La Grande barriera corallina è uno degli ecosistemi più importanti e vasti al mondo, ma purtroppo è anche uno tra i più a rischio e questo è un importante indicatore dello stato di benessere ambientale della terra. Situata al largo della costa del Queensland e nell’Australia del Nord, la grande barriera corallina è lunga ben 2.600 km ed è visibile persino dalla Luna. E’ composta da circa 2.900 singole barriere coralline e da 900 isole, ha un’estensione di 2.300 km ed una superficie di circa 344.400.
L’ecosistema della barriera corallina
La grande barriera corallina è essa stessa una specie biologica e costituisce per questo la più grande struttura vivente della terra fatta da un unico organismo; essa è composta dai miliardi di minuscoli polipi del corallo rosso che ospitano una grandissima biodiversità, facendo da habitat per migliaia di altre specie viventi.
La grande barriera corallina protegge le popolazioni umane che vivono lungo le coste da inondazioni e tempeste, facendo da cuscinetto fra l’oceano e le comunità di persone che vivono nei villaggi in prossimità delle spiagge.
Essa è stata nominata Patrimonio dell’Umanità nel 1981, la CNN l’ha inclusa nelle sue sette meraviglie del mondo e dal 2007 è entrata a far parte anche del patrimonio nazionale australiano costituendo il Parco marino della Grande Barriera Corallina; l’organizzazione del Parco marino si adopera per limitare l’impatto dell’intervento umano e delle attività quali la pesca e il turismo e per protegge in modo particolare alcune zone a tutela degli animali che la popolano particolarmente le balene, le tartarughe verdi e i dugongo.
Minacce alla grande barriera corallina
Il fenomeno di danneggiamento della barriera corallina è detto sbiancamento, poiché la perdita del caratteristico colore rossastro del corallo è il sintomo di sofferenza dell’organismo vivente e preludio del suo decesso. Lo sbiancamento è segno di sofferenza dei coralli che può evolversi in loro estinzione a seconda di quanto sia prolungato il tempo di esposizione ai fattori nocivi come ad esempio l’aumento di temperatura.
Tra i fattori che determinano e concorrono alla moria dei coralli rossi della Grande Barriera Corallina ci sono:
- i cambiamenti climatici
- l’inquinamento
- la pesca
- creature ostili all’ambiente corallino (ad es. la stella corona di spine, grande divoratrice di coralli)
- incidenti delle imbarcazioni
- fuoriuscite di petrolio
- cicloni tropicali.
Lo sbiancamento della grande barriera corallina
Gli ultimi eventi di sbiancamento della barriera corallina a livello mondiale si sono verificati nel 1998 e nel 2010. Nel 1998, gli scienziati documentarono attraverso ricerche e follow-up che il 16 per cento dei coralli del mondo morto in quell’evento, mentre quasi il doppio nel 2010. Il bilancio totale corrente invece non è ancora stato determinato definitivamente, ma il Washinghton Post definisce la consistenza attuale del fenomeno come un assalto al più grande ecosistema corallino della terra. Gli studiosi infatti non si capacitano di quanto abbiano trovato devastata in poco tempo la Grande Barriera Corallina.
L’Australia’s National Coral Bleaching Task Force ha esaminato 911 barriere coralline per via aerea delle quali ha riscontrato lo sbiancamento del 93%. Il grado di danneggiamento dei coralli varia secondo il livello di sbiancamento, attualmente il peggiore è sul lato settentrionale della barriera che è quasi completamente distrutto, nonostante sia una tra le zone protette.
Il Professor Terry Hughes, capo delle ricerche condotte dal ARC Centre of Excellence per lo studio della barriera corallina presso la Cook University, afferma che tra il 60 e il 100 per cento dei 316 tipi di coralli di cui la Grande Barriera Corallina è composta è ormai distrutta. Nancy Knowlton del centro Sant Chair for Marine Science presso il Smithsonian Institution nota che tra le zone coralline più devastate ci sono quelle più remote, più preservate e resistenti ai cambiamenti climatici perchè sotto protezione e sostiene che tutto questo sia un indice di come il processo di deterioramento rischi di diventare irreversibile.
Quest’anno sono state riscontrate anche testimonianze di morte massiva di coralli attorno all’atollo Pacifico di Kiribati, fenomeno che viene per lo più attribuito al surriscaldamento causato dal El Nino.
Coralli indicatori del malessere globale
Una recente ricerca statunitense suggerisce che i coralli della Grande barriera corallina posseggano un meccanismo per proteggersi dal riscaldamento eccessivo delle acque riuscendo a ristabilire il proprio raffreddamento nonostante le condizioni esterne, ma il meccanismo non ha successo quando si verifica un secondo riscaldamento che oltrepassa la soglia di sbiancamento. Quindi quanto più gli oceani continuano a surriscaldarsi, tanto meno i coralli saranno in grado di difendersi dal fenomeno.
L’accordo delle Nazioni Unite siglato nel 1992 afferma l’impegno di tutti i paesi membri dell’Unione a diminuire progressivamente l’emissione dei livelli di gas serra “entro un periodo di tempo sufficiente per permettere agli ecosistemi di adattarsi naturalmente ai cambiamenti climatici”. Ma attualmente questo non sembra essere avvenuto in maniera sufficiente, nonostante la tendenza positiva verso il miglioramento registrata globalmente fino a pochi anni fa.
Attualmente si è infatti assistito ad un’inversione di tendenza nella pratica di emissione dei gas serra probabilmente a causa del boom di industrializzazione dei paesi in via di sviluppo che non hanno siglato l’accordo del 1992 e che quindi immetterebbero in atmosfera gas nocivi in quantità progressivamente sempre maggiore.
Il buco dell’ozono infatti si è nuovamente allargato e lo sbiancamento della Grande Barriera Corallina è soltanto la spia più evidente dei danni che il surriscaldamento terrestre sta comportando alla terra.
Per approfondimenti:www.washingtonpost.com