La Community italiana per le Scienze della Vita

Evoluzione Convergente: così uguali, così diversi

Che cosa meravigliosa è l’evoluzione. Con la sua storia si sono riempiti libri, e chissà quante parole sono state spese per parlarne. Sicuramente un solo articolo (e per lo più scritto da uno come il sottoscritto, che è un semplice studente di Scienze Naturali col pallino per gli animali) non basterebbe. Qualche giorno fa pensavo a cosa scrivere, fissando in modo quasi apatico i miei insetti stecco (Medauroidea extradentata), che in questo periodo sono piuttosto indaffarati a deporre le loro piccole uova. Già.. le uova. Una cosa comune anche a molti altri animali che, geneticamente parlando, con gli insetti c’entrano poco o nulla.

Si definisce “convergenza evolutiva” (o evoluzione convergente) il fenomeno per cui due organismi, anche lontani geneticamente, sviluppano strutture simili in risposta a stimoli ambientali simili.

Infatti le mutazioni sono casuali, ma è sempre il contesto spazio – temporale a decretare se siano anche favorevoli o meno. Infatti una mutazione può essere favorevole in un contesto e svantaggiosa in un altro, come se l’ambiente volesse ribadire che comunque spetta a lui l’ultima parola; e non lo dico per dire, siccome anche illustri naturalisti del calibro di Jean-Baptiste de Lamarck (famoso non solo per le sue teorie, ma anche per aver creato la fino ad allora inesistente parola “invertebrati” (1)) avevano dato all’ambiente il controllo totale sulle forme dei viventi, ed ogni modificazione anomala (parlare di “mutazioni” in taluni contesti storici è anacronistico) era da considerarsi una forma mostruosa che presto o tardi sarebbe passata sotto la scure di quel boia chiamato Ambiente.

Fu solo con le scoperte di Charles Darwin e Alfred Russel Wallace (2) che si ipotizzò la possibilità che talune modificazioni potessero avere valore premiante in taluni contesti spazio temporali. La cosa curiosa è che questi due scienziati arrivarono alle medesime conclusioni in modo del tutto indipendente; anche questa, se vogliamo, è evoluzione convergente.

Così uguali, così diversi: Evoluzione convergente

Ma non divaghiamo troppo. Tornando ai miei amati insetti stecco, la convergenza che può saltare subito all’occhio è che gli insetti non sono gli unici animali della terraferma che depongono uova. Anche i rettili e gli uccelli lo fanno, e pure le chiocciole terrestri.

La sostanziale differenza delle uova deposte da animali completamente terrestri con le uova dei pesci e degli anfibi è che queste ultime non hanno un guscio duro, e ciò perché l’embrione (il cui metabolismo inizia già all’interno dell’uovo) si libera degli scarti metabolici mentre è in acqua, liberandosi di anidride carbonica, acqua e Sodio in eccesso derivato dalla digestione delle proteine (ovvero l’ammoniaca) per semplice diffusione.

E’ una via senz’altro poco costosa in termini energetici, ma legata all’ambiente acquatico (poiché all’aria non c’è abbastanza acqua per fare un’operazione del genere); tale condizione è detta “ammoniotelica”.

Gli animali che hanno scelto una vita terrestre hanno dovuto fare i conti con una serie di problemi, come la disidratazione e la forza di gravità (visto che all’aria non c’è il principio di Archimede, che permette alle balene di nuotare leggiadre nonostante la massa spaventosa).

Gli animali terrestri che fanno le uova le fanno col guscio duro e impermeabile.

E non potrebbero fare altrimenti, visto il problema che rappresenta la disidratazione; un uovo di anfibio esposto per lungo tempo all’aria è condannato ad un inesorabile fine, perdendo in poco tempo tutti i suoi liquidi.

Però c’è anche l’altro alto della medaglia. Un animale terrestre che produce ammoniaca col suo metabolismo deve fare i conti col fatto che non può disfarsene come se nulla fosse; oltretutto, l’ammoniaca di per se non è tossica, ma è molto solubile, e può formare con acqua una base molto corrosiva detta idrossido di ammonio.

Tutto questo preambolo per dire che se vuoi vivere, o l’ammoniaca la elimini subito avendo a disposizione molta acqua oppure la trasformi in qualcosa di più complicato ma meno tossico, in modo da poterla immagazzinare in attesa di liberartene.
I mammiferi ad esempio si trovano bene con l’urea.

Il costo energetico necessario per produrre l’urea a partire dall’ammoniaca non è eccessivo, ma necessita di buone quantità d’acqua; inoltre, l’urea rende l’ammoniaca meno tossica ma non è insolubile, e deve essere per forza espulsa nel giro di breve tempo, altrimenti la situazione diventa piuttosto fastidiosa. Mai provato bruciore alla vescica quando dovete fare pipì e non ne avete la possibilità?

Anche gli anfibi adulti sono “ureotelici”, essendo legati più delle loro uova all’ambiente terrestre.
Un’altra via è quella di rendere insolubile e praticamente atossica l’ammoniaca, trasformandola in acido urico. Il processo richiede poca acqua, ma è davvero molto costoso. Eppure rettili, insetti e uccelli hanno scelto proprio questa via. Chi glielo ha fatto fare di impiegare così tante energie per diventare “uricotelici”?

La colpa è della cosa che li accomuna e della quale parlavo all’inizio.

Ovvero, tutti e tre nascono dalle uova. Il metabolismo dell’embrione inizia nell’uovo, ed esso già produce scarti metabolici; il punto è che il nascituro ci rimane per un po’, e se i suoi scarti fossero tossici il loro accumulo ne decreterebbe la morte. Impiegare così tanta energia per produrre l’acido urico è l’unico modo per mantenere vitale l’embrione nonostante l’accumulo delle sostante di rifiuto all’interno di un sistema isolato dall’ambiente.

Anche le chiocciole e le lumache terrestri sono uricoteliche, poiché depongono uova all’aria aperta; molte chiocciole marine invece sono ammonioteliche poiché è decisamente più conveniente.

E qui torniamo alla nostra cara evoluzione convergente.

Evolutivamente parlando, si può dire che gli uccelli hanno ereditato questo adattamento dai rettili (in questo caso si tratta di dinosauri teropodi) cui derivano, e che i rettili hanno “guadagnato” questo upgrade dai loro antenati anfibi poco più di 300 milioni di anni fa; ciò ha permesso loro di staccarsi definitivamente dall’ambiente acquatico (sebbene qualcuno poi ci sia ritornato).

Ma gli insetti e le chiocciole? Che c’entrano con gli altri? Beh, più o meno nulla. E non hanno molto in comune nemmeno tra di loro. Gli antenati dei vertebrati infatti hanno seguito una linea evolutiva del tutto diversa dagli antenati dei moderni molluschi e dei moderni insetti e questa netta “divisione” trai gruppi si è rivelata essere piuttosto remota.

Quel che è straordinario è che animali del tutto dissimili tra di loro, partendo da una condizione più o meno simile (si presume almeno parte degli antenati di questi animali essendo acquatici fossero ammoniotelici) abbiano sviluppato ognuno per conto proprio un tale costoso, complesso e articolato trattamento dell’ammoniaca in risposta a condizioni simili, ovvero il problema che avrebbe avuto l’embrione in seguito all’accumulo degli scarti metabolici dentro l’uovo.

Di esempi di evoluzione convergente ce ne sono a tonnellate, ma qui ho preferito soffermarmi su questo particolare aspetto; nulla vieta però di approfondire altri aspetti di questo fenomeno in qualche altro articolo.

Badate bene, in questo articolo si considera l’evoluzione come la trasmissione di un individuo alla prole di talune mutazioni casuali che per caso si sono rivelate favorevoli in un determinato contesto spazio – temporale. La vita non è perfetta, chissà quanti esperimenti falliti dei quali non siamo a conoscenza hanno portato alla fortunata coincidenza dei disfarsi dei rifiuti azotati in questo modo. Però, questo rende la cosa ancora più affascinante.

(1) – (2) Giulio Barsanti, “Una lunga pazienza cieca. Storia dell’evoluzionismo”, Einaudi.

  • Articolo ed immagine in evidenzia di Willy Guasti, alias Zoosparkle.

Link utile riguardo l’ Evoluzione convergente:

Articoli correlati
Commenta