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Elettroencefalogramma (EEG)

L’elettroencefalogramma è un esame clinico utilizzato in neurologia per registrare l’attività elettrica cerebrale attraverso degli elettrodi posti sul cuoio capelluto. Tale metodica, infatti, permette di visualizzare graficamente l’attività elettrica dei neuroni cerebrali localizzati nella corteccia sotto forma di onde di varia frequenza. Si tratta, quindi, di una metodica di indagine per la valutazione della funzionalità del Sistema Nervoso Centrale.

I segnali EEG sono prodotti dai potenziali post-sinaptici eccitatori (PPSE) o inibitori (PPSI) dei neuroni morfologicamente disposti in strati sistemici organizzati, i cui dendriti apicali sono orientati perpendicolarmente alla superficie corticale.

A questo flusso di corrente perpendicolare al dendrite apicale si accompagna la generazione di un campo magnetico ortogonale al flusso di corrente nel loro insieme, queste attivazioni costituiscono i campi di potenziale elettromagnetici o dipoli elettromagnetici.

L’attività elettrica del cervello, quindi, è prodotta dalla somma d’attività delle singole cellule cerebrali (neuroni) tramite un processo di natura fisico-chimica che comporta il passaggio di ioni sodio e potassio attraverso le membrane cellulari, è rilevabile sulla superficie del cranio e presenta valori che si aggirano nell’ordine dei microVolt, perciò per essere registrata e analizzata deve essere amplificata un milione di volte.

L’ elettroencefalogramma è una rappresentazione del flusso di corrente extracellulare generato dalla somma dei potenziali post-sinaptici che si generano a livello corticale per azione dell’attività sincrona di ampie popolazioni di neuroni cerebrali (~105). Sono così numerosi perché il segnale deve attraversare diversi strati di tessuto non neurale (meningi, liquidi intermedi, ossa del cranio e pelle) prima di giungere all’elettrodo.

Per registrare un segnale elettroencefalografico abbiamo bisogno di almeno due elettrodi di cui uno attivo, il registrante, e uno inattivo, il riferimento.

Si distinguono due tipi di elettrodo di riferimento: il “riferimento cefalico” che è posto sullo scalpo e il “riferimento non cefalico” che è posto in altri distretti corporei (mastoidi, lobi delle orecchie) ritenuti elettricamente inerti o comunque non dotati di attività elettrica propria. Tra l’elettrodo registrante e quello di riferimento si misura una differenza di potenziale che viene rappresentata graficamente sotto forma di onda che assume vari valori in ampiezza e frequenza in funzione del tempo.

Il segnale elettrico raccolto dagli elettrodi viene inviato tramite un cavo schermato ad una testina di amplificazione in grado di trasformare immediatamente il segnale analogico in digitale. La tecnica è stata inventata nel 1929 da Berger Hans, il quale scoprì che vi era una differenza di potenziale elettrico tra aghi infissi nello scalpo, e fu in seguito perfezionata da Jasper Herbert.

Al giorno d’oggi questo esame si utilizza soprattutto per la diagnosi e la gestione delle epilessie, ma viene spesso prescritto anche ai pazienti con tumori, traumi cranici, cefalea, disturbi del sonno ed altre patologie neurologiche.

Non è un esame invasivo e non richiede particolari accorgimenti, in quanto, durante la registrazione non si percepisce nulla, ma è consigliabile rimanere molto rilassati e fermi per ottimizzare la registrazione del segnale elettrico cerebrale e ridurre gli artefatti di origine muscolare e da movimento.

Di routine, si utilizzano elettrodi di superficie che vengono appoggiati sulla cute con l’applicazione di una crema elettroconduttrice.

Si ottiene, in questo modo, un tracciato che segna per ciascun elettrodo le variazioni del voltaggio nel tempo. Normalmente gli elettrodi vengono montati secondo uno schema fisso (sistema 10-20) su tutte le parti del cuoio capelluto. Poiché ogni elettrodo riflette in prima linea l’attività della parte cerebrale più vicina.

L’ elettroencefalogramma è in grado di fornire informazioni non solo su attività elettriche anomale, ma anche sulla loro localizzazione.

La durata media dell’esame varia da 20 a 60 minuti per una registrazione di EEG in veglia.

Durante questa registrazione viene valutata l’attività spontanea e l’insorgenza di eventuali grafoelementi patologici, sia presenti spontaneamente che favoriti da prove di attivazione quali: iperventilazione (respirazione profonda per almeno tre minuti); stimolazioni luminose intermittenti (visione di flash luminosi); privazione di sonno; stimolazioni acustiche e tattili.

Il tracciato EEG è costituito da onde che si caratterizzano per frequenza, ampiezza e morfologia per onda si intende una qualunque transitoria differenza di potenziale registrabile. La frequenza è il numero di onde che si succedono nel tempo di un secondo, che viene misurata in cicli al secondo o Hertz (Hz).

Ci sono vari tipi di onde cerebrali a cui corrispondono determinante bande di frequenza: le onde alfa che hanno una frequenza di 8 – 12,5 cicli al secondo, sono tipiche dello stato di veglia ad occhi chiusi (veglia quieta) e di solito scompaiono con l’apertura degli occhi o con la concentrazione mentale (reazione d’arresto).

Le onde beta, che hanno una frequenza da 13 a 30 cicli al secondo, sono normalmente riscontrate quando si è in stato d’allerta o se sono state assunte alte dosi di farmaci come benzodiazepine o anticonvulsivanti. Le theta che hanno una frequenza da 4 – 7 cicli al secondo, sono trovate normalmente solo nei bambini o in uno stato di sonnolenza. Le delta, che hanno una frequenza di meno di 3 cicli al secondo, sono normalmente riscontrate nel sonno profondo e nei bambini o in caso di anestesia.

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