Facciamo un viaggio nel mondo farmaceutico e scopriamo insieme le sostanziali caratteristiche che differenziano i farmaci tradizionali dai prodotti della fitofarmacia e dell’omeopatia.
Farmaci
Un farmaco, o principio attivo, è una sostanza capace di esercitare un effetto sugli organismi viventi. Per espletare la loro azione biologica la maggior parte dei farmaci devono interagire con delle specifiche macromolecole presenti nel nostro organismo che prendono il nome di recettori.
Non è il farmaco stesso, difatti, a creare una risposta diretta nell’organismo, ma è mediante il suo legame al recettore che riesce a modificare la sua funzione. Per comprendere meglio il concetto si può paragonare il farmaco a una chiave, e il recettore alla serratura: ogni chiave (farmaco) riconosce una serratura (recettore); solo la loro interazione può permettere l’apertura della porta (ossia l’azione biologica).
Per permettere la somministrazione del farmaco nell’uomo o nell’animale la molecola deve subire delle trasformazioni: si addizionano gli eccipienti e quindi si procede con la preparazione delle forme farmaceutiche. Gli eccipienti sono sostanze prive di attività farmacologica ma che possono avere la funzione di veicolare il farmaco e facilitare l’allestimento della preparazione. La forma farmaceutica, invece, è la formulazione con cui l’insieme di farmaco ed eccipienti vengono presentati al paziente: ne sono un esempio le capsule, le compresse o le supposte.
La forma farmaceutica somministrata deve consentire l’assorbimento dal sito di somministrazione e l’entrata in circolo del principio attivo; la sostanza, quindi, viaggia nel corpo umano attraverso il sangue fino a che non incontra il suo recettore a cui si lega. Il legame farmaco-recettore da la risposta biologica desiderata, che deve essere dimostrabile e misurabile.
Fitoterapia
Il regno vegetale è da sempre la fonte principale di rimedi nella cura delle malattie: le piante medicinali svolgono un ruolo rilevante nella tutela della salute in quanto mostrano proprietà curative o benefiche. La fitoterapia non è una medicina alternativa, ma una branca della farmacologia riconosciuta dalla comunità scientifica.
Una pianta medicinale è un vegetale che contiene nei suoi organi (foglie, radici, fiori,..) una o più sostanze che possono essere direttamente utilizzate a scopi terapeutici o che possono essere modificate mediante reazioni chimiche e quindi trasformate in principi attivi. In fitoterapia non si utilizza il principio attivo puro ma il fitocomplesso, ossia l’insieme di sostanze attive e non che sono contenute nella pianta.
I principali limiti nell’impiego delle piante nella medicina sono dovuti alla non conoscenza della quantità precisa di sostanze contenute all’interno del fitocomplesso: la quantità è influenzata ad esempio dalle tecniche o dal luogo di coltivazione. Il principio attivo di interesse viene dosato con difficoltà , ma quasi mai si possono dosare con precisione gli altri componenti.
La fitoterapia che rispetta i criteri scientifici ufficialmente riconosciuti consente di affrontare molte patologie; è generalmente ben tollerata e priva di importanti effetti collaterali. In associazione ai farmaci di sintesi, può essere in grado di incrementarne l’efficacia o ridurne gli effetti collaterali indesiderati.
Omeopatia
L’omeopatia nasce nell’Ottocento con il medico tedesco Hahneman ed è un metodo terapeutico che applica la legge della similitudine, la quale si basa sull’osservazione che una sostanza che provoca la malattia è anche in grado di curarla se si modifica il dosaggio (ossia la quantità somministrata). In omeopatia il medicamento è tanto più efficace quanto più la dose è ridotta.
Ad esempio, il caffè a dosi elevate stimola l’attività cerebrale e induce insonnia; secondo la teoria omeopatica, dosi infinitesimali di caffè possono essere utili per la cura dell’insonnia.
Per la sintesi degli omeopatici si individuano le materie prime di interesse, le quali possono essere di origine vegetale, animale, minerale o chimica. Queste materie prime, durante il processo di produzione devono subire delle diluizioni consecutive, ossia delle deconcentrazioni seguite da un’agitazione energica. Le diluizioni vengono effettuate comunemente in acqua o in alcol. Il numero delle diluizioni definisce il grado di diluizione che viene poi riportato sulle confezioni (per esempio le diciture D4, 4DH o 4X indicano 4 diluizioni decimali successive; C4, 4DH o 4C indicano 4 diluizioni centesimali successive). Nella preparazione che viene somministrata al paziente però non è presente una concentrazione di principio attivo sufficiente o in quantità tale da essere compatibile con le attuali conoscenze scientifiche che prevedono che l’azione farmacologica si manifesti a seguito del legame fisico tra il farmaco e il suo recettore.
Nell’omeopatia, infatti, si ipotizza l’esistenza della memoria dell’acqua, ossia la capacità dell’acqua (o dell’alcool) di ricordare e imitare per un tempo indefinito le informazioni sulle sostanze con cui è entrata precedentemente in contatto. La posizione della maggior parte della comunità scientifica sull’argomento non è delle più incoraggianti: la validità terapeutica del metodo omeopatico ed i meccanismi farmacologici del suo funzionamento non sono stati ancora verificati secondo i comuni e solidi criteri scientifici; molte ricerche cliniche concordano nel ritenere che gli effetti terapeutici dei trattamenti omeopatici sono sovrapponibili a quelli di un placebo. Per placebo si intende una sostanza che non mostra effetti biologici sull’organismo, ma viene somministrata per ottenere nel paziente un’azione esclusivamente psicologica (e non farmacologica).
Bibliografia
- Clementi F, Fumagalli G, Chiamulera C. Farmacologia generale e molecolare. Milano: Edra; 2016.
- Chaplin M. The Memory of Water: an overview. Homeopathy. 2007;96(3):143-150.