Le mascherine chirurgiche proteggono davvero dalle particelle virali disperse nell’aria da soggetti infetti? Questa è la domanda al centro dei numerosi dibattiti che nelle ultime settimane hanno riempito gli spazi dell’informazione suscitando curiosità e dubbi nella comunità. Una risposta importante viene da uno studio che Nancy H.L. Leung ha condotto insieme ai suoi colleghi dell’università di Hong Kong e collaboratori americani. Nonostante alcune limitazioni, le prove sperimentali hanno fornito interessanti risultati a dimostrazione dell’efficacia delle mascherine nel limitare il contagio. In questo articolo ripercorreremo insieme le tappe della ricerca pubblicata pochi giorni fa sulla prestigiosa rivista Nature Medicine[1].
Premesse
Prima di addentrarsi nella parte sperimentale della ricerca, gli stessi autori ricordano che le infezioni respiratorie causate da virus si manifestano con sintomi che vanno da un comune raffreddore a gravi difficoltà nella respirazione portando, in alcuni casi, alla morte del soggetto colpito[2]. I virus responsabili si trasmettono da persona a persona tramite un contatto diretto (un individuo infetto ne contagia un altro a distanze ravvicinate), oppure tramite un contatto indiretto (un individuo viene in contatto con oggetti o superfici contaminate). Nella trasmissione virale entrano in gioco delle goccioline di saliva chiamate droplet e delle particelle più piccole di aerosol. Le prime hanno un diametro maggiore e una volta emesse dalla bocca dell’uomo cadono a terra senza percorrere grandi distanze e in tempi molto brevi.
Da precisare che quando parliamo delle dimensioni di entrambe dobbiamo pensare a qualcosa di molto piccolo, dell’ordine del micrometro (la millesima parte di un millimetro, 1 µm = 0,001 mm).
Precisamente, le gocce di saliva chiamate droplet hanno un diametro superiore ai 5 micrometri mentre l’aerosol è più piccolo di 5 micrometri[3, 4]. Per questo motivo, le autorità sanitarie raccomandano ai soggetti infetti di indossare le mascherine e prevenire quindi la trasmissione di particelle virali[5]. Se guardiamo al passato, l’originario uso delle mascherine era limitato ai chirurghi che le indossavano in sala operatoria per proteggere loro stessi ed i pazienti durante un intervento[6]. A questo punto è chiaro il motivo per cui le mascherine vengono incluse tra i dispositivi di protezione individuale (DPI). Tuttavia, le informazioni riguardanti la capacità delle mascherine di filtrare l’aria che si respira sono scarse e derivanti da studi condotti solo su virus influenzali[7].
Per colmare questa mancanza di dati, gli autori dello studio hanno valutato l’efficacia delle mascherine considerando la trasmissione, tramite droplet ed aerosol, non solo del virus influenzale ma anche dei rinovirus (virus che sopravvivono bene nelle cavità nasali causando il comune raffreddore) e dei coronavirus umani (virus che colpiscono le vie respiratorie con sintomi da lievi a molto gravi)[1].
Occorre precisare che questo studio è stato condotto da partecipanti infettati da coronavirus umani precedenti al SARS-CoV-2. Al momento, infatti, non è possibile pensare di poter condurre uno studio del genere con persone infettate da quest’ultimo.
I risultati della ricerca
I ricercatori si sono concentrati su campioni di goccioline di saliva emesse nell’aria da 246 partecipanti. Questi sono stati suddivisi, in modo del tutto casuale, in due gruppi: al primo è stato chiesto di indossare la mascherina mentre al secondo no.
L’intento dei ricercatori era quello di valutare l’efficacia delle mascherine riproducendo il più possibile la vita reale. Infatti, ai partecipanti è stato chiesto di indossare la mascherina da soli, senza alcun aiuto. Questo serviva proprio per includere anche un possibile uso inadeguato delle mascherine.
In ben 123 partecipanti è stata confermata l’infezione causata da almeno uno dei tre virus considerati per lo studio tramite RT-PCR (reverse transcription PCR). Di questi:
- 17 erano infettati da un coronavirus umano;
- 43 erano infettati dal virus influenzale;
- 54 erano infettati da un rinovirus.
Inoltre, un partecipante presentava sia l’infezione da coronavirus che da influenza mentre altri due presentavano sia un’infezione da rinovirus che da influenza; in questi casi si parla di soggetti coinfetti.
I campioni raccolti provenivano da tamponi nasali, tamponi faringei e campioni di goccioline di saliva (droplet ed aerosol). Questi ultimi sono stati raccolti sia da partecipanti che indossavano la mascherina sia da quelli che ne erano sprovvisti. Successivamente, il numero di particelle virali che contenevano è stato confrontato tra i vari gruppi (Figura 1). In generale, la presenza dei tre virus era molto più alta nei tamponi nasali che in quelli faringei. Di seguito ne riportiamo il valore medio:
- coronavirus: 8.1 log10 nel tampone nasale contro 3.9 nel tampone faringeo;
- influenza: 6.7 log10 nel tampone nasale contro 4.0 nel tampone faringeo;
- rinovirus: 6.8 log10 nel tampone nasale contro 3.3 nel tampone faringeo.
L’RNA dei tre virus, cioè il loro materiale genetico, è stato identificato sia nelle gocce di droplet che in quelle di aerosol emesse dai partecipanti che non indossavano la mascherina. Nel dettaglio, le goccioline di droplet contenevano una quantità di RNA pari a:
- 30% per il coronavirus;
- 26% per l’influenza;
- 28% per il rinovirus.
Per quanto riguarda le goccioline di aerosol, invece, l’RNA virale era pari a:
- 40% per il coronavirus;
- 35% per l’influenza;
- 56% per il rinovirus.
Quindi una maggiore quantità virale si ritrovava nelle goccioline di aerosol che, ricordiamo ancora una volta, sono molto più piccole rispetto a quelle di droplet. Già questo ci porta a riflettere sull’importante uso delle mascherine per contenere la diffusione di quelle goccioline invisibili che fuoriescono dalla nostra bocca quando parliamo. Ma proseguiamo con l’analisi dei risultati.
Se guardiamo i dati relativi alla presenza di coronavirus nella saliva raccolta da soggetti senza mascherina, ci rendiamo conto che è stata riscontrata nel 30% dei campioni di droplet e nel 40% dei campioni di aerosol. Ma non c’era traccia di coronavirus nei campioni raccolti dai soggetti che, invece, indossavano la mascherina.
Il virus dell’influenza, invece, è stato rilevato nel 26% dei campioni di droplet e nel 35% di aerosol raccolti dai soggetti senza mascherina. Indossare la mascherina riduce del 4% la presenza del virus nelle goccioline di droplet ma non in quelle di aerosol.
Per il rinovirus, infine, non c’erano differenze significative tra i soggetti con e senza mascherine nelle goccioline di droplet e neanche in quelle di aerosol[1].
I limiti dello studio
Sebbene i risultati ottenuti siano molto importanti, lo studio presenta delle limitazioni che gli stessi autori hanno descritto. Vediamo quali.
Non in tutti i campioni raccolti dai soggetti senza mascherina è stata riscontrata presenza virale sia nelle goccioline di droplet che in quelle di aerosol. Inoltre, nei campioni che presentavano il virus sia in quelle di droplet che di aerosol, la carica virale era, in ogni caso, molto bassa.
Tuttavia, il limite principale di questo studio era l’alto numero di partecipanti con irrilevanti particelle virali nella saliva. Inoltre, sarebbe opportuno aumentare il tempo di raccolta delle goccioline andando oltre i 30 minuti dopo l’emissione proprio per incrementare la possibilità di catturare una quantità maggiore di particelle virali.
Un altro approccio potrebbe essere quello di invitare i partecipanti ad eseguire dei colpi di tosse durante la raccolta del campione anche se l’RNA del virus è stato comunque identificato in un piccolo numero di partecipanti che non avevano tossito. Questo suggerisce che le goccioline di droplet e di aerosol sono vie di trasmissione molto plausibili anche da parte di individui asintomatici. Un altro limite è la mancata conferma della capacità infettiva del coronavirus e del rinovirus rilevati nei campioni raccolti[1].
Conclusioni
I risultati di questo studio hanno dimostrato che l’aerosol rappresenta un’importante via di trasmissione del coronavirus, dell’influenza e del rinovirus. Ma risultato ancora più importante è l’efficacia dimostrata dalle mascherine chirurgiche nel ridurre la quantità nell’ambiente di particelle virali dell’influenza dopo essere state emesse dal soggetto infetto. Questa riduzione, però si registra solo nelle goccioline di droplet e non per l’aerosol che essendo più piccole, quindi più leggere, restano sospese nell’aria per più tempo. La stessa efficacia è stata dimostrata anche per il coronavirus ma a differenza dell’influenza, la riduzione delle particelle virali era presente sia nelle goccioline di droplet che in quelle di aerosol. Questo suggerisce che l’uso della mascherina da parte delle persone infettate limita molto l’emissione del coronavirus e quindi si configura come un importante strumento di controllo della diffusione di COVID-19[1].
Le mascherine sono quindi molto utili nel contenimento del contagio. Tuttavia, ricordiamo anche l’importanza del distanziamento da mantenere quando ci si trova in spazi frequentati da altre persone. Indossare la mascherina e mantenere comunque la distanza di sicurezza rappresenta un comportamento corretto per prevenire l’infezione da SARS-CoV-2.
Referenze
- Leung et al., 2020. Respiratory virus shedding in exhaled breath and efficacy of face masks. Nature Medicine. https://doi.org/10.1038/s41591-020-0843-2
- Nichols et al., 2008. Respiratory viruses other than influenza virus: impact and therapeutic advances. Clin. Microbiol. Rev. 21, 274–290
- Shiu et al., 2019. Controversy around airborne versus droplet transmission of respiratory viruses: implication for infection prevention. Curr. Opin. Infect. Dis. 32, 372–379
- Tellier et al., 2019. Recognition of aerosol transmission of infectious agents: a commentary. BMC Infect. Dis. 19, 101
- Xiao et al., 2020. Non-pharmaceutical measures for pandemic influenza in non-healthcare settings-personal protective and environmental measures. Emerg. Infect. Dis. https://doi.org/10.3201/eid2605.190994
- Ha’eri et al., 1980. The efficacy of standard surgical face masks: an investigation using “tracer particles”. Clin. Orthop. Relat. Res. 148, 160–162
- Milton et al., 2013. Influenza virus aerosols in human exhaled breath: particle size, culturability, and effect of surgical masks. PLoS Pathog. 9, e1003205