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Disfunzioni asse cervello-intestino e alimentazione

Quando un disturbo gastrointestinale può nascondere altro

Quante volte capita di sentir dire: “ho la pancia gonfia” ,”stamattina ero a lavoro e son dovuta scappare a casa per il mal di pancia” o ancora “guarda che pancia gonfia, sono stitica da giorni”? L’intestino irritabile è una condizione che si diffonde a macchia d’olio e spesso va a influenzare negativamente la qualità della vita di una persona. È bene saper riconoscerne i sintomi perché è una condizione sottovalutata che, spesso e volentieri, non si sa neppure di avere.

Cosa sono i disturbi funzionali gastrointestinali?

I disturbi funzionali gastrointestinali (FGID), anche denominati disordini dell’asse intestino-cervello sono disturbi di origine idiopatica (senza una causa specifica) che colpiscono differenti parti del tratto gastrointestinale e sono caratterizzati da ipersensibilità viscerale e disturbi di motilità. Sono molto comuni, colpiscono una grossa fetta della popolazione (dal 15 al 25% in un range di età altamente variabile). Vengono presi come sfide importanti da parte dei medici, in particolare per quanto riguarda i farmaci e le terapie, che spesso sono solo un blando palliativo. I sintomi possono interferire marcatamente con la qualità della vita e si classificano al secondo posto nelle cause dell’assenza dal lavoro o scuola.

Lo stress influisce?

Mentre la causa principale dei sintomi sembra risiedere nel sistema nervoso enterico manifestandosi come disturbi viscerali di ipersensibilità e/o motilità, altri fattori contribuiscono alla generazione di sintomi, inclusi quelli psicologici e la dieta. In figura si può notare come questi disturbi funzionali, essendo tali, non abbiano alcuna implicazione dal punto di vista organico contrariamente a quanto avviene nelle patologie. Non a caso si parla di sindrome dell’intestino irritabile e di disturbo funzionale.

Modello concettuale della connessione bidirezionale cervello-intestino (Credits to Gastroenterology; 2016)

L’asse cervello intestino

Molto spesso, tra le cause entrano in gioco più fattori concomitanti tra loro. Il “Gut -Brain Axis” viene messo a dura prova.

L’asse cervello-intestino rende possibili i collegamenti tra i centri emotivi e cognitivi del sistema nervoso centrale con il funzionamento del tratto gastrointestinale e viceversa. Così, l’informazione estrinseca (visione, odore, ecc. ) o enterocettiva (emozione, pensiero) ha, per natura, la capacità di influenzare il tratto GI, la motilità, la secrezione e l’infiammazione. Viceversa, effetti viscerotopici (es. comunicazioni viscerali che arrivano al cervello) influenzano reciprocamente la percezione del dolore, l’umore e il comportamento. Ad esempio, nei pazienti con SII una diminuzione della frequenza di evacuazione e dell’attività motoria intestinale è associata a un’aumentata eccitazione o ansia e a un’ipersensibilità viscerale.

Tutto questo per ribadire che ciò che metabolizziamo a livello neuronale (stati d’animo, emozioni, informazioni importanti, avvenimenti della vita quotidiana) influenza il benessere del nostro intestino mediante una “corda” fatta di numerosi neurotrasmettitori, primo tra tutti la famosa serotonina.

Il ruolo dell’alimentazione

Anche in questo caso, l’alimentazione e la scelta di determinati alimenti possono essere sia causa che motivo di sollievo nel paziente con un intestino irritabile.

I soggetti con tale problematica possono essere suddivisi in base al tipo di manifestazione in pazienti con:

  • prevalenza di stipsi o diarrea
  • un quadro misto (i più difficili da diagnosticare)
  • gonfiore addominale accompagnato dalla sensazione di “discomfort”

A seconda di quale sia la diagnosi si potrà intervenire con una corretta scelta degli alimenti associando il tutto ad uno stile di vita sano, dove anche l’attività fisica può svolgere un ruolo chiave.

Molte persone, infatti, se fanno attenzione alla dieta possono veder regredire i sintomi associati. Tra gli alimenti a potenziale rischio ricordiamo:

  • latte
  • dolcificanti (sorbitolo, fruttosio, …)
  • marmellata
  • frutta (in particolare mele e pere)
  • verdura (cavoli, carciofi, spinaci, cipolla, rucola, cetrioli, sedano)
  • caffè
  • the, bevande contenenti caffeina e bibite gassate

Il ruolo del latte e delle fibre nell’intestino irritabile

In molti casi, le fibre alimentari possono mitigare i sintomi della sindrome di un intestino irritabile, in particolare, la costipazione. Tuttavia, non sono efficaci contro il dolore e la diarrea. Il pane e i cereali integrali, la frutta e la verdura sono delle buone fonti di fibre.

Le diete ad alto contenuto di fibre possono contribuire a tenere il colon leggermente più disteso prevenendo gli spasmi. Alcuni tipi di fibre rendono le feci più umide e quindi prevengono la formazione di feci più dure e difficili da espellere. Le diete ad alto contenuto di fibre possono causare però gonfiore e formazione di gas, ma diversi pazienti riferiscono che questi sintomi scompaiono nel giro di alcune settimane. Se si aumenta l’assunzione di fibre fino ad arrivare a 2 o 3 grammi al giorno si può diminuire il rischio di formazione di gas e di gonfiore.

Se i prodotti a base di latte fanno peggiorare i sintomi, si può provare a ridurne la quantità. Probabilmente potreste tollerare meglio lo yogurt rispetto agli altri prodotti a base di latte poiché contiene batteri che forniscono l’enzima necessario alla digestione del lattosio, lo zucchero che si trova nel latte e nei derivati.

Sintomi e diagnosi

I sintomi correlati ai disturbi funzionali sono molteplici. Le più recenti raccomandazioni del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) ,nel paziente con sospetta SII, prevedono:

  • Esame obiettivo: è il secondo dei tre processi utilizzati nella fase analitica del processo diagnostico tramite il quale il medico va a verificare la presenza o assenza dei sintomi riferiti dal paziente.
  • Valutazione iniziale e anamnesi del paziente durante la quale il paziente descrive il pattern di sintomi da lui riscontrati.

Nei pazienti che soddisfano i criteri diagnostici di SII, si eseguono i seguenti test di laboratorio per escludere altre diagnosi:

  • Emocromo completo
  • VES ,PCR
  • Screening Celiachia
  • Breath Test (per l’intolleranza al lattosio e la proliferazione batterica)

Per una diagnosi più attendibile di intestino irritabile entrano in aiuto i Criteri di Roma.

Questi sono criteri diagnostici stabiliti da una commissione internazionale per definire la diagnosi e guidare il trattamento dei disordini funzionali gastrointestinali (FGIDs). L’edizione più aggiornata risale al 2016, quando sono stati redatti i Criteri di Roma IV che hanno modificato, parzialmente, i precedenti.

Accanto ai Criteri di Roma è stata anche validata la Bristol Stole Scale che rende più semplice la descrizione delle feci, utile per il medico ai fini diagnostici.

Come gestire un intestino irritabile?

Sicuramente con l’alimentazione si può iniziare a capire cosa può causare nel paziente il sintomo maggiormente riferito o l’insieme di sintomi (nel caso del paziente con “quadro misto”).

A tavola con la dieta low fodmap

Cosa sono questi FODMAPs? L’acronimo FODMAP è composto dai seguenti termini:

  • Fermentable: la fermentazione nel colon è dovuta al fatto che questi glucidi non sono stati completamente digeriti nell’intestino tenue come accade agli altri nutrienti.
  • Oligosaccharides: delle catene di zuccheri del tipo fruttani e galatto-oligosaccaridi. Sono presenti soprattutto in certe verdure, legumi e cereali.
  • Disaccharides: una corta catena di due zuccheri (galattosio e glucosio), il lattosio presente nel latte e i prodotti caseari.
  • Monosaccharides: un solo zucchero, il fruttosio, presente soprattutto in certi frutti e nei dolcificanti. E (“AND” nell’acronimo) infine…
  • Polyols: chiamati anche alcoli dello zucchero, il sorbitolo, il mannitolo, il maltitolo, lo xilitolo, il polidestrosio e l’isomalto presenti principalmente in alcuni dolciumi a ridotto contenuto di zucchero.

A tal proposito esiste una lista di alimenti consigliati e sconsigliati, da tenere sempre con sé. Questa lista deve essere associata al diario alimentare dove si annotano gli alimenti che hanno causato un determinato effetto e se eliminandoli temporaneamente si sono notati dei miglioramenti.

Il meccanismo di una dieta low fodmap

Il meccanismo è molto semplice: una sorta di vademecum da portare con sé per qualche settimana e da cui un intestino irritabile potrà trarre giovamento.

Spesso associata all’alimentazione andrebbe anche rivista la qualità della vita, la possibilità di dedicare più tempo a sé stessi, cosa che oggi giorno diviene sempre più complicato.

Una gestione in toto del proprio “io” può andare a influenzare positivamente quello che è, presumibilmente, causa della sintomatologia di “discomfort” tipica del paziente con SII: la disbiosi.  In questa condizione, a livello del nostro microbiota (l’insieme dei batteri che proliferano la flora batterica nel nostro intestino, ma non solo), i batteri “cattivi” tendono ad avere la meglio su quelli “buoni”.

Qui entrano in gioco i probiotici,(“micro-organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite”), spesso anche consigliati come terapia nella sindrome da intestino irritabile. Di fatto, alcuni microbi del nostro intestino rilasciano dei neurotrasmettitori che “dialogano” direttamente con il nostro cervello tramite il nervo vago.

Alcuni studi hanno dimostrato che è possibile cambiare il comportamento di animali da laboratorio (roditori) effettuando delle modifiche sostanziali del loro microbiota. Lo si può fare in vari modi: cibo, probiotici, antibiotici, prebiotici e trapianti fecali.

Per concludere, se curiamo la nostra psiche, giorno dopo giorno, i nostri amici batteri rimarranno tali. In caso contrario, si ribelleranno diventando nostri nemici.

Bibliografia

  • Linee guida per la gestione della sindrome dell’intestino irritabile negli adulti. Antonino Cartabellotta, Anna Linda Patti, Franco Berti, Evidence 2016; 28 gennaio 2016
  • “La dieta fodmap” di Cinzia Cuneo Sperling & Kupfer; 2017
  • The epidemiology of irritable bowel syndrome Clinical Epidemiology , 2014:6, Canavan et al. World J Gastroenterol Baishideng Publishing Group Inc.; 2014 June 14; 20(22)

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