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Dagli esperimenti alle leggi di Mendel

Come ormai è risaputo le informazioni principali che determinano chi e come siamo sono contenute nel nostro DNA. Con il miglioramento delle tecniche di biologia molecolare e di genetica oggi sappiamo che l’ambiente che ci circonda può influenzare non solo direttamente il DNA, causando mutazioni con risvolti variabili, ma anche il processo che dal genoma porta alla sintesi e alla regolazione delle proteine andando a costituire la così detta epigenomica.

Capire come tali processi avvengano è fondamentale per contestualizzare sia processi evolutivi che patologici e per meglio impostare studi e terapie cliniche. Nonostante la variabilità che tali meccanismi comportano, la base di partenza restano i geni, le sequenze nucleotidiche e quanto “scritto” nel DNA. Capire le modalità di ereditarietà è il principio per capire i meccanismi sopra introdotti, e Mendel ne fu il pioniere.

Gregor Mendel è stato un monaco della Repubblica Ceca appassionato di scienza. Egli infatti si dilettava allo studio della meteorologia, della matematica e della botanica. Appena imparò alcune tecniche fondamentali quali l’impollinazione artificiale non perse tempo e cominciò ad occuparsi dell’orto del suo convento a Brno: da qui a rivoluzionare la scienza è un attimo. Ricordiamo infatti che il così conosciuto DNA ancora non era stato scoperto se non come molecola facente parte della cellula senza uno scopo preciso: siamo infatti nel 1853.

La legge della dominanza

Per i suoi esperimenti Mendel utilizzò centinaia di piante di Pisum sativum, piante di pisello, che si divertì ad incrociare anche grazie all’aiuto degli inservienti che poteva sfruttare, i “vecchi tirocinanti”. La scelta di tale pianta risale al suo semplice mantenimento, alla sua ampia disponibilità e alle necessità culinarie del monastero. Il suo scopo non era caratterizzare singoli caratteri da un punto di vista genetico, nemmeno si sapeva cosa fossero i geni, ma capire come “l’aspetto” esteriore di tali piante potesse variare con il passare delle generazioni.

Cominciò a selezionare delle piante appartenenti a linee pure: ovvero quando venivano incrociate i discendenti presentavano tutti lo stesso carattere dei genitori. In particolare utilizzò piante con semi lisci o rugosi e con fiori bianchi o porpora, oltre ad altre caratteristiche come la lunghezza dei fusti o il colore dei baccelli immaturi.

Per effettuare ciò si servì dell’autofecondazione: fece cadere il polline di un fiore sullo stigma di un altro della stessa pianta. Definiamo F0 la generazione genitoriale, F1,2,3 e così via dicendo quelle successive in ordine cronologico.

Iniziò incrociando semi gialli e semi verdi ottenendo la generazione F1 e notò come fossero tutti gialli indipendentemente da quale fosse l’organismo maschile o femminile. Incrociò poi tali individui e ottenne una F2 composta di 6022 semi gialli e 2001 semi verdi.

Definì quindi il carattere dominante quello che si manifesta nelle generazioni e carattere recessivo quello che scompare, almeno nella F1. Chiamò quindi alleli gli elementi della cellula che determinavano tale meccanismo ereditario. Pensava che ogni carattere presente avesse due alleli: se entrambi erano o dominanti o recessivi si parla di omozigosi, se ne era presente uno dominante e uno recessivo di eterozigosi.

Il quadrato di Punnet 

Esso è uno schema in cui vengono disposti gli alleli considerati presi singolarmente per i singoli caratteri e si verificano qualitativamente e quantitativamente i risultati. Quantitativamente perché posso calcolare statisticamente il numero di individui che presenteranno un determinato carattere, qualitativamente perché posso capire quali saranno le caratteristiche mostrate nelle varie possibilità. Se considero un solo carattere da due linee pure avrò una sola possibilità: individui che avranno un allele dominante e uno recessivo e che quindi manifesteranno il solo carattere dominante.

Legge della dominanza: gli individui nati dall’incrocio tra due individui omozigoti che differiscono per una coppia allelica, avranno il carattere dato dall’allele dominante.

La Legge della segregazione

Come detto sopra Mendel incrociò gli individui della F1 ottenendo 6022 semi gialli e 2001 semi verdi. Capì che il carattere verde fosse recessivo e che in qualche modo dovesse venir conservato. Quindi pensò che i due alleli fossero entrambi presenti nella cellula e che a manifestarsi fosse solo il dominante. Gli individui con alleli diversi, come già detto eterozigoti, vennero chiamati ibridi. Nonostante non si manifestasse quello recessivo poteva però essere ereditato e Mendel propose l’idea che durante la meiosi gli alleli di ogni carattere si dividessero nelle cellule figlie in maniera simmetrica: da qui deriva il funzionamento dei quadrati di Punnet e la legge della segregazione di Mendel.

Abbiamo visto come la generazione F1 fosse composta da individui tutti manifestanti il carattere dominante e caratterizzati da eterozigosi. Incrociando questi ci si aspettava che anche gli alleli recessivi venissero trasmessi e quindi il ritorno del loro manifestarsi. Come già riportato numericamente avvenne così.

Si ottennero il 50% di individui eterozigoti gialli, che ricordo essere l’allele dominante, il 25% omozigoti gialli e il 25% di omozigoti verdi. Quelli verdi sono presenti solo in omozigosi dell’allele recessivo verde perché se presente l’allele dominante non verrebbe “espresso”.

Legge della segregazione: durante la generazione della prole, gli alleli associati a uno stesso gene si separano tra di loro, facendo sì che ad ognuno dei due gameti giunga solo uno degli alleli stessi.

La Legge dell’assortimento indipendente

Per concludere il suo ciclo di esperimenti Mendel decise di capire come i vari caratteri di un organismo potessero essere ereditati contemporaneamente e se ci fosse qualche tendenza statistica. Questa volta considerò non solo il colore dei semi, ma anche il fatto che fossero rugosi o lisci. Il quadrato di Punnet risultante era composto da 16 quadrati che tenevano conto sia della possibilità di semi gialli rugosi o lisci che di semi verdi rugosi o lisci. Considerando che i semi lisci erano la linea dominante si ottenne il 56% di semi gialli e lisci, il 18% di semi verdi e lisci, il 18% di semi gialli e rugosi e il restante di verdi e rugosi.

Capì quindi come non ci fossero interazioni specifiche, ma i singoli caratteri venissero ereditati indipendentemente dagli altri.

Legge dell’assortimento indipendente: durante la formazione dei gameti, geni diversi si distribuiscono l’uno indipendentemente dall’altro.

Quando si usano le leggi di Mendel?

Le leggi di Mendel si usano solo in presenza di alleli che presentano uno specifico rapporto di dominanza e recessività. Quel carattere deve essere quindi determinato da due alleli che influenzano reciprocamente la capacità di venire espressi. Ad esempio per capire come il colore degli occhi venga ereditato non bastano tali leggi in quanto sono coinvolti molti più geni non necessariamente in tale rapporto. Inoltre è applicabile solo a caratteri di natura somatica ovvero situati su cromosomi NON sessuali: per questi l’ereditarietà dipende dal cromosoma sessuale e non tiene conto di fenomeni di genetica molecolare quali il crossing-over.

Leggi anche: Estensioni delle leggi di Mendel

Conclusioni

Gregor Mendel fu quindi un pioniere non solo perché il primo ad effettuare studi sui meccanismi di ereditarietà, ma in quanto lo fece senza avere le conoscenze sul DNA che abbiamo oggi e ipotizzando la presenza di elementi senza poterne avere l’effettiva conferma. Inoltre tali meccanismi non sono sempre validi, ma bisogna prendere in considerazione anche fenomeni di biologia molecolare che ad oggi sono il centro di numerosi studi: capire come i geni vengono regolati nella loro espressione è fondamentale per capire di più su chi siamo.

Fonte: Carroll B. S., Doebley J., Griffiths J. F. A., Wessler R. S. – “Genetica, principi di analisi formale”, Capitoli 2 e 3, Zanichelli, Bologna.

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