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Fibrosi cistica e terapia genica

Nel nostro paese sono circa 5000 le persone affette da fibrosi cistica. Tra le malattie genetiche gravi è la più comune; presente dalla nascita colpisce contemporaneamente numerosi organi, ma le complicanze maggiori e spesso fatali si hanno a carico dei polmoni. Respirare, l’atto più naturale e spontaneo per una persona sana, costa enorme fatica a chi soffre di questa malattia.

“È come respirare attraverso una cannuccia” è la testimonianza ricorrente quando si chiede a una persona con fibrosi cistica di raccontare la propria quotidianità. I farmaci esistenti non costituiscono una vera e propria cura: dalla fibrosi cistica, purtroppo, non si guarisce. Ma se potessimo correggere il difetto genetico che ne è la causa? È questo l’obiettivo della terapia genica: per ora solo una speranza che potrebbe però tradursi in realtà nel prossimo futuro.

Cosa è la fibrosi cistica?

Anche grazie alle numerose campagne di sensibilizzazione, la fibrosi cistica sta pian piano uscendo dalla zona d’ombra e oggi, benché rimanga una malattia ancora poco conosciuta, la maggior parte delle persone ne ha almeno sentito parlare.

La causa della malattia è un difetto in un gene chiamato cftr. Chi nasce malato, ha ereditato due copie del gene mutato, una dal padre e una dalla madre. La mutazione è dunque recessiva e si manifesta solo in omozigosi. Gli eterozigoti sono portatori sani (1 su 25-30 persone) che possiedono una sola copia del gene mutato e non manifestano i sintomi della malattia: ma attenzione perché due portatori sani hanno una probabilità del 25% di generare un figlio malato. Oggi, per mezzo di un test, è possibile scoprire se si è o meno portatori della mutazione: una verifica caldamente raccomandata qualora vi siano casi di malattia in famiglia.

Fig.1 Due genitori portatori sani della mutazioni hanno una probabilità su 4 di generare un figlio malato

Il gene cftr 

Codifica per una proteina canale di membrana che consente l’ingresso di ioni cloruro nella cellula bilanciando l’apporto di acqua e sali minerali rende il muco secreto dagli organi più fluido e idratato. Se cftr non funziona, le secrezioni si fanno più dense e viscose e tendono ad accumularsi negli organi, danneggiandoli. Nel lungo periodo, le complicazioni maggiori si hanno a carico dei polmoni: il muco vi ristagna dentro esponendo il paziente al rischio di infiammazioni croniche e frequenti infezioni che riducono progressivamente la capacità respiratoria.

Fig.2 La proteina CFTR forma un canale attraverso la membrana, attraverso cui transitano gli ioni. Se la CFTR non funziona, il passaggio degli ioni si blocca, il muco si ispessisce

Come ci si cura oggi?

Il gene è uno e con una funzione precisa, ma le mutazioni a suo carico sono più di 2000! Di queste, solo alcune causano la fibrosi cistica. Una è particolarmente comune e colpisce la maggior parte dei pazienti: si chiama F508del e consiste nella delezione di tre nucleotidi in corrispondenza della posizione 508 sul gene ctrf. Ma non è l’unica: mutazioni diverse agiscono su aspetti diversi, legati alla funzionalità della proteina o alla sua sintesi. In una persona malata, cftr potrebbe essere quasi del tutto carente o solo disfunzionale.

Insomma, se vi aspettate un farmaco “universale” rimarrete delusi. Ad oggi esistono delle terapie, piccole molecole che “correggono” la funzionalità della proteina canale, ma ognuna è diretta contro una specifica mutazione. Di farmaci ce ne sono quindi, e anche più di uno, ma sono efficaci solo su una minoranza dei pazienti; il loro costo è elevato e vanno assunti quotidianamente per tutta la vita. La scoperta di piccole molecole contro la fibrosi cistica non si è fermata, anzi continua a dare risultati contro un numero sempre maggiore di mutazioni. Allo stesso tempo si sta valutando la possibilità di agire direttamente sul DNA difettoso “cancellando” la mutazione e ripristinando la sequenza originale del gene.

La speranza della terapia genica

La terapia genica potrebbe essere l’unico metodo veramente “universale” poiché sostituirebbe il gene difettoso con uno funzionante, a prescindere dal tipo di mutazione. Una singola somministrazione potrebbe bastare per correggere il difetto genetico sufficientemente a lungo da liberare il paziente dalla necessità di assumere farmaci giornalmente.

Fig.3 la terapia genica mira a sostituire il gene difettoso con uno funzionante, ripristinando la funzione della proteina

I presupposti? Ci sono

Ci sono delle buone ragioni per credere nella terapia genica contro la fibrosi cistica. Anzitutto, sin dalla scoperta di cftr nel 1989, esperimenti in vitro hanno confermato che inserendo una copia funzionante del gene in cellule che non ce l’hanno, il normale flusso di ioni cloruro attraverso la membrana cellulare viene ripristinato.

Ma “curare” una singola cellula non è sufficiente. E allora, quante cellule difettose bisogna correggere prima di ottenere un effetto terapeutico significativo? La sorprendente risposta è che ne bastano molto poche, dal 6 al 10% di quelle che compongono le vie respiratorie. È una buona notizia: trasferire un pezzo di DNA in un cellula per curare un difetto genetico è una procedura non banale. Non basta solo farlo entrare, bisogna anche assicurarsi che venga correttamente integrato nel genoma cellulare e che produca una proteina funzionante. Spesso, solo la percentuale di cellule che incorporano stabilmente il nuovo gene è molto bassa; ma qui, in teoria, ne basterebbero poche.

Come si corregge un difetto genetico?

Negli anni, sono stati messi a punto metodi sempre più efficaci per veicolare un gene all’interno di una cellula. Spesso vengono utilizzati i virus del gruppo degli adenovirus o dei lentivirus, delle versioni attenuate, innocue per la salute perché non in grado di completare la replicazione. Ma sono ancora capaci di “infettare” e quindi di trasferire il loro materiale genetico nel nucleo della cellula ospite, è proprio all’interno del DNA virale che inseriamo il gene di interesse, assicurandoci così che venga trasferito insieme a tutto il resto. Generiamo un vero e proprio “vettore”, una specie di navetta in grado di portare il nostro gene a destinazione.

Esistono anche alternative “virus-free” che comprendono ad esempio il trasferimento diretto di piccoli frammenti di DNA circolare (plasmidi) incorporati in vescicole di grasso dette liposomi. La loro natura lipidica li porta a fondersi facilmente con la membrana cellulare, anch’essa formata da grassi rilasciando il contenuto di DNA direttamente all’interno della cellula bersaglio.

Nell’era dell’editing genomico, non possiamo non citare CRISPR/Cas9 e gli altri strumenti che oggi consentono di “riparare” il gene difettoso anziché sostituirlo modificando enzimaticamente la sequenza del DNA. Anche questi sono attualmente oggetto di studio per un loro possibile impiego nella lotta alla fibrosi cistica.

Vicini alla clinica?

I più ottimisti pensano di sì. Dai primi studi clinici sui pazienti nel 1993, ne sono stati conclusi ad oggi più di 20 e altri sono in corso o in preparazione. Ciononostante, ancora non disponiamo di dati significativi sull’efficacia clinica di questo approccio, poiché gli studi condotti fino ad ora sono serviti piuttosto per definire parametri e condizioni sperimentali, ottimizzare i vettori per il trasferimento genico in vivo e accertare la non-tossicità per i pazienti.

Non mancano naturalmente i problemi: trasdurre stabilmente le cellule dell’epitelio respiratorio non è facile, anche perché si rigenerano in continuazione. Saranno probabilmente necessarie più dosi per raggiungere l’efficacia terapeutica. Ma c’è anche molto entusiasmo nel settore: recenti scoperte nel campo nell’ingegneria genetica e dell’editing genomico hanno reso realtà quello che fino a pochi anni fa era solo fantascienza e lasciano ben sperare per il futuro.

Bibliografia

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