Esiste una comprovata associazione tra la qualità della dieta e l’insorgenza di malattie cognitive. La dieta del sorriso prevede l’assunzione di cibi densi di nutrienti – frutta, verdura, pasta, pesce – riduce il rischio di depressione e di altri disturbi della personalità mentre una dieta ricca di sostanze non salutari – grassi saturi, zucchero raffinato – comporta un maggior rischio di sviluppare sintomi depressivi. L’associazione non procede come una linea retta ed è piuttosto complicato seguirne il percorso di causa ed effetto, tuttavia sussiste un elemento comune che gioca un ruolo chiave nella risposta neurologica alla qualità della dieta.
Un gruppo di ricerca australiano ha infatti esaminato l’associazione tra le abitudini alimentari e il volume dell’ippocampo. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati su BMC Medicine in un articolo intitolato Western diet is associated with a smaller hippocampus: a longitudinal investigation.
L’ippocampo è una parte del cervello coinvolta nell’apprendimento, nella memoria e indirettamente nelle emozioni.
Qualsiasi alterazione avvenga in esso, che si tratti di una lesione o del cambiamento di volume, incide sulla salute mentale della persona. È l’area cerebrale specificamente coinvolta nella depressione ed è anche la zona dove si concentra la ridottissima attività neurogenerativa del cervello grazie alla presenza di cellule staminali neurali dalle quali si possono formare nuovi neuroni adulti. Anatomicamente si tratta di una struttura cerebrale suddivisibile in due parti simmetriche denominate ippocampo destro e ippocampo sinistro a seconda dell’emisfero cerebrale in cui sono posizionate.
Felice N. Jacka e colleghi non hanno fatto altro che analizzare i dati già forniti da uno studio precedente, il Personality and Total Health Through Life Study. A partire dal 2001, anno d’inizio dello studio, i volontari esaminati compilarono un questionario alimentare a intervalli molto frequenti e si sottoposero a due risonanze magnetiche, la prima dopo quattro anni, la seconda dopo altri quattro.
Oggi, l’analisi di quelle risonanze magnetiche ha permesso di arrivare alla seguente conclusione: una dieta “prudente” – più densa di nutrienti – aumenta di alcune decine di mm3 il volume dell’ippocampo sinistro mentre il consumo di alimenti meno sani lo riduce. Nessuna relazione è stata invece osservata tra la qualità della dieta e il volume dell’ippocampo destro. Quello di Felice N. Jacka e colleghi è il primo studio condotto sugli esseri umani a concordare con i dati osservati finora soltanto nei modelli animali. Un piccolo passo per gli australiani, un grande passo per la medicina.
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