Il gatto domestico (Felis silvestris catus) è attualmente considerato uno tra i pet più popolari del mondo, ed innumerevoli sono le sue tracce all’interno del nostro immaginario artistico e culturale[1, 2, 6]. Grazie ai dati raccolti tramite interviste telefoniche è stato possibile stimare la presenza di circa 82,4 milioni di gatti solo all’interno delle famiglie degli Stati Uniti continentali, nel 2009. Si parla dunque di numeri molto alti[3]. Ma come è avvenuta, effettivamente, la domesticazione del gatto?
Genealogia del gatto domestico
I primissimi antenati dei nostri gatti apparvero circa 35 milioni di anni fa, nel tardo Eocene. Si ipotizza invece la comparsa dei primi rappresentanti del genere Felis circa 6,2 milioni di anni fa, nella famiglia dei Felidae[2]. Tra le quattro specie identificate in area mediterranea, si trova anche Felis silvestris, comunemente noto come “gatto selvatico“.
Ce ne sono cinque sottospecie: F. s. silvestris, F. s. bieti, F. s. cafra, F. s. ornata, F. s. lybica[2, 4]. Analisi svolte su sequenze di DNA delle cinque sottospecie suggeriscono F. s. lybica come probabile predecessore del gatto domestico. Sembra dunque che il processo di domesticazione sia iniziato in Medio Oriente, nell’area di distribuzione del cosiddetto “gatto del deserto“. I ritrovamenti archeologici, sebbene limitati, puntano nella stessa direzione[1, 3, 6]. Bisogna tuttavia ricordare che, data la natura elusiva e solitaria di questi animali, il continuo processo d’ibridazione tra individui selvatici e domestici è tuttora d’ostacolo per la loro identificazione sistematica[1, 3, 6].
Agli albori della domesticazione
L’ipotesi più accreditata per la domesticazione del gatto vede come protagoniste le prime comunità agricole all’interno della cosiddetta Mezzaluna Fertile, tra Iraq e Siria: è infatti noto che, già 11000 anni fa, i nostri antenati costruivano strutture di contenimento e stoccaggio per le granaglie. L’abitudine di conservare grandi quantità di cereali attraeva inevitabilmente i roditori, come testimoniato dai reperti archeologici della zona. È in questo contesto che il felino si è fatto strada nelle nostre vite: proteggendo, ovviamente senza intenzionalità, i raccolti. Un esempio di preda comune per questi animali, già allora, era costituito da Mus musculus (una specie di topolino tuttora presenta in ambienti rurali ed urbani)[1, 5]. In breve, i gatti meno elusivi iniziarono ad avvicinarsi ai nostri antenati come commensali, ovvero in cerca di cibo. Semplicemente, si insediarono in prossimità delle abitazione degli uomini, abituandosi pian piano alla loro presenza, e gli uomini alla loro[2, 5].
Il dato archeologico
Una sepoltura risalente a 9500 anni fa, rinvenuta sull’isola di Cipro, fornisce ulteriori indicazioni: conteneva uno scheletro umano, seppellito insieme ad un esemplare di probabile F. s. lybica. La disposizione dei corpi è tale da suggerire l’esistenza di un rapporto di affezione[1, 6].
Altre scoperte rilevanti sono state fatte nel sito archeologico di Quanhucun, in Cina. Lì si trovano, infatti, i resti di comunità agricole risalenti a 6000-5000 anni fa, con evidenza di depositi di cereali, presenza di F. s. lybica e di roditori. Sono state svolte analisi quantitative di alcuni isotopi di carbonio e azoto sulle ossa ritrovate in questo sito e i risultati suggeriscono una dieta a base di miglio non solo per i topi e gli umani della zona, ma anche per i felini. Questo indica che già all’epoca i gatti ricevevano cibo dai nostri antenati, o ne trafugavano gli avanzi per cibarsene, confermando una sorta di convivenza consolidata tra le due specie. Nonostante si pensi al Medio Oriente come all’areale di partenza per la domesticazione del predatore, tale ritrovamento anticipa di almeno 3000 la diffusione del gatto in territorio cinese, rispetto a quanto sospettato in precedenza[5].
Ci avviciniamo, infine, a periodi più recenti: 3600 anni fa, in Egitto, comparvero i primi dipinti raffiguranti questi animali all’interno di scene di vita familiari. Furono infatti immortalati mentre mangiano in apposite ciotole, dotati di collarini identificativi: la domesticazione poteva ormai definirsi “compiuta”[2].
Conclusione
Ancora oggi, la relazione tra uomo e gatto risulta difficile da comprendere sino in fondo. Si potrebbe quasi dire che il gatto si sia domesticato da solo: la predazione di piccoli mammiferi costituì infatti, per gli umani, l’unico vantaggio concreto. In sintesi, si tratta di animali poco collaborativi e poco propensi ad apprendere comandi, diversamente dal nostro compagno domestico per eccellenza: il cane[1, 2, 5].
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Referenze
- The taming of the cat. C.A., Driscoll et al. 2009, Scientific American, 300 (6):68-75.
- Domestication and history of the cat. J., Serpell. 2013.
- Population characteristics and neuter status of cats living in households in the United States. K., Chu, M., Anderson, M. Y., Rieser. 2009. American Veterinary Medical Association, Vol 234, No.8.
- State of cat genomics. S. J., O’Brien et al. 2008. Trends in Genetics, Vol.24, No.6.
- Earliest evidence for commensal processes of cat domestication. Y., Hu et al. 2014. PNAS, Vol.111, No.1.
- The Near Eastern Origin of Cat Domestication. C. A., Driscoll et al. 2007. Science, 317 (5837): 519-523.