La falena delle betulle, Biston betularia, è un piccolo insetto notturno divenuto celebre soprattutto fra gli appassionati di scienza. Infatti, è molto nota perché appare in gran parte dei testi che trattano di evoluzione come esempio di selezione naturale in atto. Come vedremo, questa farfalla utilizza il mimetismo come adattamento per nascondersi agli occhi suoi predatori naturali.
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Morfologia e melanismo industriale
Biston betularia è una delle oltre 20 000 specie di lepidotteri della famiglia dei geometridi. La sua apertura alare può variare da 45 mm a 62 mm, è un insetto particolarmente robusto, con ali anteriori relativamente strette e allungate.
In natura, Biston betularia si presenta con due cromie principali: la forma chiara (variante typica), che possiede appunto ali chiare ed è la più comune, e la forma melanica (variante carbonara), che presenta invece ali di una colorazione scura.
In condizioni naturali, le falene pepate (un altro nome per indicare la forma chiara) sono le più diffuse, in quanto si mimetizzano al meglio sui licheni chiari degli alberi e sfuggono quindi maggiormente alla caccia degli uccelli. Le falene nere, al contrario, sono ben visibili (in quanto in forte contrasto con i licheni) e quindi più facili da individuare per i predatori; esse risultano non a caso molto più rare.
Tuttavia, con l’avvento in Inghilterra della Rivoluzione Industriale nella seconda metà del Settecento, i composti derivati dalla combustione del carbone (come ad esempio l’anidride solforosa) portarono alla morte di molti licheni, oltre che all’annerimento delle cortecce degli alberi[1].
A causa di questo mutamento ambientale di origine antropica, la variante typica (quella chiara) non era più in grado di mimetizzarsi al meglio; anzi, il suo colore chiaro in contrasto con la corteccia scura la rendeva una preda molto più facile e visibile agli uccelli. Al contrario, gli esemplari melanici acquistarono un vantaggio mimetico e divennero così la forma più abbondante.
Questo fenomeno è detto melanismo industriale ed è utilizzato come esempio classico di selezione naturale in atto, quindi a sostegno della teoria darwiniana.
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Negli anni successivi, però, con il progressivo aumento della sensibilità comune verso la conservazione e la protezione della natura, si assistette al fenomeno inverso. La parziale riduzione dell’inquinamento dell’aria ad opera delle fuliggini fece sì che la corteccia delle betulle tornasse chiara. Ciò comportò anche la ricomparsa dei licheni e, di conseguenza, la ri-diffusione della forma chiara di Biston betularia[2].
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Studi evolutivi su Biston betularia
I primi studi su Biston betularia furono condotti alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, quando il genetista Bernard Kettlewell osservò le dinamiche evolutive della due forme di questa specie[3].
Con la sua ricerca, il genetista britannico mostrò come la forma melanica fosse più comune della bianca nelle zone maggiormente inquinate, tra cui ad esempio Manchester. Questo suggerì che la forma scura fosse in grado di mimetizzarsi maggiormente grazie al colore delle proprie ali e, quindi, di nascondersi dagli uccelli predatori (l’agente selettivo responsabile del cambiamento fenotipico).
Il melanismo industriale di Biston betularia è stato poi confermato anche da una ricerca del 2018 pubblicata su Nature[4]. Gli scienziati Olivia C. Walton e Martin Stevens hanno riconfermato infatti che la forma typica sia avvantaggiata rispetto alla forma carbonaria in presenza di licheni. I ricercatori utilizzarono falene finte con esche commestibili che attirassero gli uccelli e condussero esperimenti di predazione artificiale nei boschi inglesi di betulle. I risultati mostrarono come, nei boschi non soggetti ad elevati tassi di inquinamento, gli individui chiari avessero un tasso di sopravvivenza maggiore del 21% rispetto a quello della forma melanica. Il rapporto tra mimetizzazione e colore del substrato venne poi confermato anche con delle foto prodotte imitando la vista degli uccelli, i quali sono in grado di percepire i raggi UV.
Insomma, i risultati ottenuti da Stevens e Walton confermarono nuovamente la teoria evoluzionistica su Biston betularia: il cambiamento della frequenza relativa delle falene pepate e scure dipende dal tasso di inquinamento e dalle diverse capacità mimetiche.
Studi genetici su Biston betularia
Il variante nera di Biston betularia è presente nelle popolazioni come una variante naturale ed è diventata più numerosa in seguito alla selezione naturale. In altre parole, le falene nere erano sempre state presenti, ma in proporzioni minori.
Uno degli studi più importanti volti ad approfondire il melanismo industriale è quello riguardante la mutazione genetica che ha portato alla comparsa della forma melanica. Infatti, nel 2016, sempre la rivista Nature ha pubblicato un articolo in cui viene caratterizzato il meccanismo molecolare alla base del melanismo industriale[5].
I genetisti sono riusciti ad individuare il locus genetico responsabile del fenotipo scuro della variante carbonaria, locus che contiene il gene cortex. All’interno di questo locus è stato trovato un trasposone, cioè un elemento genetico in grado di spostarsi all’interno del genoma da un punto all’altro. Il trasposone è presente nel gene cortex di tutti gli individui della varietà carbonaria e per questo viene chiamato carb-TE. Si pensa che tale trasposone possa aumentare il livello di espressione del gene cortex, il che determinerebbe quindi lla colorazione scura delle ali di Biston betularia.
Se è vero che repetita iuvant, allora è bene ribadire che la variante melanica sia nata da una mutazione casuale, costituita dalla presenza di un trasposone nel gene cortex. Solo al mutare delle condizioni ambientali, la presenza del carb-TE e la colorazione più scura che ne deriva sono diventate vantaggiose nei confronti degli uccelli predatori.
Mimetismo dei bruchi e fotorecezione extraoculare
Biston betularia presenta un mimetismo criptico non solo nello stadio adulto, ma anche allo stadio larvale. I bruchi di questa specie, infatti, sono in grado di cambiare colore a seconda dei dei ramoscelli su cui stanno crescendo[6].
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Uno studio del 2019[7] ha indagato la fotorecezione extraoculare, ossia la capacità di un animale di percepire la luce con organi differenti dagli occhi. Infatti, se il polimorfismo del colore degli adulti è, come abbiamo visto, determinato geneticamente, le larve si mimetizzano invece attraverso dei cambiamenti fenotipici relativamente rapidi. La variazione di colore dei bruchi di Biston betularia è difatti una risposta ai segnali di colore dei ramoscelli. Tuttavia, le caratteristiche biologiche degli ocelli dei bruchi non sembrano essere sufficienti, da sole, a percepire efficientemente queste differenze di colore e quindi a determinare la risposta.
Lo studio in questione ha quindi indagato se lo stimolo luminoso fosse effettivamente percepito dagli ocelli o da organi extraoculari. Coprendo gli ocelli delle larve (e impedendo quindi la fotorecezione ocellare) si è osservato comunque un cambiamento di colore coerente con quello dei ramoscelli. Nei bruchi di Biston betularia deve quindi esserci un secondo meccanismo di percezione del colore, probabilmente a carico di un opsina extraoculare (un recettore in grado di percepire la luce) presente nell’epidermide. L’espressione di opsine epidermiche era già stata rilevata in alcuni cnidari (coralli e meduse), cefalopodi, altri artropodi e alcuni vertebrati.
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Ecologia di Biston betularia
Biston betularia è diffusa in tutta Europa, in Asia e in America settentrionale. Il primo esemplare della varietà carbonaria fu avvistato a Manchester nel 1845[3]. Successivamente sono state registrate forme melaniche anche in Nord America e Giappone.
L’epiteto betularia richiama l’abitudine della farfalla di posarsi sui tronchi di betulle, alberi dalla corteccia chiara a causa dei licheni che ne ricoprono la superficie. Infatti, Biston betularia depone le uova su tronchi e rami di alberi, specialmente di betulla, dove poi i bruchi si nutriranno delle foglie.
I bruchi sono dotati di due coppie di pseudozampe (ossia espansioni laterali simili a zampe) all’estremità posteriore del corpo. Per avanzare, i bruchi avvicinano queste pseudozampe alle zampe anteriori, piegando così il corpo ad arco; dopodiché, si slanciano in avanti con le zampe. Questo movimento è definito movimento a compasso, a cui fa riferimento non a caso il nome della famiglia a cui appartiene Biston betularia, quella dei geometridi: sembra che i bruchi misurino i rami o il tronco su cui si muovono proprio come fossero un compasso.
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La falena delle betulle è un insetto piuttosto comune e dal ciclo riproduttivo abbastanza rapido, che prevede una generazione ogni anno. Anche per questo motivo, ci vollero solo pochi decenni affinché la variante scura di Biston betularia sostituisse completamente la forma chiara.
Gli individui adulti volano da maggio a luglio e, in questo periodo, non è affatto difficile poterle avvistare, nonostante le loro piccole dimensioni e le loro capacità di mimetizzarsi.
Conclusioni
Biston betularia e il fenomeno del melanismo industriale costituiscono uno degli esempi di evoluzione più famosi che si possa trovare nella letteratura scientifica. Si tratta infatti di una delle innumerevoli prove della selezione naturale in atto, in questo caso in seguito a modificazioni ambientali di origine antropica. Grazie agli studi genetici, è stato scoperto anche il meccanismo molecolare alla base del melanismo industriale; la caratterizzazione del gene cortex e del trasposone carb-TE ha dimostrato infatti come un’unica mutazione possa dimostrarsi vantaggiosa o svantaggiosa in funzione dell’ambiente con cui interagisce l’organismo.
Referenze
- Majerus, M. E. (2009). Industrial melanism in the peppered moth, Biston betularia: an excellent teaching example of Darwinian evolution in action. Evolution: Education and Outreach, 2(1), 63-74;
- R. J. BERRY (2008), Industrial melanism and peppered moths (Biston betularia). Biological Journal of the Linnean Society, Volume 39, Issue 4, April 1990, Pages 301–322
- Kettlewell, H. D. (1958). A survey of the frequencies of Biston betularia (L.)(Lep.) and its melanic forms in Great Britain. Heredity, 12(1), 51-72;
- Walton, O. C., & Stevens, M. (2018). Avian vision models and field experiments determine the survival value of peppered moth camouflage. Communications biology, 1(1), 1-7;
- Van’t Hof, A. E., et al. (2016). The industrial melanism mutation in British peppered moths is a transposable element. Nature, 534(7605), 102-105;
- Noor, M. A., et al. (2008). A reversible color polyphenism in American peppered moth (Biston betularia cognataria) caterpillars. PloS one, 3(9), e3142;
- Eacock, A., et al. (2019). Adaptive colour change and background choice behaviour in peppered moth caterpillars is mediated by extraocular photoreception. Communications biology, 2(1), 1-8.
Immagine di copertina di Siga, Wikimedia Commons (CC BY-SA 4.0).