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DNA barcoding: un codice a barre per ogni specie vivente

Avere un codice a barre distintivo per ogni specie: il sogno di ogni tassonomista. Eppure, anche se molte persone tutt’ora non ne sono a conoscenza, è stata realizzata una tecnica che permette di identificare in modo semplice e rapido specie differenti, esattamente come lo scanner di un supermercato utilizza le strisce nere dei codici a barre per identificare un prodotto. Il DNA barcoding nasce nel 2003 con il lavoro di Paul Hebert e del suo gruppo di ricerca dell’Università di Guelph in Ontario, Canada: essi hanno costruito un sistema in  grado di impiegare precise sequenze di DNA come codici a barre. La regione genica utilizzata come standard barcode è una regione di 648 paia di basi del mitocondrio che codifica per la citocromo ossidasi 1 (Cox1); essa è utilizzata per la gran parte dei gruppi animali, ma non per le piante, nelle quali si sviluppa troppo lentamente, di cui vengono invece prese in analisi due regioni geniche dei cloroplasti.

Per il DNA barcoding dei Lepidotteri, viene utilizzata una piccola parte di arto.

La procedura di DNA barcoding vanta un protocollo internazionale, rilasciato dal CBOL (Consortium for the Barcode of Life), organo nato nel 2004 che gestisce gli studi in questo ambito a livello mondiale. La prima fase della procedura consiste nella collezione e conservazione di campioni: gli animali devono essere uccisi e conservati in modo da non danneggiarne il DNA, ad esempio attraverso il congelamento, l’immersione in etanolo o la disidratazione; negli ultimi due casi il DNA si degrada con il trascorrere del tempo, per cui è sempre consigliabile condurre le analisi il più velocemente possibile.

Durante il campionamento e manipolazione dei tessuti, la superficie di lavoro e tutti gli strumenti utilizzati devono essere puliti e sterilizzati, anche tra trattamenti di diversi campioni, in modo da evitare la contaminazione di DNA. Quindi i campioni vengono utilizzati per l’isolamento e purificazione del DNA; in seguito all’estrazione del DNA, si procede con l’amplificazione della regione barcode (PCR), e poi con il lavaggio dei prodotti della PCR da nucleotidi non incorporati e primers residui.

Si attua quindi l’analisi delle sequenze e si inseriscono i risultati nel database di sequenze internazionale, il BOLD (Barcode of Life Data Systems), piattaforma informatica che permette ai ricercatori di visualizzare, interpretare, condividere risultati.

Il BOLD riporta una statistica delle sequenze, continuamente aggiornata, che al momento indica 5˙289˙482 sequenze barcode, su un numero totale di 6˙115˙862 sequenze; le specie “barcodate” sino ad oggi sono 175˙423 per gli animali, 65˙602 per le piante, 20˙808 per i funghi e altre forme viventi (http://www.boldsystems.org/).

Esitono infatti numerose associazioni internazionali che si occupano di DNA barcoding di precisi gruppi di organismi viventi:

  • CBOL Fungal Working Group (funghi)
  • Bee Barcode of Life Initiative (api)
  • Coral Reef Barcode of Life (coralli)
  • Fish Barcode of Life Campaign (pesci)
  • HealthBOL (vettori, patogeni, parassiti)
  • Lepidoptera Barcode of Life (farfalle e falene)
  • Mammalia Barcode of Life Campaign (mammiferi)
  • Marine Barcode of Life (specie marine)
  • Mosquito Barcode Initiative (zanzare)
  • The Formicidae Barcode of Life (formiche)
  • Polar Barcode of Life (ecosistemi dell’Artico e dell’Antartico)
  • Quarantine Barcode of Life (organismi che intaccano la salute delle piante)
  • Shark Barcode of Life (squali)
  • Sponge Barcoding Project (poriferi)
  • Tephritid Barcode Initiative (moscerini della frutta)
  • Trichoptera Barcode of Life (tricotteri)
  • CBOL Protist Working Group (protisti: si è ancora alla ricerca di una regione standard barcode)

La tecnica del DNA barcoding presenta numerosi aspetti positivi:

È rapida, economica, e necessita solamente di una piccola parte di DNA, che può essere facilmente estratta prelevando una piccola parte di tessuto dall’organismo, che in casi di specie in via di estinzione, può anche non essere sacrificato; inoltre questa analisi assicura una corretta risoluzione nel 95-97% dei casi, e può essere applicata anche ad organismi estinti.

Il DNA barcoding è un potente strumento per la conservazione di biodiversità, ed è inoltre essenziale per l’identificazione di specie criptiche, ovvero specie che sono morfologicamente identiche ad altre, e che non possono essere distinte se non attraverso una tecnica molecolare di questo genere. Tuttavia l’utilizzo di questo metodo è molto controverso: non possiamo considerare il DNA barcoding come uno strumento assoluto; anzi, questo metodo deve avere l’obiettivo di accompagnare prima di tutto l’analisi morfologica, raffinando ipotesi tassonomiche già esistenti.

L’analisi di una così piccola porzione del DNA non può garantire con certezza la veridicità dei risultati. Per questo il DNA barcoding raggiunge la massima efficienza se affiancato ad altre tecniche diagnostiche come la studio della morfologia, le analisi chimiche, e l’uso di altri marcatori genetici (mitocondriali e nucleari).

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