Le foreste collinari dell’Italia settentrionale: specie, caratteristiche, distribuzione e stato di conservazione dei boschi delle aree collinari dell’Italia settentrionale. I boschi descritti in quest’articolo interessano le quote collinari (300-800 metri di altitudine) dei rilievi alpini e appenninici che circondano la pianura padana. In questa zona si possono identificare due tipologie di boschi con caratteristiche molto diverse: i boschi termofili e quelli mesofili.
Le caratteristiche
I terreni collinari del nord Italia risultano generalmente più aridi di quelli di pianura e di fondovalle, a causa del profilo scosceso che impedisce il trattenimento dell’acqua; l’aridità risulta più o meno accentuata a seconda dell’esposizione dei versanti, che determina un differente irraggiamento e la presenza di due tipologie diverse di bosco:
- I boschi termofili (= amanti del caldo) occupano aree collinari in cui le piante sono sottoposte alle maggiori condizioni di scasità d’acqua. Nel nord Italia questo si verifica soprattutto nei versanti collinari esposti a sud e ad est, che ricevono un elevato irraggiamento; in misura minore questi boschi si incontrano anche in zone meno assolate, in presenza di terreni particolarmente scoscesi o aridi.
- I boschi mesofili si sviluppano invece sui versanti collinari più freschi e meno aridi, solitamente orientati a nord e ovest, o sui versanti più soleggiati in presenza di terreni, infossati o poco scoscesi, che permettono un maggiore ristagno d’acqua.
Sui diversi versanti si insediano quindi specie diverse: adattate ad un’aridità abbastanza marcata e bisognose di luce (specie eliofile=amanti del sole) nei versanti esposti a sud, e più bisognose di acqua e tolleranti dell’ombra (specie sciafile) in quelli a nord.
Le specie dei boschi termofili
Roverella
è una specie di quercia (nome scientifico Quercus pubescens) tipica di questi boschi. Più rustica delle altre querce che abbiamo incontrato (rovere, farnia, cerro), si adatta bene ai terreni poveri e scoscesi degli aridi versanti collinari, raggiungendo però solo dimensioni modeste (20 metri in rari casi). La caratteristica più evidente di questa quercia è la peluria (da cui il nome di pubescens) presente sulla pagina inferiore delle foglie: questi peli servono a ridurre la perdita di acqua dalle foglie. Ha una crescita molto lenta, e nei boschi frequentemente tagliati in passato risulta meno frequente.
Carpino nero
Questa specie (Ostrya carpinifolia) condivide il nome con il carpino bianco, a causa della quasi identica forma delle foglie. Rispetto all’altra specie di carpino però, quello nero ha necessità ecologiche diverse, vegetando in condizioni di elevato soleggiamento e non tollerando i ristagni idrici. La pesante gestione dei boschi da parte dell’uomo l’ha favorito, a causa della più veloce crescita, rispetto alla roverella.
Orniello
Questa specie (Fraxinus ornus) è un piccolo frassino (5-8 metri di altezza) con caratteristiche termofile, amante cioè delle alte temperature e di un buon soleggiamento. Ha una crescita molto veloce, e tende a ricolonizzare per primo ambienti lasciati liberi dal bosco.
Nei siti più umidi tendono a comparire anche le specie tipiche dei boschi mesofili, in particolare rovere e cerro (nei boschi appenninici).
Le specie dei boschi mesofili
Rovere
Abbiamo già descritto la rovere nell’articolo sui boschi della pianura padana, in cui risultava relegata ad ambienti pietrosi e non troppo umidi. Questa specie trova le condizioni perfetto, nel nord Italia, nei versanti collinari più ombreggiati, con suoli non trppo umidi come quelli di pianura e non troppo aridi come quelli collinari esposti a sud.
Cerro
Diffuso prevalentemente nei boschi appenninici, dove raggiunge consistenze pari a quelle della rovere, divenendo spesso la specie dominante del bosco.
Carpino bianco
Questa specie, pur vegetando ottimamente negli umidi terreni di pianura, si associa alla rovere anche nei più aridi, ma freschi, versanti collinari esposti a settentrione.
Castagno
Questa specie (Castanea sativa) è stato probabilmente introdotto in Europa in tempi antichissimi, e la sua importanza alimentare ne ha garantito una grandissima diffusione. Nel nord Italia esso è presente soprattutto nei boschi collinari mesofili, dove ha sostituito, a volte quasi completamente, la rovere e il cerro. Accanto a queste specie ne compaiono altre, meno diffuse ma quasi sempre presenti: tra queste il frassino maggiore (Fraxinus excelsior), il tiglio (Tilia cordata), l’acero di monte (Acer pseudoplatanus) e, nelle zone più secche, le specie tipiche dei boschi termofili: roverella e carpino nero.
Stato attuale
I boschi collinari hanno risentito dell’attività umana in maniera minore di quelli di pianura, ma sono stati ugualmente modificati in maniera pesante. I boschi termofili sono stati sostituiti da colture tipiche delle colline assolate, in primo luogo la vite, nelle zone con pendii più dolci, e da prati e pascoli in quelle più impervie. Sono resistiti solo nelle aree meno accessibili, ma anche qui sono stati modificati nella loro composizione: il taglio frequente ha sfavorito la roverella a favore del carpino nero e dell’orniello, tanto che il querceto a roverella è stato spesso sostituito da un bosco che prende il nome di ostro-ornieto (dal nome scientifico del carpino e dell’orniello).
I boschi mesofili hanno subito una riduzione minore, dovuta alle condizioni meno assolate e meno adatte alla coltivazione. La loro composizione è stata tuttavia pesantemente alterata dall’introduzone del castagno, che costituisce oggi la specie predominante in questi boschi.
Oltre all’alterazione diretta subita da questi boschi, essi risentono anche dell’introduzione di specie esotiche. La robinia riesce ad inserirsi nei boschi di collina più pesantemente alterati, soprattutto alle quote più basse e nelle posizioni più assolate. In questi boschi è presente anche la quercia rossa (Quercus rubra), di origine americana, introdotta come pianta ornamentale nel XIX secolo.
Nonostante le pesanti modifiche da parte dell’uomo, i boschi di collina del nord Italia sono tra quelli che hanno affrontato una recente espansione della loro distribuzione, dovuta all’abbandono delle coltivazioni e del pascolo, avvenute soprattutto alle quote più elevate e nelle aree più impervie. I prati abbandonati sono stati presto ricolonizzati dal bosco, che costituisce formazioni molto giovani dove prevalgono le specie a più veloce crescita: i frassini prima di tutti e, in misura minore, i carpini.
Gli articoli precedenti
N.B: dare una descrizione dettagliata delle infinite sfaccettature che il bosco può assumere a seconda del contesto, della regione e della storia passata di un territorio richiede ben più che queste poche righe. Questi articoli vogliono quindi essere solo un inquadramento generale delle varie tipologie di bosco, e delle specie che lo caratterizzano, che possiamo incontrare nelle varie zone italiane, e non una descrizione dettagliata delle varie sfumature con cui questi concetti generali si concretizzano in ogni singola realtà.