Un’interazione bilanciata tra l’ospite e il suo microbiota è un requisito essenziale per la salute intestinale e l’organismo nel suo insieme. L’alterazione microbica intestinale, nota come disbiosi, è una condizione associata non solo a disturbi gastrointestinali ma anche a malattie che colpiscono altri organi distali, come il cervello. Recenti scoperte hanno reso evidente che i batteri intestinali possono influenzare la fisiologia e l’infiammazione del sistema nervoso centrale (SNC).
Esistono diverse vie immunitarie coinvolte nell’omeostasi e nell’infiammazione del SNC. Tra queste, la via dell’inflammasoma è stata collegata a condizioni neuroinfiammatorie come la sclerosi multipla, il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson, ma anche ansia e disturbi simil-depressivi[5].
Panoramica sul microbiota
Gli studi iniziali in questo campo miravano a esaminare la composizione del microbiota e la sua relazione con la comparsa di una malattia. C’è stato però un cambiamento sostanziale che verte piuttosto alla comprensione dei meccanismi attraverso i quali la disbiosi intestinale può portare alla manifestazione di una malattia[1].
Con il termine microbiota intestinale si fa riferimento ai microrganismi che abitano il tratto gastrointestinale (GI) umano e questa comunità altamente dinamica comprende principalmente procarioti (microbi unicellulari privi di organelli specializzati). In misura minore sono anche presenti funghi, parassiti, virus e archea. Si definisce, invece, microbioma intestinale il profilo genetico e funzionale di queste specie microbiche.
Questa comunità microbica differisce da individuo a individuo. Il motivo di tale diversità è da attribuire a diverse cause. Per esempio, un fattore determinante è la modalità di nascita. Con parto naturale il neonato sarà esposto ai batteri vaginali materni e, pertanto, la composizione iniziale del microbiota rifletterà questo aspetto. Al contrario, un parto cesareo porterà a una maggiore esposizione della flora cutanea materna, con la tendenza di un microbiota meno diversificato. Questo aspetto può spiegare perché i nati con parto cesareo sono più soggetti ad infezioni e allergie[6].
Anche i cambiamenti nella dieta rendono facilmente disponibili dei nutrienti, piuttosto che altri, modificando la dominanza dei ceppi batterici presenti[2]. Infine, l’uso di antibiotici provoca nel microbiota ospite rapide alterazioni della sua struttura, a seconda del tipo e della regolarità di utilizzo. Per tale ragione è importante fare un uso moderato e consapevole di questi medicinali, ricordando che una delle più importanti sfide odierne è proprio quella dell’antibiotico-resistenza.
Disbiosi intestinale e infiammazione
Perché dovremmo necessitare di questa “convivenza”? I microbi possiedono una varietà di funzioni che influenzano la loro capacità di crescere e colonizzare diversi ambienti, determinando effetti a valle per l’ospite.
Per quanto riguarda una possibile correlazione con lo stato infiammatorio scaturito da una disbiosi intestinale, sappiamo che alcune specie di microbi producono enzimi specifici che consentono la fermentazione dei nutrienti in forme assorbibili, inclusa quella dei carboidrati indigeribili sotto forma di acidi grassi a catena corta (SCFA). Quest’ultimi possono avere effetti antinfiammatori e immunomodulatori.
Oltre agli SCFA, vanno presi in considerazione i componenti dei batteri stessi, come lipopolisaccaridi, carboidrati della capsula cellulare e altre endotossine, che possono essere rilasciati e provocare effetti secondari per l’ospite. Tra gli effetti svolti annoverano: il mantenimento dell’epitelio intestinale (e quindi l’integrità della parete intestinale), la produzione di vitamine e le interazioni con diverse molecole e cellule di segnalazione del sistema immunitario, attivando o inibendo risposte specifiche, e poi influiscono anche sulla farmacocinetica. Si può citare anche un altro importante contributo, ovvero quello di rappresentare una difesa naturale contro le specie microbiche patogene attraverso la competizione e il mantenimento della mucos[4].
In conclusione, il microbiota è attivamente coinvolto in processi infiammatori e, come è noto, livelli elevati di mediatori infiammatori derivanti da un processo di disbiosi possono avviare processi patologici che potrebbero sfociare in diversi disturbi cronici.
Asse intestino-cervello: il rapporto tra microbo e ospite
La comunicazione tra sistema nervoso centrale (SNC), intestino e microbiota avviene tramite la rete bidirezionale chiamata Gut-Brain Axis (GBA). Coinvolge diverse vie come il sistema nervoso autonomo ed enterico, il sistema endocrino, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), il sistema immunitario e il microbiota. Diversi neurotrasmettitori e metaboliti come vitamine essenziali, acidi biliari secondari, gli SCFA citati precedentemente, modulano molte vie del sistema immunitario che a loro volta influenzano il comportamento, la memoria, l’apprendimento, la locomozione e i disturbi neurodegenerativi.Già dai primi anni 2000 era nota l’influenza del microbiota intestinale nel neurosviluppo. I primi esperimenti su modello murino privo di germi (GF) o privo di agenti patogeni specifici (SPF) trattati con antibiotici, per ridurre la diversità microbica all’interno dell’intestino, hanno mostrato che diversi problemi neurologici si verificano nei topi con una ridotta o una totale mancanza di un adeguato microbiota intestinale maturo[3].
In generale, gli studi più recenti hanno messo in evidenza come i microbi possono produrre molecole neuroattive, che contribuiscono in modo cruciale alla comunicazione tra intestino e cervello.
Effetto microbico su alcune malattie neurodegenerative
La composizione del microbiota differisce notevolmente tra pazienti sani e quelli affetti da malattie neurodegenerative come sclerosi multipla (SM), Alzheimer (AD), Parkinson (PD) e disturbi neuropsichiatrici (SNP)[5].
Sclerosi multipla
La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa e autoimmune, caratterizzata da neuroinfiammazione, infiltrazione dei linfociti nel SNC, demielinizzazione e perdita assonale. È interessante notare che individui con SM attiva hanno un microbiota alterato rispetto a quelli con malattia in fase remissiva; quest’ultimi a loro volta hanno un microbiota più simile a quello dei soggetti sani. Per esempio, i batteri della famiglia dei Clostridi contribuiscono alla soppressione dell’autoimmunità patologica.
Alzheimer
Il morbo di Alzheimer è invece la causa più comune di demenza che colpisce quasi 50 milioni di persone in tutto il mondo. La malattia è causata dalla formazione di aggregati di forme polimerizzate di proteina precursore β-amiloide in depositi multimerici solubili o insolubili nel cervello, in grado di scatenare una serie di eventi patologici che portano a grovigli neurofibrillari, formazione di lesioni e infine demenza.
Diversi fattori microbici sono stati correlati alla patogenesi dell’Alzheimer, mettendo in evidenza che un’alterazione del microbiota commensale e le infezioni patogene possono essere causa di questa malattia. Un esempio è fornito dal patogeno orale Porphyromonas gingivalis, agente responsabile della parodontite cronica.
Parkinson
Il morbo di Parkinson è il secondo disturbo neurodegenerativo più comune che colpisce la capacità di movimento. Affligge principalmente i neuroni dopaminergici, portando a una perdita di controllo e coordinazione dei movimenti. Anche in questo caso, i pazienti hanno una composizione del microbiota differente rispetto ai controlli sani.
Sorprendentemente, i pazienti con PD ospitano una flora intestinale impoverita di batteri produttori di SCFA. Quest’ultimi sono associati a una diminuzione del metabolita della dopamina, a una minore qualità della vita e a segni di depressione. Un’altra rilevante caratteristica della malattia è l’interruzione della barriera intestinale, che porta alla diffusione sistemica di prodotti microbici e ad un aumento dell’espressione dei geni pro-infiammatori intestinali.
Disturbi neuropsichiatrici
Infine, ci sono in disturbi neuropsichiatrici che consistono in disturbi cognitivi, mentali e del comportamento, come schizofrenia, depressione, ansia, stress e disturbi bipolari, autismo, disturbi alimentari ed epilessia. Diversi studi mettono in evidenza come anche per queste malattie ci sia una connessione con alterazione della composizione microbiotica.
Inflammasoma nell’asse intestino-cervello: differenza tra fisiologico e patologico
Gli inflammasomi sono oligomeri multiproteici citosolici del sistema immunitario innato responsabili dell’attivazione delle risposte infiammatorie. Una volta attivati, questi sistemi portano al rilascio di citochine pro-infiammatorie attive (es. IL-8). Pur essendo diversi tra loro, gli iflammosomi presentano tutti una proteina “recettore”, una molecola adattatrice chiamata proteina speck-like associata all’apoptosi (ASC) e una molecola effettrice pro-caspasi-1. Inoltre, in seguito all’attivazione dell’inflammasoma si può avviare la pirotosi, una forma rapida e pro-infiammatoria di morte cellulare.
In condizioni fisiologiche, il sistema di inflammasomi è costantemente stimolato dalla presenza di molte specie microbiche residenti e l’IL-8 contribuisce al mantenimento dell’omeostasi nell’intestino. Diversi fattori però sono in grado di attivare l’inflammasoma intestinale e portare a effetti a lunga distanza sul cervello.
Un’evidenza di questo comportamento è data dalla scoperta che la proteina ripetuta ricca in leucina della Salmonella (SlrP) inibisce la virulenza di questo batterio e la tipica risposta anoressica dell’ospite indotta dall’infezione. Non finisce qui, perché gli stessi dati hanno messo in evidenza che l’attivazione dell’inflammasoma intestinale da parte del microbiota potrebbe portare alla produzione di molecole effettrici che hanno un effetto sul SNC attraverso il nervo vago[5]. Questa, infatti, potrebbe essere una delle vie immunitarie innate attivate dai microbi intestinali con importanti effetti distali anche sul SNC, potenzialmente sia in condizioni sane che infiammatorie .
Si deduce che una comprensione riguardo le funzioni d’attivazione dell’inflammasoma negli stati fisiologici e patologici è di estrema importanza, poiché i suoi effetti guidano entrambe le situazioni e sono finemente regolati. Questo aspetto è stato approfondito anche nelle malattie citate nel precedente paragrafo; per approfondimenti fare riferimento alle referenze riportate a fine lettura.
Conclusioni
Dopo aver affrontato globalmente la disbiosi intestinale e la possibile relazione con disturbi del sistema nervoso, cosa si evince da questi dati?
Sicuramente vi è una correlazione tra disbiosi del microbiota e malattie neurodegenerative. Tuttavia, i dati emergenti sull’influenza dell’infiammazione intestinale sul sistema nervoso sono ancora incompleti per collegare i punti mancanti tra i due organi e per comprendere meglio la comunicazione sinergica all’interno del GBA.
È fondamentale studiare su quali cellule agiscono tali meccanismi, quali vie di segnalazione li attivino o sopprimino, in quale organo sono interessati e se riguardano sia il sistema nervoso centrale che quello enterico. Inoltre, sarà essenziale affrontare come le alterazioni del sistema immunitario o nervoso dell’ospite influenzino le funzioni del microbiota, attraverso mediatori infiammatori e molecole difensive. L’inflammasoma è una via di segnalazione che potrebbe essere attivata in presenza di determinati batteri e molecole batteriche. Come discusso, è coinvolto in diverse condizioni omeostatiche e infiammatorie, sia neurologiche che intestinali.
Complessivamente, è chiaro che i batteri ( che siano patogeni e/o commensali) hanno la capacità di stimolare il tessuto intestinale e “comunicare” con esso. La risposta da parte del cervello è quella di stimolare diversi spettri del comportamento dell’ospite e in determinati casi la patogenesi della malattia neurologica.
Siamo in una fase in cui sono disponibili tutti gli strumenti per identificare i singoli batteri e i loro prodotti ed è quindi possibile seguirli nei vari tessuti ospiti per capire dove vanno, quali cellule possono influenzare e quali vie possono attivare. Questo approccio è assolutamente necessario per capire meglio come il sistema nervoso sia influenzato dall’intestino e da una sua possibile disbiosi.
Referenze
- Al Bander Z, Nitert MD, Mousa A, Naderpoor N. The Gut Microbiota and Inflammation: An Overview. Int J Environ Res Public Health. 2020;17(20):7618. Published 2020 Oct 19.
- David LA, Maurice CF, Carmody RN, et al. Diet rapidly and reproducibly alters the human gut microbiome. Nature. 2014;505(7484):559-563.
- Diaz Heijtz R, Wang S, Anuar F, et al. Normal gut microbiota modulates brain development and behavior. Proc Natl Acad Sci U S A. 2011;108(7):3047-3052.
- Jandhyala SM, Talukdar R, Subramanyam C, Vuyyuru H, Sasikala M, Nageshwar Reddy D. Role of the normal gut microbiota. World J Gastroenterol. 2015;21(29):8787-8803.
- Rutsch A, Kantsjö JB, Ronchi F. The Gut-Brain Axis: How Microbiota and Host Inflammasome Influence Brain Physiology and Pathology. Front Immunol. 2020;11:604179. Published 2020 Dec 10.
- Wampach L, Heintz-Buschart A, Fritz JV, et al. Birth mode is associated with earliest strain-conferred gut microbiome functions and immunostimulatory potential. Nat Commun. 2018;9(1):5091. Published 2018 Nov 30.