La Community italiana per le Scienze della Vita

GDE – Ecosistemi dipendenti dalle acque sotterranee

Il fatto che il nostro Pianeta sia in pericolo non è più un mistero: non facciamo altro che sentir parlare e leggere riguardo i cambiamenti climatici e l’enorme quantità di agenti inquinanti che stanno invadendo le nostre vite e di tutti gli organismi viventi. Nonostante tutte queste notizie l’informazione non è mai abbastanza: si dà spazio ad avvenimenti spesso irrilevanti sottovalutando il gravissimo pericolo verso cui ci stiamo sempre più velocemente avvicinando. Purtroppo solo chi è del settore riesce a guardare con occhio critico al futuro, al contrario di chi preferisce una soddisfacente ed immediata somma di denaro. In questo articolo lascerò qualche spunto sulle acque sotterranee e sugli ecosistemi che ne derivano e cercherò di farne capire l’importanza.

GDE (groundwater dependent ecosystem)

I GDE sono quegli ecosistemi la cui struttura dipende quantitativamente e qualitativamente dall’apporto di acque sotterranee. Per esempio le sorgenti sono GDE in quanto l’acqua che sgorga proviene da queste fonti sotterranee. In base all’apporto che queste danno al mantenimento dell’ecosistema si possono classificare i GDE da completamente dipendenti, se gli ecosistemi non sopravvivono anche con lievi cambiamenti del bacino idrico sotterraneo, a opportunisticamente dipendenti, se l’acqua sotterranea aiuta a mantenere l’ecosistema in periodi di siccità, ma le comunità possono tollerare brevi periodi di stress.

In base alla loro idrogeologia possiamo classificarli in:

  1. Sorgenti, come detto prima, sono affioramenti di acque sotterranee.
  2. Zone umide, alimentate da acque sotterranee poco profonde o da acquiferi pensili.
  3. Fiumi e torrenti, in cui l’acqua giunge da corpi idrici che forniscono un flusso permanente.
  4. Ambiente costieri, se sono sostenuti dall’approviggionamento di acque sotterranee.
  5. Grotte, rappresentano il modo più diretto e spettacolare per osservare come l’acqua si muova nella roccia.

Ovviamente ci sono molte altre tipologie che sono specifiche dei vari ambienti, le precedenti sono le più importanti.

Acquiferi e sorgenti

Gli acquiferi, o anche detti SGDE, sono volumi di accumulo di acqua e possono essere carsici o alluvionali. Sono fondamentalmente i più a rischio in quanto gli organismi che vi vivono sono altamente sensibili a variazioni di qualsiasi tipo (pH, inquinanti, volume…) e sono dunque ecosistemi che impiegano anni, quando vi riescono, per tornare alle condizioni ottimali.

Le sorgenti sono invece classificabili in tre tipologie:

  1. Reocrene, se l’affioramento è posto più in alto del torrente che si formerà.
  2. Limnocrene, se l’affioramento è posto più in basso.
  3. Elocrene, se è presente vegetazione che funge da “retino”, come piante muscicole, che determinano ulteriori nicchie spaziali.

Le precedenti sono le tipologie più studiate, ma ovviamente ve ne sono altre come le zone iporreiche (al di sotto del letto di un fiume) e le zone ipolentiche (al di sotto del letto di un lago).

Chi vive in questi ecosistemi?

I GDE sono popolati da una miriade di organismi, specialmente invertebrati tra cui spiccano i Crustacea, ovviamente adattati ad una vita al buio. Infatti sono generalmente depigmentati e mancanti di occhi.

Possiamo suddividerli in tre gruppi principali:

  1. Stigosseni, specie che generalmente sono epigee e che giungono nelle acque sotterranee o trasportati passivamente o attirati da un maggior quantitativo di materiale organico.
  2. Stigofili, specie che hanno maggior affinità per tali ambienti utilizzandoli spesso come riparo da situazioni di stress. Alcuni organismi appartenenti a questa categoria li usano per compiere il loro stadio larvale.
  3. Stigobionti, specie che vivono esclusivamente in tali ambienti e possono essere raggruppate in base a quali nicchie occupino.

Perché è importante preservarli?

Tali ambienti sono fondamentali per vari motivi. Il primo è prettamente naturalistico: esistono, vi vivono numerosi organismi e dunque va preservato per conservare la biodiversità in essi presenti. Il secondo è più di carattere ecologico, infatti come visto in precedenza sono connessi a ecosistemi spesso epigei, come laghi e fiumi, dunque danneggiare le acque sotterranee porterebbe al danneggiamento sequenziale anche di questi successivi. Come terza motivazione c’è il fatto che tali ecosistemi sono un’importantissima fonte di acqua ad utilizzo umano: in Italia circa l’85% dell’acqua che utilizziamo proviene da ambienti sotterranei, inquinarli vorrebbe dire inquinare la nostra stessa fonte di sostentamento. In ultimo c’è la motivazione turistica, visitare sorgenti e grotte è da sempre un’attrattiva turistica enorme.

Vi sono vari modelli e sistemi che studiano tali ecosistemi, tra gli ultimi ricordiamo il progetto europeo Aqualife, portato avanti dall’Università degli studi dell’Aquila, che ha portato alla programmazione di un database che raccolga dati ecologici, ecotossicologici e zoologici così da aumentare le nostre conoscenze a riguardo e metter su modelli matematici che ci aiutino a preservare tali ambienti.

Fonti: Convegno conclusivo progetto Aqualife.

Articoli correlati
Commenta