Gli alti livelli degli FFA plasmatici determinano una riduzione dell’efficienza di risposta all’insulina e della metabolizzazione del glucosio da parte dei tessuti periferici, con conseguente insulino-resistenza (iperglicemia)[3].
Quando la capacità di stoccaggio degli acidi grassi liberi da parte del fegato raggiunge il limite massimo, si verifica la comparsa di steatosi epatica non-alcolica (NAFLD), con conseguente alterazione del metabolismo epatico e accumulo degli FFA in altre sedi ectopiche come ad esempio cuore, pancreas e muscolo scheletrico. Nel lungo termine il dismetabolismo epatico porterà a evidenti alterazione del profilo lipemico sierico (dislipidemia)[3].
Ruolo del tessuto adiposo
Il tessuto adiposo è un vero e proprio organo, la cui funzione principale è quella di immagazzinare energia, durante i periodi di disponibilità calorica, sotto forma di trigliceridi all’interno di cellule specializzate definite adipociti. Queste cellule sono circondate da uno stroma di fibre connettivali, matrice intercellulare, fibroblasti, cellule del sistema immunitario e vasi sanguigni. Nei momenti di carenza calorica, tali depositi vengono metabolizzati, con conseguente idrolizzazione dei TG in acidi grassi liberi (FFA). Questi sono trasportati nel circolo ematico legati all’albumina (proteina di trasporto), in modo da raggiungere i muscoli, per essere utilizzati a scopo energetico. Gli FFA che non saranno utilizzati verranno convertiti nuovamente in TG di riserva al livello del fegato o degli adipociti (ri-esterificazione)[1].
Nella specie umana, il tessuto adiposo si distribuisce principalmente in depositi sottocutanei e viscerali. Quello a livello sottocutaneo comprende la zona sottocutanea superficiale, profonda e intermuscolare. I depositi a livello viscerale sono invece principalmente localizzati nella cavità addominale e in quella toracica[1].
Grasso viscerale, infiammazione e rischio cardiometabolico
Una piccola quantità di grasso viscerale tra gli organi sembra avere una funzione protettiva; tuttavia, quando questo tende ad accumularsi in eccesso diventa patologico, favorendo il rischio cardiometabolico[5].
Infatti, l’aumento in volume delle cellule adipose nella sede viscerale (ipertrofia) sembra favorire condizioni di ipossia, ovvero scarsa ossigenazione cellulare, che promuove una condizione infiammatoria. A causa dell’ipossia, le cellule del grasso viscerale muoiono, lasciando diversi detriti che dovranno essere rimossi dai macrofagi presenti nel tessuto adiposo. Nello svolgimento del loro lavoro, i macrofagi rilasciano delle citochine infiammatorie fra cui IL-6, TNF-alfa (potente attivatore del fattore di trascrizione NF-kB) e chemochine, determinando un aumento di leptina, diminuzione di adipocitochine antinfiammatorie (adiponectina) e accumulo di cortisolo[5].
Bassi livelli di adiponectina sembrano essere predittivi per lo sviluppo del diabete mellito di tipo 2 (DM2). Quando i livelli di adinopectina sono bassi, si osserva una riduzione periferica dell’utilizzo del glucosio e ridotta ossidazione muscolare degli acidi grassi, oltre a un incremento della captazione epatica di acidi grassi e della gluconeogenesi (sintesi di glucosio epatica). L’abbondanza di grasso viscerale determina inoltre l’incremento dell’espressione di un enzima (11-beta-HSD-1) che catalizza la conversione del cortisone inattivo a cortisolo attivo. Quest’ultimo è responsabile della proliferazione delle cellule adipose e dell’aumento della glicemia[5].
Leggi anche: Diabete mellito: epidemiologia, diagnosi e terapia
Testosterone e obesità centrale
L’obesità centrale o viscerale è più comune nei maschi che nelle femmine. La ragione di ciò è da ricercare nel profilo ormonale. Studi recenti hanno dimostrato come bassi livelli di testosterone (T) correlano con un aumento dell’obesità viscerale. Gli uomini ipogonadici (con bassi livelli di testosterone) mostrano un’inversione della massa corporea con aumento della massa grassa e riduzione della massa magra[5]. Uno studio tedesco ha dimostrato come una terapia a base di testosterone determinasse nel tempo una perdita di peso corporeo, con riduzione del grasso viscerale[6].
Leggi anche: Obesità in Italia: lo stivale ci va stretto
Referenze
- Mantovani A. & Targher G., 2017. Adipose tissue and cardiovascular risk. Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi. 8 (3):3-21.
- CREA, 2018. Linee guida per una sana alimentazione.
- Laviola L. et al., 2007. Il tessuto adiposo viscerale: fisiopatologia e modulazione farmacologica. Il Diabete. 19 (2):76-84.
- Licata G. et al., 2007. Obesità e rischio cardiovascolare. La Cardiologia nella Pratica Clinica. 14 (1):3-22.
- Benelli L. & Gavazzi M., 2019. Sindrome metabolica, LUTS e patologia prostatica. Lega Italiana per la Lotta contro i tumori.
- Saad F., Haider A., et al., 2013. Long-term treatment of hypogonadal men with testosterone produces substantial and sustained weight loss. Obesity (Silver Spring). 21(10):1975-81.