Le galle delle piante, o cecidi, possono essere considerate delle masse tumorali (o iperplasie) generate dalle piante in risposta ad attacchi parassitari. Quando parliamo di parassiti, in particolare, possiamo intendere un’infinità di organismi: insetti, funghi, batteri e virus, per esempio. Le galle generate in seguito a questi attacchi possono presentarsi in molte forme diverse: tutto dipende dalla specie vegetale che le produce e dal parassita che ne ha indotto la formazione[1]. Ma scopriamo qualcosa di più.
Caratteristiche principali delle galle
Le galle si formano su una pianta a partire dall’avvento di un parassita: persino animali come rotiferi e nematodi possono indurne la formazione. Pur avendo paragonato queste strutture a dei tumori, in realtà alcuni vegetali possono beneficiare delle galle che producono, a differenza di quanto avviene per un tumore vero e proprio. Vedremo un paio di esempi in merito in un paragrafo successivo: i casi della pianta di fico e dei batteri azoto-fissatori delle leguminose sono i più famosi in merito alle galle.
In pratica, queste escrescenze sono causate dalla riprogrammazione della crescita o sviluppo cellulare della pianta. In che senso? Ogni essere vivente si accresce in un certo modo, secondo la propria biologia. Questo modello di sviluppo, tuttavia, nel caso delle galle, viene alterato dall’arrivo di un organismo esterno, un parassita, la cui presenza induce la pianta a modificare in parte la propria struttura. Tale riprogrammazione, con la conseguente produzione di uno o più cecidi, può avere effetti benefici, neutri oppure dannosi per la pianta che le sviluppa; il parassita ne trarrà invece vantaggio[1].
Storia naturale delle galle delle piante
Non sappiamo esattamente quando le galle comparvero per la prima volta nella storia della vita. Sappiamo però che esistono almeno sin dal Carbonifero, in quanto uno dei più antichi fossili di galle rinvenuti risale proprio a questo periodo: si tratta del cecidio di una felce arborea nordamericana, datato attorno ai 302 milioni d’anni fa. Si trattava di un periodo in cui la Terra era ricoperta di foreste dominate da un clima caldo ed umido e popolate da tantissimi anfibi.
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Questo primo ritrovamento presenta una struttura simile a quella delle galle prodotte da alcuni insetti ditteri moderni, i cui primi resti fossili risalgono tuttavia al Permiano (successivi, dunque, al fossile di felce citato). Ma che significa questo? Innanzitutto, che le prove a nostra disposizione suggeriscono una comparsa anteriore degli insetti ditteri rispetto a quanto ipotizzato finora; per quanto riguarda invece forme e strutture delle galle, le somiglianze rinvenute suggeriscono che forse, già a quel tempo, i cecidi erano un fenomeno diffuso tra i vegetali. Le prove sono tuttavia ancora troppo scarse per dare un’univoca conclusione in merito[1].
Stando alle evidenze fossili oggi disponibili, le galle delle piante divennero molto più comuni nel Cretaceo. Si tratta infatti del periodo in cui le angiosperme (le piante a fiore, per intenderci) e gli insetti erbivori iniziarono a diffondersi in numero sempre maggiore e in forme sempre più variegate.
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Per quanto riguarda la storia più recente, le galle delle piante sono state usate per secoli nella medicina tradizionale europea, forse a causa dell’alto contenuto di tannini che caratterizza queste strutture. Attualmente, le galle vengono impiegate anche nella ricerca, come nel caso del fungo parassita della segale (genere Claviceps): questo particolare organismo produce degli ispessimenti scuri, pieni di sostanze alcaloidi e pigmenti, sulla pianta colonizzata. Tali prodotti sono ampiamente indagati, per citare un caso, per sviluppare coloranti a basso impatto ambientale, oppure nella ricerca farmaceutica[1, 3].
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Una delle più interessanti applicazioni delle galle delle piante, nella storia umana, è forse quella che riguarda però l’inchiostro ferrogallico. Di cosa si tratta? Stiamo parlando di uno tra gli inchiostri più diffusi fino a pochi secoli fa, che veniva impiegato nella stesura di documenti ufficiali. Sebbene la ricetta precisa e gli additivi variassero da una regione all’altra, tale preparato prevedeva l’aggiunta di acido tannico: questa sostanza veniva estratta nientemeno che dalle galle di quercia[1, 2].
Tipologie di galle delle piante
Esistono molti tipi diversi di galle delle piante, ma in generale possiamo separarle per comodità in due grandi gruppi.
Il primo gruppo include quei cecidi che prendono forme palesemente diverse dal resto della pianta che li genera. Un caso a noi familiare? Proprio quello delle galle di quercia, che non somigliano né alle ghiande prodotte dalla pianta, né tantomeno alle sue foglie. Basta fare una camminata in un bosco per trovare questi cecidi lungo i sentieri ombreggiati dalle querce.
Il secondo insieme riunisce invece le galle con sembianze del tutto simili ad altre parti della pianta stessa. Ma in che senso? Alcune di queste iperplasie prendono la forma di foglie o rami, per esempio; è però facile distinguerle come strutture anomale, in quanto crescono in punti inaspettati del vegetale, o sono disposti in modo differente dalle altre. Basta osservare la vegetazione che cresce spontanea nelle nostre zone per vedere, talvolta, un ramo pieno di altri rami, ammassati e sottili, come a formare la coda di una scopa. Sono quelli che in inglese vengono proprio definiti witch’s brooms, le scope delle streghe. A prima vista sembrano semplici rametti, ma il loro sviluppo è però avvenuto in modo evidentemente anormale.
Sembra inoltre che i cecidi finora studiati siano solo una minima frazione di quelli esistenti, dato che risulta difficile individuarli se prodotti al livello degli apparati radicali delle piante[1].
Casi particolari: il mutualismo
Non tutte le galle però sono il prodotto di un attacco parassitario, ovvero non tutte derivano dall’interazione della pianta con organismi dannosi. Alcune tipologie di cecidi sono infatti buoni esempi di mutualismo, ovvero di relazione simbiotica (reciprocamente vantaggiosa) per vegetale ed organismo ospitato.
È il caso dei noduli che si formano sulle radici di alcune piante (come le leguminose) per ospitare i batteri azoto-fissatori, utilizzati in agricoltura per arricchire il suolo dei composti dell’azoto. I vantaggi per le due parti, in questo caso, includono: nutrimento e rifugio per i batteri; azoto per la leguminosa, ricavato dal metabolismo batterico ed essenziale per la crescita della pianta.
Un altro esempio di relazione a doppio senso, in termini di utilità , è quella che riguarda la pianta di fico (della famiglia Moraceae, genere Ficus) ed una specie di vespa (appartenente al gruppo degli imenotteri Agaonidae): le galle prodotte dalla pianta ospiteranno gli stadi giovanili dell’insetto, che poi svolgerà il ruolo di impollinatore una volta cresciuto[1]. Sembra incredibile a dirsi ma le piccole vespe vengono ospitate, con conseguente formazione galligena, all’interno del fiore del fico. Da qui si sviluppa infine il frutto (o meglio, infruttescenza) delizioso che tutti conosciamo. Sebbene le piante di fico esistenti appartengano tutte al medesimo genere, le loro vespe impollinatrici sono ripartite in ben 20 generi diversi, sottintendendo una lunga storia di co-evoluzione tra questi due gruppi di organismi nel corso del tempo[4].
Funzioni delle galle delle piante
Abbiamo dunque detto che le galle delle piante sono il risultato dell’attacco di un parassita, per il quale hanno di fatto un’utilità . Ma quale utilità ? Le galle possono avere diverse funzioni, come:
- la produzione di nutrienti adatti all’organismo parassita;
- la difesa della pianta da altri possibili intrusi;
- la creazione di un rifugio per gli stadi larvali del parassita;
- la facilitazione della riproduzione del parassita.
Ad esempio, le galle coronate delle querce producono opine, sostanze chimiche utilizzate dai batteri come forma di nutrimento: la funzione nutritiva è dunque, in questo caso, una delle possibili opzioni a vantaggio del parassita.
Le galle possono anche fornire protezione al parassita, formando dei veri e propri rifugi dove esso cresce. I rifiuti prodotti allora dai parassiti che popolano la galla vengono assorbiti dai tessuti dello stesso cecidio, oppure convogliati all’interno del sistema vascolare della pianta.
Un’ulteriore opzione funzionale delle galle è quella di trasportare i parassiti da un punto all’altro della pianta stessa, oppure di disperderli nell’ambiente esterno. Nel caso delle spore del fungo della ruggine del grano (Puccinia graminis), ad esempio, le galle prodotte dalla pianta ospite si aprono, rilasciando le spore in atmosfera a beneficio del parassita. Nella foto seguente, possiamo vedere gli effetti di questo fungo a livello microscopico: la parte colorata di rosso scuro, che ricorda vagamente la corolla di petali di un fiore, costituisce l’escrescenza galligena. Queste iperplasie possono interessare foglie e fusti di oltre 360 specie tra cereali ed erbe, minacciando le colture e vanificando in certi casi interi raccolti. La crescita di queste galle comporta, alla fine del ciclo, il rilascio di spore fungine, che diffonderanno ulteriormente il fungo nell’ambiente circostante[5].
Le galle, talvolta, possono addirittura avere il ruolo, non da sottovalutarsi, di facilitare le interazioni sociali in specie che vivono in comunità : alcuni afidi induttori di cecidi, per esempio, generano caste di soldati per difendere il proprio territorio da alcuni predatori.
Un’ulteriore funzione delle formazioni galligene è quella di facilitare il controllo della pianta nei confronti all’arrivo di nuovi parassiti: in altre parole, a volte i cecidi aiutano ad allontanare eventuali competitor. Questa difesa della pianta permette all’induttore di galle di avere per sé tutte le risorse della pianta, senza nemici con cui spartirle. Il cancro batterico degli agrumi, per esempio, produce particolari proteine atte ad eliminare altre specie di batteri presenti sulla pianta ospite (come Xanthomonas citri). Insomma, c’è una vasta gamma di opzioni a disposizione degli induttori di cecidi[1]!
Conclusioni
Sebbene la letteratura scientifica abbia prodotto un certo numero di ricerche su questo argomento, le galle restano uno dei soggetti botanici meno indagati: la loro grande diversificazione in strutture e funzioni, così come la loro origine, resta tutta da scoprire. Ad oggi, gli scienziati stanno dunque indagando in varie direzioni, per chiarire sia le basi genetiche ed ormonali sottese allo sviluppo delle galle delle piante, sia per quanto riguarda l’utilizzo di queste formazioni in ambito farmacologico[1].
Referenze
- Harris, M. O., & Pitzschke, A. (2020). Plants make galls to accommodate foreigners: some are friends, most are foes. New Phytologist, 225(5), 1852-1872;
- Corregidor, V., et al. (2019). Study of iron gall inks, ingredients and paper composition using non-destructive techniques. Heritage, 2(4), 2691-2703;
- Neubauer, L., et al. (2016). Identification and characterization of the ergochrome gene cluster in the plant pathogenic fungus Claviceps purpurea. Fungal biology and biotechnology, 3(1), 1-14;
- Cook, J. M., & Rasplus, J. Y. (2003). Mutualists with attitude: coevolving fig wasps and figs. Trends in Ecology & Evolution, 18(5), 241-248;
- Leonard, K. J., & Szabo, L. J. (2005). Stem rust of small grains and grasses caused by Puccinia graminis. Molecular plant pathology, 6(2), 99-111.
Immagine di copertina di nutmeg66, Flickr (CC BY-NC-ND 2.0).