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Date quell’atomo a Primo Levi

Uno dei quattro nuovi elementi della tavola periodica potrebbe essere chiamato levium in onore del chimico e scrittore Primo Levi. Manca poco al verdetto. Si chiamano 113, 115, 116 e 118 in base ai numeri atomici che li caratterizzano. Sono i nuovi elementi della tavola periodica scoperti dal RIKEN Institute in Giappone, dal Joint Institute for Nuclear Research in Russia e dal Lawrence Livermore National Laboratory in California. Si tratta di elementi creati artificialmente  facendo collidere tra loro nuclei leggeri ad alta velocità e cercando, in seguito, le firme radioattive generate dal decadimento dei nuovi atomi. Piccola curiosità: il primo elemento artificiale a entrare nella tavola periodica è stato il tecnezio, scoperto dall’italiano premio Nobel per la fisica Emilio Segrè nel 1937.

Questo mese (o quello successivo) gli autori delle recenti scoperte avranno il compito di decidere i nomi da attribuire a 113, 115, 116 e 118. A suo tempo, sulla rivista «Nature» del 14 gennaio è stata lanciata la proposta di dedicare a Primo Levi uno degli elementi.

«Mi piacerebbe che uno degli elementi fosse chiamato levium, in onore dello scrittore e chimico Primo Levi» ha scritto il giornalista Philip Ball sulla più importante rivista scientifica del mondo. «Il suo libro Il sistema periodico (Einaudi, 1975) resta la migliore opera mai scritta sulla chimica». Ma questo non è l’unico motivo per cui il giornalista ha candidato l’autore italiano.

«Il resoconto di Levi sul periodo passato nel campo di concentramento di Auschwitz, pubblicato nel libro Se questo è un uomo del 1947, è uno dei testi più profondi del secolo scorso e testimonia, nei fatti, che la scienza può essere una fonte di liberazione e di salvezza universali così come può, invece, essere potenzialmente abusata per adempiere a terribili scopi. Chiamare levium uno dei nuovi elementi significherebbe elevare la tavola periodica a patrimonio dell’umanità».

Ora non rimane che aspettare le decisioni dei ricercatori giapponesi, russi e americani. La parola di una rivista autorevole come «Nature» potrà avere qualche influenza sulle loro scelte? Lo scopriremo presto.

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