Abbiamo già affrontato il problema dell’antibiotico-resistenza, fenomeno per il quale i batteri diventano resistenti agli antibiotici, ma non abbiamo detto che può diffondersi anche attraverso le acque reflue con un forte impatto sulla salute pubblica. Il perché risiede nel ciclo vitale del farmaco ed è accentuato dal suo uso e abuso. Ogni volta che assumiamo un antibiotico, una parte viene assunta dall’organismo mentre la rimanente viene eliminata con le feci e le urine. Il residuo dell’antibiotico viaggia attraverso le fogne e raggiunge gli impianti di depurazione delle acque reflue. Ecco perché, con il passare del tempo, i depuratori sono diventati prima dei serbatoi di accumulo e poi dei veri e propri distributori nell’ambiente di ceppi resistenti agli antibiotici.
Se non avete letto il precedente articolo sull’antibiotico-resistenza sviluppata dai batteri potete cliccare sul seguente link: Antibiotico-resistenza: una minaccia per la sanità mondiale
Come funziona un impianto di depurazione delle acque reflue?
Il trattamento di depurazione consiste in una serie di fasi che portano alla rimozione delle sostanze inquinanti dalle acque per ottenere un effluente finale di buona qualità. Per “effluente di buona qualità” si intende una acqua finale che possa essere scaricata nei bacini idrici senza causare problemi di inquinamento ambientale. Durante il processo, le sostanze indesiderate vengono raccolte sotto forma di fanghi. La figura 1 mostra il processo di depurazione che in una visione generale può essere suddiviso in quattro trattamenti:
- preliminare
- primario
- secondario
- terziario
I quattro processi di trattamento
Il trattamento preliminare ha lo scopo di rimuovere gli oggetti galleggianti come le foglie cadute dagli alberi, gli stracci, la sabbia, la carta e le sostanze oleose. Non dimentichiamoci, infatti, che un depuratore è un sistema aperto. Quindi, subisce gli effetti degli agenti atmosferici, i cambi di temperatura dovuti all’alternarsi delle stagioni e l’azione di inquinanti ambientali.
Il trattamento primario rimuove i solidi sedimentabili e quelli galleggianti sfuggiti al trattamento preliminare. Il principio di questo trattamento è quello della sedimentazione, cioè fermare e immagazzinare le acque reflue in un serbatoio per consentire alle particelle organiche solide di depositarsi sul fondo mentre la parte liquida continuerà a scorrere e andrà incontro al trattamento secondario.
Lo stadio secondario è definito anche biologico perché prevede il coinvolgimento di microrganismi. Questi sono contenuti nelle acque reflue e hanno la funzione di decomporre la sostanza organica instabile in anidride carbonica (CO2), acqua e biomassa. Infatti, i nutrienti presenti nelle acque da depurare rappresentano un valido supporto per la crescita e la proliferazione di nuove cellule batteriche.
Il terziario garantisce un’ulteriore depurazione delle acque reflue tramite la rimozione dei composti di azoto (denitrificazione) e fosforo (defosfatazione). La rimozione biologica di questi composti evita il processo di eutrofizzazione (eccessiva crescita delle alghe che riduce la presenza di ossigeno aumentando la concentrazione di tossine) dei bacini idrici (Figura 2). Non tutti gli impianti eseguono il trattamento terziario ma solo quelli di grandi dimensioni. Nei depuratori più piccoli, la depurazione termina con il secondario seguito da un trattamento di disinfezione dell’acqua tramite meccanismi come la clorazione o l’impiego di raggi UV che, a loro volta, si portano dietro una serie di problematiche ambientali.
A questo punto l’effluente risultante, dopo gli opportuni controlli che ne garantiranno il rispetto alla normativa vigente, sarà scaricato nei bacini idrici e l’acqua ritornerà in circolo.
Classificazione delle acque reflue
Le acque reflue contengono elevate concentrazioni di materiale inquinante e una buona percentuale di batteri. A seconda della loro provenienza possono essere classificate in acque reflue:
- domestiche
- industriali
- urbane
Le acque reflue domestiche sono quelle che derivano dalle nostre case. Quindi sono il prodotto delle attività domestiche e del metabolismo umano. Le acque reflue industriali derivano da stabilimenti al cui interno si svolgono attività commerciali. Le acque reflue urbane sono un miscuglio di acque domestiche, industriali e meteoriche convogliate verso le reti fognarie.
Quindi, ogni giorno gli impianti di depurazione ricevono svariati metri cubi di acqua da trattare. Purtroppo, nessuno dei trattamenti previsti è in grado di eliminare completamente gli inquinanti né le popolazione batteriche presenti. Queste specie potranno essere antibiotico-resistenti oppure potranno acquisire la resistenza stando a contatto con altri batteri resistenti.
Il ciclo vitale degli antibiotici
Quando prendiamo un antibiotico una parte viene assunta dall’organismo mentre la rimanente viene eliminata con urine e feci. Non è semplice stimarne la quantità con esattezza perché dipende dal tipo di antibiotico e dalla modalità di assunzione. Tuttavia, è stato dimostrato che gli antibiotici maggiormente impiegati, come i beta-lattamici e i chinoloni, hanno una percentuale di escrezione che supera il 50% della dose assunta. Quindi, il residuo dell’antibiotico eliminato viaggia attraverso le fogne e raggiunge gli impianti di depurazione. Ricordiamo che questi, nonostante abbiano diversi processi di trattamento, non sono in grado di rimuovere completamente i residui dei farmaci dalle acque. Perché?
Perché dopo l’escrezione, l’idrofobicità degli antibiotici consente ad alcuni di essere assorbiti, complessati da altre particelle e permanere nelle acque. La norfloxacina e la tetraciclina ne sono un esempio. In particolare, è stato dimostrato che la tetraciclina possiede un’affinità di assorbimento nel suolo agricolo maggiore rispetto ai chinoloni, ai macrolidi, al cloramfenicolo che, invece, filtrano attraverso il suolo e possono accumularsi nelle acque sotterranee.
Di conseguenza, gli antibiotici si accumulano nelle acque reflue e, a seguito dei trattamenti di depurazione, entreranno nei fiumi, nei laghi e nei mari oppure nell’ambiente tramite le filtrazioni del suolo. Questo non è un aspetto esclusivo dell’uomo ma riguarda anche gli allevamenti dove, per favorire la crescita sana degli animali, si è diffuso l’abuso di antibiotici. Le escrezioni animali seguono lo stesso percorso contribuendo all’accumulo di antibiotici nell’ambiente e alla diffusione di specie batteriche resistenti.
Quali sono le comunità microbiche che popolano le acque reflue?
Ogni giorno, un gran numero di specie batteriche patogene derivanti da acque domestiche, industriali e urbane, entra nei sistemi fognari e di conseguenza negli impianti. Tra tutte, Campylobacter spp. e Leptospira spp. sono le specie patogene che rappresentano un elevato rischio per la salute di chi lavora nei depuratori. A queste si aggiungono altre specie come:
- Clostridium tetani
- Salmonella spp.
- Vibrio cholera
- Escherichia coli
- Mycobacterium tubercolosis
- Yersinia enterocolitica
- Shigella spp.
Per gli operatori che lavorano negli impianti di depurazione è importante seguire le buone pratiche di lavorazione per non entrare in contatto con questi agenti infettivi.
Ovviamente, la presenza di tutti questi patogeni nelle acque reflue ha un forte impatto sull’ambiente e lo dimostrano i numerosi studi condotti sul microbioma delle acque. Quello condotto da McLellan e colleghi dell’università del Wisconsin ha messo in evidenza il microbioma della fognatura urbana, quello dell’acqua piovana e l’impatto che hanno sui sistemi di acqua dolce. Gli autori del lavoro hanno riportato una consistente contaminazione fecale delle acque superficiali con un aumentato rischio di diffusione dei ceppi antibiotico-resistenti. In particolare, hanno ritrovato un’aumentata presenza di Aeromonas spp., Enterobacter spp. e Acinetobacter spp.
Un aspetto da sottolineare è che la presenza di rifiuti solidi e chimici all’interno degli impianti rappresenta un vero e proprio supporto per la crescita di numerose specie ed è stato visto che, in particolare, le microplastiche favoriscono la crescita di Campylobacteriaceae, Pseudomonodaceae e Moraxellaceae, tutte specie altamente patogene.
Le specie patogene nelle acque di scolo degli allevamenti
Se, invece, guardiamo cosa succede nelle acque derivanti da rifiuti industriali che includono anche allevamenti e aziende alimentari, la situazione è molto più seria. In particolare, gli allevamenti di suini sono ben noti per produrre acque di scolo con elevate concentrazioni di inquinanti tra cui residui di farmaci.
Lo studio condotto da Dikonketso e Olayinka (pubblicato su MicrobiologyOpen pochi mesi fa) ha valutato, ad esempio, i livelli di contaminazione batterica nelle acque derivanti da un allevamento suino determinando la resistenza agli antibiotici dei ceppi appartenenti alle specie prevalenti. La popolazione batterica identificata era costituita prevalentemente da: Salmonella spp., Escherichia coli, Pseudomonas spp., Serratia spp., Klebsiella pneumoniae, Proteus vulgaris, Enterobacter cloacae, Yersinia pestis. I 74 ceppi isolati sono stati testati per la resistenza/sensibilità a 18 antibiotici ampiamente utilizzati e le percentuali di antibiotico-resistenza riscontrate erano molto alte. In particolare:
- 87% di resistenza all’ossitetraciclina
- 85% di resistenza alla lincomicina
- 81% di resistenza alla vancomicina
L’ossitetraciclina è un antibiotico ad ampio spettro che agisce, quindi, sia su Gram negativi che positivi ed è un inibitore della sintesi proteica dei batteri. Ha una breve emivita ed è per questo motivo che viene somministrato dalle 2 alle 4 volte al giorno incrementando, in tal modo, la diffusione dei suoi residui nelle acque. Infatti, ad oggi il suo abuso è considerato tra i principali responsabili della diffusione di antibiotico-resistenza nelle acque.
Il riutilizzo delle acque come fertilizzanti per terreni agricoli
Le acque derivanti dagli allevamenti vengono spesso utilizzate, in varie parti del mondo, per fertilizzare i campi agricoli. Questo utilizzo riguarda sia le acque trattate sia quelle non trattate o trattate parzialmente. Alla luce di quanto descritto finora, è chiaro che se le acque contengono elevate concentrazioni di batteri antibiotico-resistenti, la loro diffusione attraverso il suolo ha un forte impatto sia sull’ambiente che sulla salute umana.
La meta-analisi (raccolta di dati provenienti da numerosi studi) pubblicata da Adegoke e colleghi su Frontiers in Public Health ha messo in evidenza i numerosi casi di diarrea, infezioni cutanee e alimentari riportate dai lavoratori agricoli e dai membri delle loro famiglie. Gli episodi di diarrea erano dovuti alla loro esposizione agli elminti mentre le infezioni cutanee e alimentari al consumo di frutta e verdura irrigata con queste acque di scarico. L’entità degli effetti era grave per chi entrava a stretto contatto con le acque e più lieve per chi consumava alimenti contaminati.
La figura fornisce una visione generale della concentrazione microbica e dei patogeni riportati dalla letteratura del settore (Figura 3). I numeri sulle barre indicano le referenze a cui le concentrazioni sono associate. Le concentrazioni più alte sono state riscontrate per Escherichia coli, enterococchi fecali e parassiti protozoi (cisti e oocisti). Un altro punto che salta subito all’occhio è il posizionamento dell’Italia che compare in tutti e 3 i gruppi di microrganismi maggiormente riscontrati. Da sottolineare che i microrganismi ritrovati in Italia provenivano da acque che avevano subito almeno un trattamento secondario e in alcuni casi anche un trattamento terziario.
Cosa si può fare per mitigare i rischi legati al riutilizzo delle acque?
Il piano di sicurezza delineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha valutato diversi approcci:
- interrompere l’irrigazione dei campi nella fase che precede il raccolto permettendo ai patogeni di morire. Questo è l’approccio più sicuro ma anche quello che offre risultati immediati
- il primo approccio deve essere combinato a tecnologie di trattamento per le acque reflue prima del riuso (ozonizzazione, carbonio attivo, nano-filtrazione, ossidazione avanzata)
- utilizzo di buone pratiche di lavorazione per evitare il diretto contatto con le acque reflue
Conclusioni
Gli impianti di depurazione sono serbatoi di accumulo di ceppi antibiotico-resistenti e contribuiscono alla loro diffusione nell’ambiente. I batteri resistenti possono trasmettere la resistenza ad altri batteri, anche a specie patogene per l’uomo. Gli scarichi provenienti dalle attività agricole rappresentano la maggiore fonte di diffusione della resistenza e chi lavora a stretto contatto con le acque reflue presenta un rischio elevato. È opportuno, quindi, applicare misure preventive adeguate per limitare i rischi.
Referenze
- Adegoke A.A., Amoah I.D., Stenström T.A., Verbyla M.E., Mihelcic J.R., 2018. Epidemiological evidence and health risks associated with agricultural reuse of partially treated and untreated wastewater: a review. Front. Public Health, 06 December 2018 https://doi.org/10.3389/fpubh.2018.00337
- Berkner S., Konradi S., Schönfeld J., 2014. Antibiotic resistance and the environment–there and back again: Science & Society series on Science and Drugs. EMBO Reports, 15:740-744, doi: 10.15252/embr.201438978
- Dikonketso S.M., Olayinka A.A., 2018. Analysis of bacteriological pollution and the detection of antibiotic resistance genes of prevailing bacteria emanating from pig farm seepage. MicrobiologyOpen. 2018 Nov 9:e737. doi: 10.1002/mbo3.737
- McLellan S.L., Fisher J.C., Newton R.J., 2015. The microbiome of urban waters. International Microbiology, 18:141-149. doi: 10.2436/20.1501.01.244
- Zăbavă B.S., Voicu G., Safta V., Ungureanu N., Dincă M., Mariana I., Munteanu M., 2016. Considerations on the equipment used for wastewater settling – a review. International Symposium of ISB – INMA TEH. Agricultural and mechanical engineering, 27 – 29 October 2016, Bucharest, Romania. Proceedings 2016 pp.561-566 ref.12
Collegamenti esterni
Bibliografia
- Gerardi M.H., 2006. Wastewater Bacteria. John Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey
- von Sperling M., (2007). Biological Wastewater Treatment Series: Wastewater characteristics, treatment and disposal. (Vol.1) .London. IWA Publishing.