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Fauna di Ediacara: un esperimento fallito?

Pensando agli animali, ad ognuno di noi oggi viene in mente un leone, una giraffa, uno squalo, una farfalla o, ai più esperti e appassionati, il concetto si può estendere anche a un corallo, un rotifero o un nemertino. L’idea che in generale si ha di “organismo animale” risponde comunque a caratteristiche morfologiche piuttosto consolidate, come la presenza di una bocca e eventualmente di quattro, sei o otto zampe; per la banalità del concetto stesso di animale risulta a volte addirittura difficile darne una definizione concisa, se non che si tratti di un essere vivente ben distinguibile dalle piante: generalmente non è fotosintetico e si muove nel suo ambiente per procacciarsi il cibo sia come predatore che come preda. Anche in merito alle specie estinte, si pensa a forme che comunque ricordano quelle moderne, ma magari con caratteri più bizzarri.

La realtà non è però sempre come noi Homo sapiens la immaginiamo: a metà del secolo scorso è stato infatti scoperto un giacimento di fossili a dir poco fuori dalla norma sulle colline di Ediacara, nell’Australia meridionale, provenienti da un mondo antico completamente perduto.

La Terra di 600 milioni di anni fa

L’Ediacarano (o Vendiano) è l’ultimo periodo dell’era Neoproterozoica (eone Proterozoico) e viene datato da 635 a 541 milioni di anni fa; è preceduto dal Cryogeniano e seguito dal Cambriano (540-485 Ma), primo periodo del Paleozoico.

L’Ediacarano esce da un’età caratterizzata da intense fluttuazioni dei parametri ambientali in cui glaciazioni su scala globale (Terra a palla di neve) erano alternate a repentini innalzamenti della temperatura e ad un intenso effetto serra; l’Ediacarano stesso inizia con un esteso evento di glaciazione, la Gaskiers (582 Ma), al termine del quale si registra un aumento dei livelli di ossigeno negli oceani, probabilmente ad opera di procarioti fotosintetici ossigenici. Le condizioni di ossigenazione delle acque sono a tal proposito ben indicate dal rapporto tra le specie reattive del ferro e il ferro totale nei sedimenti, in quanto l’aumento (o la diminuzione) di tale valore è direttamente correlato con la diminuzione (o l’aumento) della quantità di ossigeno disciolto; non a caso, a cavallo tra la fine della Gaskiers e gli anni successivi si sono registrate della variazioni nel rapporto ferro reattivo su ferro totale, con un abbassamento dal 40% a livelli paragonabili con quelli odierni, ossia del 20-30%. Ciò fa appunto supporre che i livelli di ossigeno nelle prime fasi dell’Ediacarano fossero sufficientemente elevati da poter sostenere la comparsa di linee di organismi eterotrofi pluricellulari.

Le masse continentali dell’Ediacarano erano riunite nella Pannotia, un unico super continente localizzato nei dintorni del Polo Sud e probabilmente ricoperto dai ghiacci.

Fig. 1 – Scala dei tempi geologici del Precambriano (4600-541Ma).

Le zoocenosi di Ediacara: organismi rappresentativi

Il mondo dell’Ediacarano è stato abitato da tre zoocenosi distinte che, seppur simili tra loro nelle caratteristiche generali degli organismi, mostrano ognuna tendenze evolutive proprie: la più antica è la zoocenosi di Avalon (575-560 Ma), seguita da quella del Mar Bianco (560-550 Ma), la più biodiversa, e infine da quella di Nama (550-541 Ma). I nomi di ciascuna derivano dalla posizione geografica del giacimento fossilifero in cui sono maggiormente rappresentate.

Una zoocenosi rappresenta l’insieme di tutti gli organismi animali
che vivono in un determinato ambiente.

Gli organismi di Ediacara, come già accennato, mostrano tutti delle caratteristiche comuni e piuttosto peculiari che spesso difficilmente sono associabili a quelle degli animali odierni: essi sono infatti tendenzialmente a corpo molle, spesso a simmetria raggiata, ma anche con casi di forme a simmetria bilaterale o addirittura rotazionale (un tipo molto particolare di simmetria raggiata); sono organismi per lo più sessili o comunque a motilità ridotta e alcuni mostrano delle strutture laterali impari e alternate, che molto ricordano la morfologia di alcune piante terrestri. Si ritiene inoltre che gli animali di Ediacara, non essendo dotati apparentemente di organi o sistemi digerenti, fossero osmotrofi, ossia in grado di assorbire il nutrimento dall’acqua direttamente nelle singole cellule!

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Fig. 2 – A sinistra un fossile del genere Charnia, a destra un moderno esemplare del genere Virgularia (Anthozoa, Pennatulacea).

I rangeomorfi sono probabilmente l’unico gruppo monofiletico rintracciabile al momento nella faune di Ediacara e sono i maggiori rappresentanti della zoocenosi di Avalon. I rangeomorfi sono organismi a simmetria bilaterale dalla forma pennata per lo più sessili che molto ricordano i moderni coralli noti come penne di mare (Anthozoa, Pennatulacea).

Nella zoocenosi del Mar Bianco si osserva un’esplosione di forme, con una diversità piuttosto elevata di piani corporei: abbondano i generi bilaterali, probabilmente polifiletici, come SprigginaKimberella Dickinsonia, ma anche quelli a simmetria raggiata o rotazionale conoscono in questo periodo una notevole radiazione adattativa, come Tribrachidium, Arkaura ed Eoandromeda. Notevoli sono le somiglianze di alcuni di essi con i moderni animali: Kimberella, un organismo apparentemente in grado di muoversi attivamente, ricorda molto alcune forme odierne di molluschiSpriggina sembra avere un corpo segmentato molto simile a quello degli anellidi o degli artropodi moderni; Tribrachidium e Eoandromeda mostrano invece una simmetria rotazionale che oggi è tipica dei soli ctenofori, mentre Arkarua mostra una simmetria pentaraggiata come quella degli echinodermi.

Della zoocenosi di Nama, infine, ci sono pervenute solo poche forme (forse solo quelle effettivamente esistenti?) per lo più del gruppo degli Erniettomorfi (come i generi SwartpuntiaErnietta), organismi apparentemente a vita fossoria; non mancano comunque rappresentanti di altri gruppi, come alcuni rangeomorfi ad esempio del genere Charnia o forme raggiate come Eoandromeda.

Fig. 3 – Alcune forme fossili risalenti al periodo Ediacarano. (a) Spriggina, (b) Kimberella, (c) Tribrachidium, (d) Eoandromeda, (e) Dickinsonia.

I vendobionti: un intero regno estinto di viventi?

Dalla scoperta dei fossili dell’Ediacarano, la comunità scientifica ha a lungo dibattuto su quali rapporti filogenetici essi avessero con i viventi attuali, a causa proprio delle loro caratteristiche uniche. Inizialmente vennero interpretati come membri ancestrali dei moderni phyla di animali: da un lato i rangeomorfi risultavano allora ben più antichi dei poriferi, mentre dall’altro le forme raggiate venivano collocate in una qualche posizione non ben definita tra gli cnidari e i bilateri.

Fu il paleontologo Adolf Seilacher (1925-2014) che per primo propose l’ipotesi Vendobionta, in base alla quale gli organismi di Ediacara sarebbero i rappresentanti di un intero nuovo regno di viventi ormai completamente estinto, indipendente dal regno Animalia e discendente da un qualche gruppo di coanoflagellati (regno Protista). A lungo fu idea diffusa che quello di Ediacara fosse stato il primo esperimento di vita complessa operato della natura, ma che fallì miseramente lasciando posto alle forme viventi che oggi conosciamo.

Attualmente si ritiene in modo più ragionevole che entrambe le precedenti visioni siano verosimili e che pertanto solo alcuni degli organismi dell’Ediacarano sarebbero effettivamente gli antenati dei moderni phyla animali, mentre gli altri ricadrebbero sotto gruppi differenti, forse oggi totalmente estinti.

Gli ecosistemi di Ediacara

Gli organismi di Ediacara erano distribuiti tendenzialmente su fondali marini bassi a sedimenti fini e ben illuminati; si ritiene però che la caratteristica fondamentale di questi habitat fosse la presenza di un film batterico continuo ed omogeneo che ricopriva i fondali marini e che garantiva una elevatissima produzione primaria, al punto che le acque più basse sarebbero apparse addirittura torbide.

Allora è ben evidente come, in un tale ecosistema, gli animali non avessero alcuna necessità di muoversi per cercare cibo, in quanto esso era già abbondantemente in sospensione; non vi era dunque ragione di sviluppare forme di competizione tra gli organismi, e coerentemente sembra non esistessero, di fatto, veri e propri organi di offesa o di difesa.

Al contempo, bisogna però sottolineare come l’assenza di ecosistemi complessi sia dovuta in parte anche all’eterogeneità della distribuzione di ossigeno nei mari; nonostante il trend generale di aumento dei livello di ossigeno dell’Ediacarano, sembra infatti che negli oceani di quel periodo esistessero delle vere e proprie bolle anossiche che gli animali non erano in alcun modo in grado di colonizzare e che pertanto potevano rappresentare delle barriere nei confronti della colonizzazione di nuovi habitat.

La fine di un mondo

La serie dei fossili suggerirebbe che le faune dell’Ediacarano conobbero un’estinzione piuttosto repentina o che comunque vennero ben presto soppiantate dalle faune del successivo Cambriano. Le ipotesi sulle cause alla base di tale evento prevedono o una catastrofe geochimica su scala globale, o un artefatto tafonomico (ossia la mancanza di reperti fossili ulteriori a testimoniare la transizione tra Ediacarano e Cambriano) oppure una vera e propria sostituzione da parte delle faune cambriane.

Alcuni studi suggeriscono che gli organismi dell’Ediacarano siano in parte sopravvissuti fino alle prime fasi del Cambriano, ma che allo stesso tempo sarebbero venute meno le condizioni che favorivano la loro fossilizzazione; tuttavia, la zoocenosi di Nama è davvero stata caratterizzata da una minore biodiversità rispetto alle due precedenti, il che avvalora l’ipotesi che il ridotto numero di fossili rifletta le reali condizioni ecologiche dell’epoca. D’altro canto anche le analisi dei parametri geochimici non sembrano aver subito particolari fluttuazioni o cambiamenti repentini durante le ultime fasi dell’Ediacarano. Si ritiene allora che la vera causa della scomparsa di tali organismi sia dovuta a fattori prettamente bioecologici.

L’avvento delle faune del Cambriano avrebbe infatti profondamente intaccato i delicati equilibri di Ediacara, da un lato andando ad occupare nicchie ecologiche fino a quel momento totalmente vuote e dall’altro alterando quelle poche e semplici interazioni che si erano venute a creare tra gli organismi. Basti pensare che tra gli animali del Cambriano vi erano biocostruttori in grado di modificare profondamente la morfologia dell’habitat, predatori in grado di muoversi velocemente da un luogo ad un altro e di esplorare continuamente nuovi territori, ma anche prede che presentavano sofisticati mezzi di protezione dagli altri animali, nonché organismi detritivori e spazzini che, rimescolando i sedimenti del fondale, interrompevano la continuità del film batterico da cui gli osmotrofi dipendevano così strettamente.

Gli habitat di Ediacara vennero in altri termini frammentati in una serie di habitat ridotti, più o meno isolati tra loro, in cui le possibilità di riproduzione e di accesso alle risorse erano piuttosto limitate, essendo tra l’altro gli organismi di Ediacara generalmente sessili o comunque scarsamente mobili. Solamente quelle poche specie che avevano evoluto una qualche forma (anche rudimentale) di bilateralità, e quindi di movimento, furono in grado di fronteggiare gli elevati tassi di turbamento all’ecosistema causati dalle faune cambriane, mentre tutte le altre conobbero ben presto l’estinzione.

Bibliografia

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