Le foreste montane italiane: specie, caratteristiche, distribuzione e stato di conservazione dei boschi italiani di montagna. Scopriamo, in quest’ultimo articolo, i boschi caratteristici delle aree montane del nostro paese. Oltre una certa quota i maggiori fattori limitanti per la crescita del bosco non sono più la disponibilità idrica o di luce, ma diventano le fredde temperature invernali e la durata dell’innevamento. Le querce, che caratterizzano i boschi planiziali e collinari, lasciano quindi il posto a specie adattate a temperature rigide e ad una corta stagione vegetativa, limitata tra la fine della primavera e l’inizio dell’autunno.
Anche in questo caso la latitudine e l’esposizione giocano un ruolo fondamentale nello stabilire i limiti delle tipologie boschive; al nord Italia e nelle aree esposte a nord le foreste montani sostituiscono quelli collinari già a partire dagli 800-900 metri, mentre nelle regioni più meridionali e nelle aree più esposte al sole le querce collinari si spingono fin verso i 1500 metri di altitudine.
La faggeta
Tra le foreste montane la più rappresentativa, e ampliamente diffusa in tutta la penisola, è la faggeta, che prende il nome dalla specie caratteristica di questi boschi, il faggio.
Faggio
Nome specifico Fagus sylvatica, è la specie caratteristica dei boschi montani italiani. Presente da nord a sud lungo tutta la catena alpina e appenninica e in Sicilia, si tratta di una pianta che raggiunge i 25-30 metri di altezza. Il faggio produce dei frutti, detti faggiole, che rappresentano una fonte alimentare importante per numerose specie animali. E’sempre stato sfruttato dall’uomo, sia per la produzione di legna da ardere che di materiale da costruzione.
Il faggio rappresenta la specie largamente dominante all’interno delle faggete, che sono spesso foreste pure. Ad esso di associano in modo sporadico alcune specie come l’acero montano e il sorbo montano, e più di frequente frequente due specie di conifere:
Abete bianco
Questa specie (Abies alba) ha necessità ecologiche simili a quelle del faggio, e si ritrova negli stessi boschi alle stesse altitudini, anche se con una consistenza numerica inferiore. L’abete bianco è largamente presente sulle Alpi, mentre si riscontra in maniera frammentata sugli Appennini, dove è la sua consistenza è stata grandemente diminuita dai tagli effettuati dall’uomo nei secoli passati. L’abete bianco è la specie di albero italiano che raggiunge l’altezza più alta: alcuni esemplari possono superare i 50 metri.
Abete rosso
Questa conifera (Picea abies) è presente solo sulle Alpi, ma non sugli Appennini dove risulta assente. E’ presente a quote più alte del faggio e dell’abete bianco, e si ritrova nelle faggete alpine solo alle altitudini maggiori. La faggeta rappresenta, in Appennino, la tipologia boschiva che si spinge alle altitudini più elevate (fin oltre i 2000 metri). Sulle Alpi, invece, verso i 1500 metri la faggeta è sostituita da un altro tipo di bosco, dominato dalle conifere.
Foreste alpine di conifere
Le rigide temperature alpine consentono la sopravvivenza di specie tipiche di latitudini settentrionali, che non riescono a sopravvivere sugli Appennini. Queste specie, sulle Alpi, sostituiscono gradualmente il faggio a partire dai 1300-1500 metri di altitudine, andando a costituire gli ultimi boschi prima delle praterie di alta montagna. Le specie caratteristiche sono due:
Abete rosso
Già descritto precedentemente, è caratteristico dei boschi alpini di alta montagna. Dal suo nome volgare, peccio, i boschi dove esso è prevalente prendono il nome di peccete. L’abete rosso può essere distinto con facilità da quello bianco, grazie alla diversa morfologia degli aghi: nell’abete bianco essi sono appiattiti, poco appuntiti e disposti come i denti di un pettine sul rametto, mentre in quello rosso sono a sezione rotondeggiante, appuntiti e disposti tutto intorno al rametto.
Larice
Questa specie (Larix decidua) è una conifera estremamente caratteristica, in quanto è l’unica della flora italiana che in inverno perde gli aghi. Oltre a queste specie è spesso presente il pino cembro (Pinus cembra). L’abbondanza di queste tre specie varia moltissimo lungo l’arco alpino, a causa di fattori climatici, del tipo di suolo e della passata azione dell’uomo.
Limite del bosco
Al di sopra di una determinata quota, anche le specie più resistenti non riescono a sopravvivere; la faggeta, sugli Appennini, e il bosco di conifere, sulle Alpi, lasciano quindi il posto alle praterie di alta montagna, costituite da una vegetazione prevalentemente arbustiva ed erbacea, dove si rinvengono esemplari isolati di faggio o conifere che stentatamente crescono in condizioni proibitive.
Sulle Alpi, e in alcune aree localizzate dell’Appennino, in queste praterie è presente il pino mugo (Pinus mugo), una specie a portamento arbustivo che può diventare predominante, generando una formazione chiamata mugheta.
Il limite del bosco si rinviene ad altitudini diverse a seconda del clima, dell’esposizione al sole e del suolo di ciascuna area, ma in generale il bosco riesce a sopravvivere fin’oltre i 2000 metri di altitudine. Il limite del bosco è stato tuttavia ribassato quasi ovunque dall’azione umana, che ha eliminato i boschi alle altitudini maggiori per ricavare fertili pascoli da sfruttare durante la stagione estiva.
L’abbandono dell’allevamento in vaste aree alpine ed appenniniche ha portato oggi all’abbandono dei pascoli, ma in queste zone il bosco fatica a riconquistare lo spazio perduto, a causa delle proibitive condizioni invernali che rendono difficile l’insediarsi di piante isolate. In ogni caso un’innalzamento del limite del bosco è oggi evidente in moltissime aree montane italiane.
Gli articoli precedenti
- Introduzione
- La foresta mediterranea
- La foresta di pianura del nord Italia
- La foresta collinare dell’Italia settentrionale
- La foresta collinare dell’Italia centro-meridionale
N.B: dare una descrizione dettagliata delle infinite sfaccettature che il bosco può assumere a seconda del contesto, della regione e della storia passata di un territorio richiede ben più che queste poche righe. Questi articoli vogliono quindi essere solo un inquadramento generale delle varie tipologie di bosco, e delle specie che lo caratterizzano, che possiamo incontrare nelle varie zone italiane, e non una descrizione dettagliata delle varie sfumature con cui questi concetti generali si concretizzano in ogni singola realtà .