Gli enzimi sono definiti come dei catalizzatori di processi biologici. Sono proteine che hanno il potere di accelerare notevolmente le reazioni chimiche tipiche dei processi vitali e lo fanno come tutti gli altri catalizzatori: consentono solo reazioni termodinamicamente possibili, alla fine del processo sono inalterati e non alterano mai l’equilibrio delle reazioni. Inoltre, gli enzimi si distinguono per la loro efficienza, specificità e modulabilità.
Struttura e funzionamento degli enzimi
- sono in grado di velocizzare una reazione fino a 1015 volte rispetto ad una non catalizzata;
- la maggior parte degli enzimi sono stereospecifici, ossia sono attivi solamente su uno dei due enantiomeri;
- una reazione enzimatica può essere regolata sia in senso positivo che negativo e questo grazie ad attivatori ed inibitori.
Una reazione catalizzata da un enzima avviene in una particolare regione dell’enzima detto sito attivo. Le proteine assumono una struttura terziaria, quindi l’enzima assumerà una struttura terziaria ed in una specifica zona di questa struttura avverrà la reazione.
La molecola che si lega al sito attivo e su cui agisce l’enzima è il substrato. L’enzima dunque stabilisce delle interazioni con il substrato che si lega nel sito attivo e si forma così un complesso enzima-substrato. Una volta avvenuta la reazione catalitica i prodotti lasciano la superficie dell’enzima libero di reagire con un’altra molecola di substrato.
Alcuni enzimi hanno necessità di componenti chimici addizionali per esplicare la loro funzione, questi componenti sono chiamati coenzimi. I coenzimi sono fondamentalmente dei trasportatori momentanei di gruppi funzionali specifici, possono essere molecole organiche oppure semplici ioni metallici (cofattori).
Molti coenzimi hanno come precursori vitamine idrosolubili del gruppo B. Le vitamine sono molecole che svolgono la loro attività in quantità molto piccole. Sono essenziali per l’uomo e per molti altri animali, in quanto non possono essere sintetizzate a partire da molecole più semplici, ma devono essere assunte con l’alimentazione.
Leggi anche:
- Vitamina B1 (Tiamina)
- Vitamina B2 (Riboflavina)
- Vitamina B3 (Niacina o vitamina PP)
- Vitamina B5 (acido Pantotenico)
- Vitamina B6 (Piridossina, Piridossale e Piridossamina)
Gli enzimi sono dunque proteine di dimensioni molto generose, molto spesso dotati di struttura quaternaria nonostante sia la struttura terziaria a determinarne la bontà catalitica. Generalmente si può affermare che la struttura complessiva dell’enzima sia notevolmente maggiore dei substrati sui quali agiscono. Se i cofattori o i coenzimi sono legati covalentemente all’enzima sono detti gruppi prostetici, l’insieme (componente proteica+coenzima/cofattore) prende il nome di oloezima.
Classificazione EC
In generale gli enzimi vengono classificati in base alle reazioni che catalizzano. Infatti, un numero unico identifica ogni singolo enzima, ogni numero è composto da quattro sezioni distinte e separate da un punto. La numerazione risponde ad un preciso schema di classificazione che è in uso fin dal 1961 d è stato introdotto dalla Commissione sugli Enzimi (EC) della Unione Internazionale di Biochimica (IUB).
Gli enzimi sono suddivisi in 6 classi, in base alla reazione catalizzata. La classe di appartenenza è specificata dalla prima sezione del numero.
1. Ossidoreduttasi
2. Transferasi
3. Idrolasi
4. Liasi
5. Isomerasi
6. Ligasi
La seconda e terza sezione del numero indicano la sotto classe e sotto sotto-classe per specificare più dettagliatamente la reazione catalizzata. Possono specificare una tipologia di legame piuttosto che la presenza di un eventuale coenzima o di un gruppo chimico. La quarta ed ultima sezione indica la posizione dell’enzima nella sotto sotto-classe.
Il nome comune è generalmente costituito dal nome del substrato e da un termine (con suffisso -asi) che tende a specificare la reazione, ma talvolta con qualche variante rispetto al nome della classe di appartenenza.
Catalisi enzimatica
La catalisi enzimatica delle reazioni è un processo essenziale per gli organismi viventi. Una reazione enzimatica può essere descritta dagli equilibri: E+S ↔ES ↔ EP ↔ E+P. Dove (E) è l’enzima, (S) il substrato, (ES, enzima-substrato) è il complesso transitorio che si evolve poi in un complesso transitorio (EP, enzima-prodotto) che poi produrrà l’enzima libero e i prodotti (P).
Diagramma della coordinata di reazione
Per comprendere il meccanismo d’azione dobbiamo avere un’immagine dell’andamento energetico della reazione. Qualsiasi reazione può essere descritta da un diagramma della coordinata di reazione che riporta sull’asse delle y l’energia libera indicata con G e sull’asse delle x la coordinata di reazione che è un indice del procedere della reazione.
Quindi una reazione che dal substrato va al prodotto può essere descritta da un diagramma della coordinata di reazione in cui abbiamo l’energia libera del substrato; per descrivere la transizione si ha una variazione dell’energia libera corrispondente alla differenza di energia libera dei prodotti e del substrato. Con S si indica il substrato e con P i prodotti. Definiamo quindi il punto di partenza della reazione stato basale e corrisponde al contributo in energia di una data molecola di substrato in specifiche condizioni.
Stato di transizione
Lo stato di transizione è la soglia di energia che bisogna superare per fare avvenire la reazione chimica, quindi definiremo un ΔG, quindi una variazione di energia per la conversione del substrato al prodotto. Chiaramente si può definire un ΔG per la reazione inversa, quindi per la conversione dal prodotto al substrato.
Si definisce ΔG0’ la differenza tra l’energia libera del punto P e l’energia del reagente S ed è definita come l’energia libera richiesta dalla trasformazione del sistema chimico in specifiche condizioni standard, quindi temperatura 298 K, pressione 1 atm, pH 7.0 che è quanto più vicino alle condizioni fisiologiche. Quindi l’equilibrio fra S e P è una funzione della differenza tra i livelli di energia libera dei 2 composti nei loro stati basali.
Velocità di una reazione
Ora chiaramente, se un equilibrio è favorevole, quindi se una reazione avviene, non significa però che la velocità sia elevata. La velocità di una reazione dipende appunto da un parametro completamente diverso. Come si vede nel diagramma della coordinata di reazione tra S e P esiste una barriera energetica che corrisponde all’energia necessaria per es. ad allineare i gruppi reagenti, a formare cariche transitorie, a produrre trasformazioni che sono richieste perché la reazione possa procedere in una delle due direzioni.
Quindi purché avvenga la reazione le molecole devono superare questa barriera, quindi devono raggiungere un livello energetico più alto, che è appunto lo stato di transizione.
Energia di attivazione
Lo stato di transizione non corrisponde ad una specie chimica con qualche stabilità, quindi la differenza tra i livelli di energia dello stato di base e dello stato di transizione è detta energia di attivazione. La velocità di una reazione dipende da questa energia di attivazione. Una elevata energia di attivazione corrisponde ad una bassa velocità di reazione.
Il catalizzatore aumenta la velocità della reazione perché abbassa l’energia di attivazione, quindi formando un complesso enzima substrato ES viene abbassata l’energia di attivazione il che significa che è necessaria meno energia per il procedere della reazione il complesso enzima prodotto EP dopo di che quando la reazione finisce l’enzima resta inalterato alla fine della reazione. Se si guarda questa differenza si vede come il ΔG* della reazione catalizzata è molto inferiore del ΔG della reazione non catalizzata. Quindi l’energia di attivazione è più bassa in presenza dell’enzima e la reazione avviene più velocemente.
Intermedi della reazione e tappa limitante la velocità di reazione
Una reazione enzimatica può comprendere diverse tappe in cui si ha la formazione e la scomparsa di specie transitorie dette intermedi della reazione che sono delle specie chimiche con una qualche stabilità e che non sono da confondere con lo stato di transizione. Questo significa che se la reazione comprende più tappe chiaramente la velocità complessiva della reazione è determinata dalla tappa con l’energia di attivazione più elevata e questa tappa viene detta tappa limitante la velocità di reazione.
Gli enzimi accelerano dunque una reazione abbassando l’energia di attivazione. Il meccanismo per abbassare questa energia risiede nella formazione di uno specifico complesso ES. Questa formazione è mediata dalle forze che stabilizzano la struttura delle proteine, compresi i legami a idrogeno, le interazioni idrofobiche.
Energia di legame
La formazione di ogni interazione debole nel complesso ES è accompagnata da un piccolo rilascio di energia libera che determina il grado della stabilità dell’interazione. L’energia che si libera da questa interazione ES viene detta energia di legame ed è proprio questa energia di legame la fonte principale di energia libera usata dall’enzima per abbassare l’energia di attivazione della reazione.
In realtà c’è da ragionare sul fatto che le interazioni deboli sono ottimali allo stato di transizione della reazione, quindi il sito attivo dell’enzima non è complementare al substrato come tale ma allo stato di transizione che il substrato deve raggiungere per convertirsi in prodotto nella reazione. Quindi nel complesso ES si formano solo alcune interazioni deboli ma la sinergia tra le varie interazioni e il massimo valore dell’energia di legame che serve per abbassare l’energia di attivazione è raggiunto quando il substrato raggiunge lo stato di transizione. Quindi le interazioni deboli (ioniche, idrofobiche, legami idrogeno) vengono fornite dall’enzima in modo tale che l’energia di legame diventi ottimale nello stato di transizione.
Specificità di un enzima
La stessa energia di legame che fornisce l’energia per la catalisi determina una delle due proprietà fondamentali degli enzimi, ovvero la specificità, che è la capacità di discriminare tra il substrato e composti simili. E’ facile comprendere questa relazione tra energia di legame e specificità se consideriamo il fatto che il sito attivo di un enzima possiede dei gruppi funzionali che sono disposti nello spazio in modo tale da poter stabilire delle interazioni ottimali con il substrato nello stato di transizione e quindi chiaramente l’enzima non sarà in grado di stabilire altrettante interazioni ottimali con un’altra molecola.
Effetto di prossimità e orientamento
L’altra proprietà degli enzimi è quella che va sotto il nome di effetto di prossimità e orientamento. Quindi l’enzima per la sua stessa natura di essere una macromolecola, quindi oltre al sito attivo ha tutta un’altra regione capace di stabile delle interazioni con il substrato, fa sì che il substrato è mantenuto nella posizione e nell’orientamento corretto per la reazione. Ad es. l’acqua viene esclusa dal sito attivo e non può quindi competere con le reazioni che avvengono nel sito attivo.
Per approfondire: I meccanismi della catalisi enzimatica
Cinetica enzimatica
In una reazione enzimatica possiamo riportare la velocità iniziale, cioè la velocità misurata all’inizio della reazione e per un intervallo di tempo breve, in queste condizioni la variazione del substrato può essere considerata trascurabile (e quindi S diventa pressoché costante) in funzione della variazione del substrato nel corso di una reazione. Se quindi riportiamo la velocità iniziale, espressa in una variazione di concentrazione per minuto in funzione della concentrazione del substrato, per una concentrazione di enzima costante quindi fissato E=fissata notiamo che v tende ad un valore limite, Vmax.
Quindi a concentrazione di substrato relativamente basse Vo aumenta quasi linearmente con l’incremento della concentrazione di substrato. Ad alte concentrazioni di substrato l’aumento di Vo diventa sempre meno evidente in risposta a concentrazioni di substrato crescenti. Dopo questo tratto anche aggiungendo altro substrato si hanno soltanto variazioni minime della Vo, quindi in questa regione della curva la velocità della reazione si avvicina alla velocità massima Vmax.
La curva che esprime la relazione tra la concentrazione di substrato e Vo ha lo stesso andamento nella maggior parte degli enzimi ed è simile ad un’iperbole. Essa è espressa algebricamente dall’equazione di Michaelis-Menten.
L’attività enzimatica viene modificata da diversi fattori. Uno di questi è il pH. Gli enzimi hanno un pH ottimale o un ambito di pH ottimale in cui la loro attività diventa massima. Questo perché le catene laterali degli amminoacidi possono svolgere funzioni critiche che dipendono dal loro stato di ionizzazione. Il gruppo ionizzato potrebbe quindi avere un ruolo essenziale nel mantenimento della struttura della proteina.
Allo stesso modo l’attività enzimatica è influenzata dalla temperatura. Quindi si definisce temperatura ottimale o un intervallo di temperatura ottimale in cui l’attività enzimatica diventa massima. A valori di temperatura più bassi o più elevati l’attività enzimatica tende a diminuire.
Equazione di Michaelis-Menten
I termini importanti di questa equazione sono la concentrazione del substrato, il valore di Vo e il valore di Vmax. Un altro valore importante è la concentrazione di substrato quando Vo è uguale a ½ della velocità massima. Questa è una definizione molto utile e viene definita Km. Quindi Km è equivalente alla concentrazione del substrato a cui Vo è metà della velocità massima ed in pratica rappresenta l’affinità dell’enzima per un dato substrato.

Può essere utile per ricavare questi valori passare a quello che viene definito un grafico dei doppi reciproci, in cui viene riportata sull’asse delle x l’inverso della concentrazione di substrato (quindi 1/s), sull’asse delle y l’inverso della Vo (1/Vo) e a questo punto la curva che abbiamo visto rappresentata prima come un’iperbole verrà descritta da una retta. Descrivendo quindi il grafico dei doppi reciproco diventa matematicamente più semplice calcolare i parametri che caratterizzano un enzima ovvero la Vo, Vmax e Km.
Quindi al diminuire del valore di Km aumenterà l’affinità dell’enzima per il substrato e si formerà più facilmente il complesso ES. La velocità della reazione non può più aumentare quanto tutti i siti attivi risultano occupati perché si è raggiunta la saturazione dell’enzima. L’equazione di Michaelis-Menten è valida per la maggior parte degli enzimi; quando è così, si dice che l’enzima segue una cinetica di Michaelis-Menten.
Regolazione dell’attività enzimatica
Nella natura stessa della reazione catalizzata da un enzima vi è il fatto che la reazione enzimatica possa essere modulata da parametri esterni, ad esempio dalla presenza di molecole che possono fungere da attivatori della catalisi enzimatica o da inibitori della catalisi enzimatica. La quasi totalità dei processi cellulari dipende dall’azione di enzimi e quindi non è strano che gli inibitori enzimatici siano i più importanti agenti farmaceutici conosciuti.
La regolazione dell’attività enzimatica è modulabile dalla cellula con differenti strategie:
- induzione dell’espressione genica
- feedback negativo
- Modifiche post-traduzione
- Attivazione enzimatica in condizioni differenti da quelle di produzione
- Compartimentalizzazione enzimi
- Proteolisi limitata (zimogeni)
Inibizione enzimatica
Gli inibitori enzimatici possono essere divisi in due classi distinte: inibitori enzimatici specifici e non specifici. Gli inibitori non specifici sono tutti quei fattori, ad esempio il pH, in grado di alterare la struttura e funzione di un enzima. Gli inibitori specifici invece agiscono direttamente sull’azione enzimatica, influenzandola.
Generalmente, si distinguono diversi tipi di inibizione a seconda di come l’inibitore lega l’enzima e come interferisce con il legame tra l’enzima ed il substrato.
Possiamo distinguere:
- inibizione reversibile: competitiva, non competitiva e mista a seconda delle interazioni dell’inibitore con l’enzima libero o il complesso enzima substrato;
- inibizione irreversibile
Inibizione enzimatica competitiva
Come dice la parola stessa, l’inibitore compete con il legame per il substrato. Schematicamente l’enzima ha lo stesso sito di legame per il substrato e l’inibitore; quando l’inibitore occupa il sito attivo dell’enzima impedisce il legame del substrato. Gli inibitori competitivi sono spesso composti che hanno una struttura simile al substrato formando un composto enzima-substrato e non subiscono la catalisi. Quindi sono capaci di diminuire l’efficienza catalitica degli enzimi.
Considerando che la struttura dell’inibitore è simile al substrato naturale dell’enzima, questo tipo di inibizione può essere rimossa semplicemente aumentando la concentrazione di substrato. In presenza di un inibitore competitivo è diversa la concentrazione di substrato a cui si raggiunge quel valore di ½ Vmax, cioè quel valore di Km.
Inibizione enzimatica non competitiva
Nell’inibizione non competitiva, l’inibitore si lega a un sito diverso dal substrato. Sull’enzima sono presenti due siti, uno al quale si lega il substrato e l’altro al quale si lega l’inibitore. A questo punto se l’inibitore è legato all’enzima, questo è inattivo anche in presenza del substrato. Perché l’inibizione sia rimossa in questo caso invece, bisogna solamente aumentare la concentrazione dell’enzima.
Il valore di Vmax che si misura in presenza di un inibitore non competitivo è quindi sempre inferiore a quella Vmax normale e anche il valore di Km è modificato, in quanto la concentrazione di substrato necessaria a raggiungere ½ Vmax è anch’esso diminuita.
Inibizione enzimatica mista
E’ un caso speciale di inibizione in cui l’inibitore si lega a un sito distinto da quello che lega il substrato ma si può legare sia all’enzima libero che al substrato sia all’enzima substrato. Un inibitore misto modificata generalmente sia i valori di Vmax che i valori di Km.
Inibizione enzimatica irreversibile
Nei casi di inibizione reversibile gli inibitori si legano all’enzima reversibilmente e quindi se si dissociano dall’enzima ne ripristinano l’attività. Invece, gli inibitori irreversibili si associano con l’enzima formando dei legami con l’enzima rendendolo inattivo. La formazione di un legame covalente tra un inibitore irreversibile e un enzima è un fatto piuttosto comune e la formazione di legami con inibitori sono degli strumenti particolarmente utili per lo studio dei meccanismi delle reazioni enzimatiche. Una classe speciale di inibitori irreversibili è costituita dagli inattivatori o inibitori suicidi.
Gli inibitori suicidi restano poco attivi fino a quando non arrivano sul sito attivo dell’enzima. Qui riescono a subire le prime fasi della reazione enzimatica e si combinano irreversibilmente con l’enzima.
Enzimi regolatori e modulazione allosterica
Gli enzimi regolatori sono in grado di alterare la velocità delle varie reazioni del metabolismo. Possiamo distinguerne due classi: gli enzimi allosterici e gli enzimi regolati mediante modificazioni covalenti reversibili.
Gli enzimi allosterici sono costituiti da più subunità e possono assumere conformazioni diverse a più alta o a più bassa affinità con il substrato. Quindi l’assunzione di conformazioni a più alta o a più bassa affinità è mediata dalla presenza di modulatori che vengono detti modulatori allostericici e sono in generale metaboliti o piccoli cofattori. I modulatori allosterici possono essere inibitori o stimolatori.
Le proprietà degli enzimi allosterici sono molto diverse da quelle degli enzimi non regolatori, cioè da quelli che seguono la cinetica di Michaelis Menthen e alcune delle differenze sono a livello strutturale. In effetti, gli enzimi allosterici posseggono oltre ai siti attivi, uno o più siti regolatori o allosterici per il legame dei modulatori. Ogni sito regolatore è specifico per il suo modulatore. Sulla base di quanto appena scritto, gli enzimi allosterici hanno una relazione tra substrato e Vo completamente differente rispetto al modello Michaelis Menthen. Gli enzimi allosterici seguono una cinetica sigmoide, questo perché riflette la presenza di interazioni tra le varie subunità della proteina.
Nella classe degli enzimi regolatori, invece, l’attività enzimatica viene regolata da modifiche post-traduzionali. Le più frequenti sono l’aggiunta di gruppi fosfato, l’adenosinamonofosfato, l’uridinamonofosfato, l’adenosinadifosfato ribosio e i gruppi metilici. La fosforilazione e/o defosforilazione rappresenta il processo di modificazione più importante. La fosforilazione può avere sia l’effetto di attivare, sia quello di inattivare un enzima. Generalmente, questo tipo di regolazione è diretto su un enzima-chiave di una via metabolica ed è chiaramente finalizzato a regolare l’intera via, in maniera razionale e funzionale.
Referenze
- David L. Nelson, Michael M. Cox: I principi di biochimica di Lehninger. Edizione Zanichelli.
- Karp, G., 2015, Biologia cellulare e molecolare, Edises
- Biochimica di Lubert Stryer, Jeremy M. Berg, Jhon L. Tymoczko