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Filamenti intermedi

Il citoscheletro è un insieme di strutture atte al sostentamento della cellula in risposta a stimoli esterni quali resistenza a compressioni e trazioni, assistenza in processi come movimento e divisioni cellulari. I microfilamenti e i microtubuli sono gli elementi finalizzati specialmente alle attività “dinamiche”, legate quindi a motilità e “cambiamenti interni”. Una terza componente implicata principalmente a mansioni “fisiche” è quella dei filamenti intermedi.

Cosa sono i filamenti intermedi

I filamenti intermedi sono strutture fibrose implicate nella resistenza a stimoli di natura fisica: trazione, compressione ed elasticità. Vengono definiti “intermedi” in quanto il loro diametro è di circa 10nm, ovvero una dimensione appunto intermedia rispetto le altre due componenti sopracitate. Non sono presenti in tutte le cellule, ma ad esempio mancano nei protozoi. La peculiarità di tali strutture è che per ogni tipo di tessuto sono costituiti di materiali differenti. Vediamo prima come questi si formino.

Assemblaggio filamenti intermedi

La determinazione dell’assemblaggio dei filamenti intermedi è genetica: vi è quindi un gene per ogni classe diversa di filamenti che codifica per la sua polimerizzazione. Tali geni sono tra loro simili tanto da ipotizzare una parentela ancestrale.

La polimerizzazione comincia da due monomeri, le possibili tipologie le vedremo più avanti, che si associano parallelamente così da formare una particolare α-elica detta coiled-coil. Questa si associa con un altro dimero, in maniera anti-parallela ( l’estremità carbossi terminale rivolta verso quella ammino terminale), così da formare un tetramero.

Tramite un’associazione lineare si ha un allungamento: si crede che i vari tetrameri si dispongano testa coda cosi da formare un protofilamento. Più protofilamenti si associano in protofibrille che interagendo tra di loro formano un filamento intermedio maturo sinistrorso. Vediamo ora le varie classi di monomeri.

filamenti intermedi

Cheratine (classi I e II)

Le cheratine sono polipeptidi che caratterizzano i filamenti intermedi delle cellule epiteliali  di tutti i tessuti di rivestimento e protezione esterni quali unghie, capelli, epidermide, zoccoli e corna di varia natura. Possono essere divise in sue “tipi”:

  • Cheratine di tipo I: sono anche dette acide in quanto caratterizzate da un punto isoelettrico minore e da un peso molecolare meno elevato.
  • Cheratine di tipo II: sono anche dette neutrobasiche a causa del punto isoelettrico maggiore e del peso molecolare più elevato.

Un’altra divisione importante è quella tra cheratine molli e dure: le prime sono caratteristiche di tessuti più “morbidi” come l’epidermide, i secondi di tessuti necessitanti maggiore resistenza come unghie, capelli e zoccoli. Nel processo di assemblaggio sono necessarie due cheratine di tipo diverso: una acida ed una neutrobasica che quindi devono contemporaneamente essere presenti nella cellula. L’amminoacido prevalente è la cisteina responsabile di ponti disolfuro che creano una fitta rete di legami.

ponte-disolfuro

Classe III

Questo insieme comprende: vimentina, desmina e proteina acida gliale.

  1. Vimentina: è una proteina largamente diffusa in tutto l’organismo senza particolari preferenze tissutali. È collegata a nucleo, reticolo endoplasmatico rugoso e apparato di Golgi. Se in una cellula manca la vimentina, questa risulta estremamente fragile anche nei confronti di stimoli mediocri. Sembra anche coinvolta nel trasporto di LDL: rimuovendo la vimentina la cellula accumula meno lipoproteine.
  2. Desmina: si trova principalmente nei tessuti muscolari di ogni tipo. Il suo compito è quello di tenere uniti i sarcomeri lungo la banda Z e connetterli ai mitocondri, al nucleo e alla placca neuromuscolare.
  3. Proteina acida gliale: è una proteina tipica del sistema nervoso centrale codificata dal gene GFAP. La sua presenza sembra essere correlata ad un corretto funzionamento degli astrociti, cellule responsabili del corretto sviluppo degli assoni neuronali.sarcomero

Tali proteine associano in modo da formare  omopolimeri (composti da monomeri uguali), ma talvolta possono formare dei filamenti ibridi (eterodimeri).

Classe IV

In questa classe troviamo i neurofilamenti. Essi si trovano specialmente nei neuroni e  possono essere, in base al loro peso molecolare, suddivisi in tre categorie: NFL, NFM, NFH. I neurofilamenti leggeri (NFL, 60 kDa) sono caratterizzati della capacità di polimerizzare in maniera autonoma e formare omopolimeri. Al contrario, i neurofilamenti intermedi (NFM, 150 kDa) e quelli pesanti (NFH, 210 kDa) possono formare dei dimeri in cui uno dei due monomeri è necessariamente un filamento leggero. La loro funzione è prettamente strutturale.

Classe V

Di questa classe fanno parte le lamìne. Esse sono proteine citoplasmatiche che formano un complesso polimerico in grado di connettere la membrana nucleare al genoma in esso contenuto. Esistono le lamìne A e le lamìne B. Queste ultime sono sempre legate alla membrana nucleare; le A sono legate alle B e così continuano alternandosi fino al materiale genetico. Fosforilando le lamìne si ha la sfaldatura della membrana nucleare, fondamentale per la corretta bipartizione del materiale genetico in divisione cellulare. Tramite defosforilazione si ha la formazione dei nuovi nuclei.

Filamenti intermedi e medicina

  • I filamenti intermedi, come già detto, sono estremamente specifici per il tessuto in cui si trovano. Grazie a questa peculiarità l’analisi della loro struttura può essere utilizzata per identificare la provenienza di un tumore. Infatti questi perdono la specificità tissutale originaria e diventa quindi difficile localizzarne la provenienza.
  • Il loro non corretto funzionamento porta non solo a deficit legati alla resistenza cellulare, ma anche a deficit fisiologici. Ad esempio la mancanza di desmina è causa di desminopatie: i sarcomeri si disallineano e il risultato è una disorganizzazione delle fibre muscolari e conseguenti necrosi.
  • Un non funzionamento della lamìna A porta alla celebre progeria. Il gene responsabile della sintesi della proteina è il LMNA. In caso di mutazione, una citosina sostituita da una timina, si forma una proteina che non può differenziarsi nella lamìna A detta progerin. Questa, non potendo legare la membrana nucleare, causa problemi alle divisioni cellulari.

Conclusioni

In conclusione studiare il citoscheletro è fondamentale. Infatti permette di conoscere nel dettaglio come la cellula reagisca a diversi stimoli, come essa organizzi i suoi spazi interni e come si differenzi nel tempo. In più la sua conoscenza è indispensabile per completare diagnosi e analisi di molte patologie per le quali , nella maggioranza dei casi, non si ha ancora una terapia.

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