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Cosa vive sulla pelliccia dei bradipi?

I bradipi sono mammiferi arboricoli che abitano le foreste tropicali e neotropicali di Centro e Sud America. Nell’immaginario collettivo questi animali sono da sempre considerati il simbolo di lentezza e pigrizia. Tuttavia, la loro natura solitaria non deve trarci in inganno: la pelliccia dei bradipi, infatti, ospita una miriade di organismi diversi, che per questo vengono detti organismi epibionti.

Investire in relazioni con altri esseri viventi, unitamente ad una regolazione estremamente efficiente del metabolismo, sono state probabilmente alcune delle armi vincenti che hanno permesso ai bradipi di adattarsi all’ambiente circostante. Ad oggi, risulta quindi necessario capire e studiare a fondo i meccanismi biologici che governano le relazioni tra i bradipi e gli organismi epibionti presenti sulla loro pelliccia. Ciò sarà fondamentale per la tutela e la salvaguardia dei bradipi e dell’ecosistema nel quale essi vivono. E non solo.

Cosa vive sulla pelliccia dei bradipi?

I bradipi sono animali altamente specializzati e possiedono caratteristiche uniche all’interno di tutto il regno animale. A tale proposito, gli studiosi sono da tempo a conoscenza del fatto che la pelliccia dei bradipi possiede delle peculiarità morfologiche del tutto eccezionali. Peculiarità che la rendono in grado di ospitare al suo interno una grande varietà di organismi diversi.

Questi organismi prendono il nome di simbionti. In biologia, un simbionte è un organismo che vive strettamente associato ad un altro in una relazione ecologica detta appunto simbiosi. In particolare, sulla pelliccia dei bradipi vivono principalmente i seguenti organismi:

Pelliccia dei bradipi e alghe

Le alghe sono i microrganismi associati ai bradipi più abbondanti e maggiormente studiati. Non è infatti raro osservare sulla pelliccia di questi animali la caratteristica colorazione tendente al verde, della quale sono responsabili proprio alcune specie di alghe verdi[2].

Distribuzione delle alghe

Le modalità di distribuzione delle alghe sulla pelliccia dei bradipi variano a seconda che si analizzi un bradipo didattilo o un bradipo tridattilo[1].

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Nei bradipi tridattili (genere Bradypus), ad esempio, i peli che compongono la pelliccia posseggono delle incrinature trasversali. Queste strutture rendono i peli in grado di assorbire l’acqua e di saturarsi completamente quando bagnati dalla pioggia. È stato quindi ipotizzato che l’umidità presente all’interno di queste fessurazioni possa sostenere la crescita delle alghe sulla superficie dei peli. Non a caso, durante la stagione secca, la pelliccia dei bradipi è solita colorarsi di un marrone piuttosto scuro mentre, con l’arrivo della stagione delle piogge, le elevate precipitazioni favoriscono la colonizzazione algale della pelliccia, che assume così la caratteristica colorazione verdastra[3].

La pelliccia dei bradipi didattili (genere Choloepus) possiede anch’essa caratteristiche morfologiche particolari, anche se lievemente diverse rispetto a quelle dei bradipi tridattili. In questo caso, le alghe si distribuiscono in pieghettature e solchi longitudinali. Queste incrinature si estendono lungo tutto il pelo dell’animale per poi attenuarsi in prossimità della sua estremità inferiore. A differenza dei bradipi tridattili, inoltre, i peli dei bradipi didattili non sono in grado di assorbire prontamente l’acqua e di saturarsi completamente. In questo caso, non è ancora del tutto chiaro se le alghe rimangano adese sulla superficie delle scanalature oppure se siano incorporate all’interno di quest’ultime[3].

Osservazioni effettuate al microscopio elettronico su peli di Bradypus variegatus (una specie di bradipo tridattilo) hanno inoltre permesso di apprezzare come l’anatomia delle fessurazioni, e di conseguenza la presenza delle alghe, cambi al variare dell’età del bradipo.

Nei primi anni di vita, le alghe appaiono come minuscoli puntini o sotto forma di linee estremamente sottili. In questo stadio, infatti, le fessurazioni sono poco sviluppate e non molto profonde. La comunità algale non è ancora presente in quantità apprezzabili e la colorazione del pelo dei giovani bradipi va in genere dal bianco-grigio fino a tonalità più scure, come il marrone e il nero[3].

Con il passare del tempo la lunghezza dei peli aumenta, così come il numero delle fessurazioni trasversali e delle colonie algali. Tuttavia, ancora non è ben chiaro se siano le alghe a colonizzare le sottili spaccature che si formano nel tempo o se siano le spaccature ad essere create appositamente dalle alghe. In ogni caso, con l’avanzare dell’età, i peli dei bradipi appaiono sempre più deteriorati e sono quasi del tutto privi di colonie algali viventi. Soltanto le pellicce di individui giovani o di età intermedia ospitano colonie algali in salute. Una volta che le fessurazioni raggiungono una certa profondità, infatti, le alghe cessano di crescere[3].

pelliccia bradipo microscopio
(A)Scansione al microscopio elettronico di peli di un giovane individuo di B. variegatus. Le fessurazioni trasversali sono ancora in formazione e appaiono poco profonde. (B) Fessurazioni longitudinali di un individuo di C. hoffmanni. Modificato da [3]

Biodiversità algale

Per quanto riguarda la biodiversità delle specie algali presenti, la sola identificazione basata sulla morfologia delle cellule non basta. Molte specie di alghe, infatti, non sono facilmente distinguibili al microscopio. Le moderne tecniche molecolari basate sul sequenziamento del DNA si sono invece rese molto utili per la classificazione delle specie algali presenti.

I risultati fin’ora ottenuti hanno rivelato la presenza di almeno quattro generi di alghe sulla pelliccia dei bradipi didattili, e di sei per i bradipi tridattili. Non solo, esistono importanti differenze anche all’interno della stessa specie di bradipo[3].

Trichophilus welckeri è la specie di alga verde associata ai bradipi sicuramente più conosciuta, essendo nota agli studiosi fin dal 1887. Le cellule appartenenti a questo genere sono molto piccole (1-3 micron) ed hanno una parete cellulare molto spessa. Il citoplasma è inoltre ricco in cloroplasti, ossia i compartimenti cellulari dove avviene la fotosintesi[2].

T. welckeri è stata identificata nella pelliccia delle specie di bradipo tridattilo Bradypus torquatus, Bradypus pygmaeus e Bradypus tridactylus. Fino a non molto tempo fa gli studiosi ritenevano che T. welckeri fosse la specie di alga verde più importante e maggiormente presente sulla pelliccia dei bradipi. Le analisi del DNA hanno però permesso alla comunità scientifica di identificare specie di alghe appartenenti anche ad altri generi. Il bradipo dal cappuccio B. torquatus, ad esempio, ospita sulla pelliccia numerose alghe appartenenti ai generi Trentepohlia e Myrmecia.

Possedere peli con struttura e morfologia differenti può far sì che la pelliccia dei bradipi ospiti specie algali anche molto diverse tra loro. Cellule di alghe appartenenti al medesimo genere Trichophilus differiscono infatti per dimensioni cellulari tra bradipi tridattili e bradipi didattili. Tutti questi elementi farebbero ipotizzare una possibile coevoluzione tra le specie di bradipo e le alghe ad essi associate[2].

Qual è la vera natura di questo legame?

Nel corso del tempo sono state avanzate molte ipotesi per cercare di spiegare quali potessero essere i benefici per i bradipi nell’ospitare sulla propria pelliccia una così grande biodiversità algale.

Dal momento che i bradipi non sono soliti leccarsi o pulirsi la pelliccia, è stato inizialmente ipotizzato che si trattasse semplicemente di microrganismi commensali. Microrganismi, quindi, che vivono sulla pelliccia dei bradipi senza apportare alcun tipo di beneficio nutrizionale all’animale[3].

Tuttavia, un’altra ipotesi ampiamente diffusa prevede che il colore verde delle alghe riesca a camuffare meglio gli animali tra la vegetazione. A tale riguardo, occorre sottolineare che nessuno studio è stato condotto fin’ora per testare questa ipotesi[3].

Va inoltre considerato che la colorazione della pelliccia cambia durante il corso dell’anno e una colorazione marrone/grigia riesce comunque a camuffare molto bene il bradipo nel suo habitat naturale. Gli animali riescono infatti a camuffarsi molto bene con i tronchi degli alberi, i rami e le foglie morte[1].

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Per quanto riguarda l’ipotesi delle alghe come fonte di cibo per i bradipi, essa è molto interessante ed è tuttora al vaglio degli scienziati. È probabile che il consumo di alghe fornisca ai bradipi qualche elemento nutrizionale, dal momento in cui nel loro stomaco sono stati rinvenuti resti di questi microrganismi[4].

A tale proposito, sono state suggerite varie modalità su come possa avvenire il trasferimento di nutrienti dalle alghe ai bradipi. Un’ipotesi prevede che i nutrienti raggiungano il bradipo passando direttamente attraverso i peli dell’animale. Come già detto in precedenza, questi peli sono grado di assorbire prontamente l’acqua nell’arco di pochi minuti: le sostanze nutritive potrebbero così passare dai peli fino alla superficie della pelle per diffusione e poi esser assorbite attraverso la cute dell’animale[1].

Secondo questa ipotesi i bradipi “coltiverebbero” quindi le alghe sulla propria pelliccia per  consumarle in un secondo momento. Così facendo, sopperirebbero alle carenze nutrizionali dovute a una dieta estremamente limitata, dal momento in cui i due gruppi di bradipo si nutrono quasi esclusivamente delle foglie degli alberi di Cecropia. Anche in questo caso, però, occorre sottolineare che l’evidenza sperimentale a supporto di questa teoria è ancora bassa[1].

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Pelliccia dei bradipi e artropodi

A differenza di quello che potremmo pensare, i bradipi ospitano sulla pelliccia anche un’ampia biodiversità di artropodi. Tra questi troviamo varie specie di artropodi parassiti, come quelli succhiatori di sangue: zanzare, pappataci e zecche sono solo alcuni degli ospiti che vivono abitualmente sulla pelliccia dei bradipi[2].

In particolare, le infestazioni di zecche possono essere in alcuni casi anche molto preoccupanti. Il genere di zecca Ambylomma è sicuramente uno dei più rappresentativi, con ben sei specie rinvenute sulla pelliccia dei bradipi di- e tridattili[2].

Altre infestazioni riguardano gli acari succhiatori di sangue, appartenenti alle specie Liponissus inheringi, Lobalges trouessarti, e Edentalges bradypus. Tre specie, queste, che sono state rinvenute esclusivamente sulla pelliccia dei bradipi tridattili. Ad oggi non è però ancora del tutto chiaro come questi ectoparassiti impattino sulla vita e la salute generale degli animali.

Inoltre, i bradipi ospitano sulla loro pelliccia almeno sei specie differenti di farfalle. Alcune di queste, come Cryptoses waagi e Cryptoses choloepi, risultano essere specifiche, ossia sono in grado di vivere solamente sulla pelliccia dei bradipi. Uno studio ha addirittura registrato la presenza contemporanea di oltre 120 individui di Cryptoses spp. sulla pelliccia di un singolo animale[3].

Una scoperta molto interessante riguarda inoltre il fatto che alcuni insetti associati ai bradipi amano nutrirsi di alghe. È possibile che le alghe rappresentino quindi per molti insetti commensali una fonte di cibo, in particolare di azoto.

In generale, però, sappiamo ancora molto poco riguardo al ruolo e all’importanza ecologica che gli artropodi rivestono all’interno del complesso e vario ecosistema presente sulla pelliccia dei bradipi[2].

Molte sono ancora le ipotesi al vaglio degli scienziati. È verosimile, ad esempio, che alcuni insetti contribuiscano in maniera positiva al riciclo dei nutrienti organici presenti sulla pelliccia. Altre specie di artropodi, infine, possono persino giocare un ruolo nella protezione del bradipo stesso, predandone gli ectoparassiti che possono infettarne la pelliccia[2].

Pelliccia dei bradipi e funghi

Oltre alle alghe e agli artropodi appena visti, anche alcune specie di funghi vivono associati alla pelliccia dei bradipi. Tuttavia, non sappiamo ancora quali siano i ruoli che essi ricoprono all’interno dell’ecosistema microbico e come essi interagiscano con gli altri organismi[2].

Grazie all’impego delle moderne tecniche di sequenziamento del DNA, i ricercatori hanno già identificato molti gruppi di funghi appartenenti agli ascomiceti e un gruppo appartenente ai basidiomiceti[2, 5].

Dai campioni ambientali rinvenuti fino ad ora, due specie di fungo presenti sulla pelliccia dei bradipi (Devriesia staurophora Mycosphaerella pini) sono state identificate anche sulla corteccia degli alberi e in alcuni campioni di suolo. È stato perciò ipotizzato che il bradipo possa venire in contatto con tali funghi mangiando le foglie sulle quali si trovano gli stessi microrganismi o al momento della deposizione delle feci nel terreno[5].

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In ogni caso, non è ancora del tutto chiaro quale sia l’esatta natura ecologica delle relazioni che intercorrono tra i funghi e i bradipi. Alcuni di essi potrebbero addirittura apportare dei benefici all’animale, instaurando con il bradipo una vera e propria simbiosi mutualistica[2]. Il mutualismo è infatti una particolare tipologia di simbiosi nella quale gli organismi coinvolti nella relazione traggono un beneficio o un vantaggio reciproco.

Tuttavia, sappiamo anche che alcune malattie dei bradipi sono causate proprio da agenti patogeni fungini. Le infezioni interessano nella maggioranza dei casi la pelle dei poveri animali, sulla quale si vengono a formare croste ben visibili. In molti casi, tali croste possono addirittura cadere, lasciando così la cute dei bradipi esposta all’aria e suscettibile all’infezione da parte di altri agenti patogeni[2].

Falene, bradipi ed alghe: il mutualismo a rafforzo di un particolare stile di vita

Con una frequenza di circa una volta a settimana il bradipo tridattilo è solito scendere dai rami dell’albero di Cecropia che lo ospita per poter espletare le proprie funzioni fisiologiche. Una volta sceso a terra, l’animale scava un’apposita buca non lontano dall’albero e vi depone le proprie feci, ricoprendo poi il tutto con la coda[4]. Questo comportamento assai insolito e inusuale raramente è stato osservato nei bradipi didattili che, al contrario, sono soliti defecare rimanendo al sicuro sulla cima degli alberi.

Perché dunque il bradipo tridattilo scende dall’albero consumando energia preziosa ed esponendosi ad una situazione di pericolo? E soprattutto, questo comportamento può in qualche misura influenzare le dinamiche interne alla comunità epibionte?

Scendere dall’albero, infatti, può costare al bradipo fino all’8% del proprio budget energetico giornaliero[4]. Come già detto nei paragrafi precedenti, la varietà nella dieta dei due gruppi di bradipo è assai limitata, così come limitato è l’input energetico ricavato da questi animali.  

In cerca quindi di una possibile spiegazione un gruppo di ricercatori ha studiato alcune popolazioni di bradipi tridattili che vivono nelle foreste a nordest della città di San Josè, in Costa Rica. Ciò che hanno scoperto è andato ben oltre le loro aspettative.

Gli scienziati hanno inizialmente osservato che, a seguito della discesa a terra dei bradipi per  la deposizione delle feci, le femmine di alcune specie di lepidotteri piralidi (Cryptoses spp.) abbandonano la pelliccia degli animali per deporre le loro uova sui freschi escrementi[4].

Le larve di queste farfalle sono infatti coprofaghe e riescono a raggiungere lo stadio adulto esclusivamente all’interno della buca scavata in precedenza dal bradipo. Una volta sviluppati, gli adulti emergono poi dal terreno per volare nuovamente tra la vegetazione in cerca dei partner e completare così il proprio ciclo vitale[4].

pelliccia bradipo artropodi
(A) Vari individui di Cryptoses choloepi su un Bradypus variegatus. (B) Queste farfalle si camuffano molto bene sulla pelliccia del bradipo. Da [2]
I ricercatori hanno inoltre scoperto un fatto molto curioso, e cioè che le farfalle appena nate tendono a tornare sulla pelliccia dello stesso bradipo che ospitava i propri progenitori. Non solo, è stato anche osservato che il particolare ciclo vitale delle falene dipende totalmente dalla presenza del bradipo[4].

Ma non è finita qui. Ciò che è emerso da ulteriori ricerche è che non solo questo singolare comportamento dei bradipi è essenziale per il compimento del ciclo vitale delle falene, ma fornisce anche un importante input nutrizionale alla stessa comunità epibionte presente sulla pelliccia. Una maggiore quantità di falene è stata infatti rinvenuta nei bradipi tridattili che sono soliti scendere dall’albero per deporre le proprie feci, unitamente ad una più elevata concentrazione di azoto inorganico e di biomassa algale. Più azoto presente sulla pelliccia significa più nutrimento per le colonie algali[4].

Ecco che al momento della discesa a terra per deporre le feci i bradipi sostengono quindi il ciclo vitale delle piralidi che, una volta tornate sulla loro pelliccia, ne aumentano il contenuto di azoto e nutrienti. Nutrienti che a loro volta sostengono la crescita delle colonie algali.

Questa complessa sindrome mutualistica bradipi-alghe-falene sembrerebbe quindi rivelare molto di più sulla storia evolutiva dei bradipi stessi. Animali, quest’ultimi, costretti ad un compromesso evolutivo molto importante. I bradipi, infatti, sono disposti a far fronte a rischi di predazione più elevati pur di favorire l’instaurarsi di relazioni mutualistiche con altri organismi[4].

Nuove prospettive nello studio della pelliccia dei bradipi

Dinamiche degli epibionti nello spazio e nel tempo

La straordinaria ricchezza di vita presente sulla pelliccia dei bradipi fa sì che questi animali possano esser considerati delle vere e proprie isole mobili di biodiversità, una sorta di ecosistemi in movimento. Pensare ai bradipi come a singoli hotspot mobili di biodiversità, infatti, può esser un buon modello per poter esaminare le interazioni tra i vari organismi viventi all’interno della foresta[2].

I bradipi possono percorrere circa 40 metri al giorno, spostandosi su e giù lungo i rami della foresta e arrivando a coprire un’area poco inferiore ai 2 ettari. I movimenti così lenti dei bradipi permettono agli scienziati di studiare il profilo ecologico, e quindi la distribuzione degli organismi viventi, in maniera molto più accurata rispetto a quanto si possa fare con gli organismi sessili, come piante o alberi[2].

A questo punto viene da chiedersi se esplorare la foresta così lentamente sia una una delle cause principali della grande biodiversità presente sulla pelliccia dei bradipi. Scendere e risalire dagli alberi, infatti, può contribuire a connettere e disperdere gli epibionti dalla pelliccia all’ambiente circostante, e viceversa.

Ciò rappresenterebbe per gli scienziati una porta d’ingresso unica per lo studio della connettività ecologica e dei movimenti compiuti dai vari organismi viventi che popolano l’ecosistema forestale. Tuttavia, proprio a causa della natura così schiva dei bradipi, non è affatto semplice studiare i movimenti di questi animali con i metodi di ricerca e di cattura tradizionalmente impiegati. Attualmente sono ancora pochi gli studi di monitoraggio dei bradipi effettuati nelle tre dimensioni spaziali, cioè altitudine, latitudine e longitudine[3].

Per il prossimo futuro sarà necessario trovare degli strumenti che siano in grado di accoppiare lo studio dei movimenti del bradipo con il monitoraggio in tempo reale delle condizioni ambientali (come luce, umidità, temperatura, ecc.).

Questi studi potrebbero fare finalmente chiarezza su quanto e in che modo le variazioni nelle condizioni ambientali influenzino non solo la salute dei bradipi ma anche, e soprattutto, le strutture e le dinamiche interne all’ecosistema microbico presente sulla loro pelliccia[3].

Acquisizione e trasmissione degli epibionti

Al momento sappiamo ancora molto poco circa le differenti modalità di acquisizione degli epibionti dall’ambiente circostante e della loro trasmissione tra individui diversi. In tal senso, non è ad esempio ancora chiaro se le comunità microbiche della pelliccia vengano effettivamente trasmesse dai genitori alle generazioni successive e se la loro acquisizione abbia un qualche ruolo nella futura vita del bradipo[3].

Per quanto riguarda le alghe, alcuni scienziati credono che esse vengano trasmesse direttamente dalle madri ai figli, anche se ancora non esistono studi in proposito. Non è inoltre nemmeno chiaro se le alghe epibionti possano crescere anche su substrati diversi dalla pelliccia dei bradipi. Se ciò fosse provato, si potrebbe ipotizzare che i bradipi possono acquisire le alghe anche dall’ambiente circostante[5].

Discorso a parte, invece, può essere fatto per i funghi. Delle specie di funghi campionate finora sulla pelliccia dei bradipi, circa un terzo risulta essere identico a quelle di funghi rinvenuti nello stesso ambiente dei bradipi, sia al livello delle piante che del suolo. Nel loro insieme, quindi, questi due elementi suggeriscono che le comunità fungine presenti sulla pelliccia possano essere acquisite anche dall’ambiente[3].

Attualmente non è ancora chiaro quale possa essere il ruolo e l’importanza della trasmissione degli epibionti tra bradipi. Infatti, i bradipi sono in genere animali molto solitari e raramente condividono momenti della loro vita con i conspecifici. Durante l’accoppiamento, il parto e le cure parentali, però, potrebbe essere favorita la trasmissione da un individuo all’altro di alcuni epibionti mobili, in primis gli insetti[3].

In futuro, le ricerche dovranno quindi focalizzarsi sull’analisi frequente della pelliccia delle madri e dei rispettivi figli, per tutto il periodo delle cure materne ed eventualmente anche dopo la separazione tra madre e figlio. Al momento, infatti, le comunità epibionti sulle pellicce materne sono state caratterizzate solo a livello del dorso, del capo e delle spalle, ma non al livello dell’addome, dove viene mantenuta la prole per i primi mesi di vita[2].

Inoltre, l’analisi del DNA ambientale potrebbe anche in questi caso rivelarsi di grande aiuto per la comunità scientifica, in quanto permetterebbe di comparare la struttura e le funzioni della comunità microbica presente sulla pelliccia dei bradipi con quelle della vegetazione circostante, allo scopo di fare chiarezza sulle possibili origini degli epibionti[2].

Immunità ed epibionti

I microrganismi giocano da sempre un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella difesa del sistema immunitario dei propri ospiti, bradipi compresi. I bradipi in cattività, dove il numero di epibionti presenti sulla pelliccia è di gran lunga inferiore, mostrano infatti problemi di salute con una frequenza maggiore rispetto alla controparte libera nel proprio habitat.

Lo studio delle infezioni fungine viste in precedenza, ad esempio, permetterà agli scienziati di capire se, e in quale misura, i funghi possano condizionare la salute generale dei bradipi, così come gli equilibri di tutta la comunità epibionte[2].

Infatti, è alquanto probabile che sbilanciamenti o alterazioni generali dell’ecosistema microbico possano in qualche misura diminuire la resistenza dei bradipi all’attacco di altri organismi patogeni. A tale proposito, è possibile che alcuni organismi epibionti fungini siano presenti inizialmente sulla pelliccia dei bradipi come semplici commensali, e in seguito a cambiamenti o alterazioni ambientali si trasformino in patogeni[2].

Una scoperta molto interessante ha svelato che i bradipi ospitano sulla loro pelliccia anche alcune specie di arbovirus, come il Mayaro virus. Questi virus hanno come vettori gli artropodi ma sembrano essere innocui per il bradipo, almeno fino ad ora. Capire le cause di questa apparente resistenza sarà quindi fondamentale, anche per eventuali applicazioni alla salute umana[3].

Un filone di ricerca molto importante si sta infine concentrando sullo studio della comunità epibionte come fonte di metaboliti secondari. Si tratta di particolari classi di molecole dalle potenzialità applicative molto interessanti. Alcune molecole potrebbero ad esempio prevenire le infezioni dei bradipi da parte di alcuni organismi patogeni; altre, di natura volatile, potrebbero invece avere una funzione repellente nei confronti di alcuni parassiti o predatori della foresta[2].

Non solo, la straordinaria biodiversità  presente sulla pelliccia dei bradipi ha portato all’isolamento di molecole di origine fungina dalle importanti proprietà bioattive. In particolare, alcune di queste molecole risultano ad esempio essere attive contro ceppi di batteri patogeni Gram-negativi e persino contro linee cellulari che portano alla proliferazione del tumore al seno negli esseri umani[6].

Conclusioni

I bradipi vivono nelle foreste neotropicali e amazzoniche di Centro e Sud America e, durante la loro storia evolutiva, hanno fatto della loro pelliccia un vero e proprio ecosistema in movimento. Una miriade di organismi differenti vive infatti adesa al corpo dei bradipi, instaurando una fitta rete di relazioni simbiotiche e mutualistiche.

Di questo sistema assai complesso sappiamo però ancora molto poco. Svelare i suoi segreti e preservare l’habitat dei bradipi sono quindi due degli obiettivi fondamentali del prossimo futuro per la tutela non solo di questi animali, ma anche degli organismi e dell’ecosistema ad essi connessi.

Referenze

  1. Aiello, A. (1985). Sloth hair: unanswered questions. In: G. Gene Montgomery, Editor, The Evolution and Ecology of Armadillos, Sloths, and VermilinguasSmithsonian Institution Press. Washington;
  2. Kaup, M., Trull, S., & Hom, E. F. (2021). On the move: sloths and their epibionts as model mobile ecosystems. Biological Reviews, 96(6), 2638-2660;
  3. Gilmore, D. P., Da Costa, C. P., & Duarte, D. P. F. (2001). Sloth biology: an update on their physiological ecology, behavior and role as vectors of arthropods and arboviruses. Brazilian Journal of Medical and Biological Research, 34, 9-25;
  4. Pauli, J. N., et al. (2014). A syndrome of mutualism reinforces the lifestyle of a slothProceedings of the Royal Society B: Biological Sciences281(1778), 20133006.;
  5. Suutari, M., et al. (2010). Molecular evidence for a diverse green algal community growing in the hair of sloths and a specific association with Trichophilus welckeri (Chlorophyta, Ulvophyceae). BMC evolutionary biology10(1), 1-12;
  6. Higginbotham, S., et al. (2014). Sloth hair as a novel source of fungi with potent anti-parasitic, anti-cancer and anti-bacterial bioactivityPloS one9(1), e84549.

Immagine di copertina di ryanacandee, Flickr (CC BY 2.0).

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