Quando si parla di efficienza, di perfetto equilibrio dei bilanci energetici, di massimizzazione della resa, spesso si è portati a pensare alle più grandi opere ingegneristiche umane, e solo di rado si considera quanto il mondo naturale, fin nei suoi aspetti più semplici e comuni, possa essere espressione di una magnifica armonia. Esistono casi in cui tale perfetto bilanciamento di forze rimane celato, e risulta difficile apprezzarlo in contesti apparentemente caotici e privi di un qualsivoglia ordine; in alcune situazioni, però, le manifestazioni di tale equilibrio divengono evidenti e palpabili, al punto da poter essere “contate”.
Ed è ciò che fece alla fine degli anni ’70 Reto Zach, nei suoi studi sul comportamento della cornacchia del nordovest americano (Northwestern crow, Corvus caurinus). Lo zoologo, al termine di una serie di osservazioni sul campo, scoprì un’interessante particolarità nel comportamento alimentare di questi corvidi, che dimostra come spesso la natura presenti perfetti equilibri a volte difficilmente immaginabili.
Northwestern crow (Corvus caurinus)
La cornacchia del nordovest americano è un corvide di grandi dimensioni diffuso, come suggerisce il nome, nella parte settentrionale della costa ovest del continente americano. Il suo areale comprende perlopiù coste rocciose o ghiaiose e si estende dal nord dell’Alaska alle coste settentrionali dello stato di Washington, passando per il Canada. Si tratta di un uccello che abita la zona sopralitorale e intertidale, ovvero le zone costiere emerse e quelle soggette al periodico avvicendarsi delle maree.
Proprio in queste ultime aree l’animale va in cerca dei molluschi di cui si nutre, prevalentemente gasteropodi dotati di guscio o bivalvi, che riesce ad estrarre dalla sabbia umida scavando con il becco robusto. Per rompere il guscio delle proprie prede questi corvidi hanno sviluppato una strategia che consiste nel librarsi in volo e lasciar cadere i molluschi al di sopra di zone rocciose, in modo che l’impatto riesca a frantumare la conchiglia protettiva permettendo l’accesso alle parti molli.
In caso di mancata rottura del guscio carbonatico la preda viene lanciata più volte fin quando l’animale non riesce nell’intento, e solamente di rado può essere osservata una cornacchia che non riuscendo a rompere la conchiglia di una preda, rinunci e vada in cerca di un altro pasto. Si tratta di un comportamento davvero particolare messo a punto da milioni di anni di evoluzione, poiché maggiormente conveniente rispetto al tentare di rompere i gusci delle prede con il becco. L’analisi di Zach rivela le ragioni e i particolari di questo straordinario comportamento alimentare.
Gli studi di Zach
Reto Zach, ricercatore presso il Dipartimento di Zoologia dell’Università di Vancouver, descrisse con una serie di studi il comportamento alimentare del Corvus Caurinus, rivelando come l’evoluzione abbia messo a punto dei moduli comportamentali incredibilmente efficienti. Lo studioso scoprì infatti che le cornacchie selezionano attivamente le prede più convenienti in ottica di un bilancio energetico favorevole e si librano in volo lasciandole cadere sempre dalla stessa altezza. Tale altezza, che si attesta come valore medio sui 5,23 m, garantisce la massima efficienza del rapporto costi/benefici, considerando l’energia spesa dagli uccelli per librarsi in volo fino al raggiungimento dell’altezza di lancio, il numero di lanci necessari, e l’apporto energetico medio ricavabile dalla preda una volta rotto il guscio.
Inoltre, particolare attenzione viene posta anche al sito di lancio, scelto solitamente in punti di costa rocciosa per garantire un substrato duro che minimizzi i lanci necessari a rompere il guscio di ciascuna preda. Tali opere di selezione non sono naturalmente coscienti e sono solamente il risultato dell’applicazione di una serie concatenata di moduli comportamentali istintivi scritti nel genoma e pertanto soggetti a selezione naturale. I processi evolutivi, nel succedersi delle ere, hanno dunque portato tale strategia alimentare ad una massima efficienza considerando il bilancio energetico finale e l’equilibrio di fattori necessari alla sua attuazione. Analizziamo più nel dettaglio le singole componenti di questo comportamento.
La selezione del cibo
Le osservazioni partirono dalla selezione del cibo, concentrandosi su una delle principali prede di questo corvide, ovvero Thais lamellosa (oggi rinominata Nucella lamellosa), una lumaca di mare della famiglia Muricidae (appartenente ai molluschi gasteropodi). Tale specie non costituisce naturalmente l’unica preda del corvide, che presenta una dieta molto variegata basata su altri frutti di mare quali mitili e dollari della sabbia, o su alcune bacche, nonché su eventuali carcasse che rinviene sulle coste. Tuttavia, per lo studio del comportamento considerato, lo zoologo scelse una preda piuttosto frequente che potesse fungere da modello per tutte le prede dotate di una conchiglia coriacea.
Le osservazioni rivelarono che solo le lumache più grandi venivano scelte, per mezzo di una comparazione basata sulla vista e sul peso. Quest’ultimo viene valutato sollevando il gasteropode con il becco per poi riposarlo a terra. L’operazione può essere ripetuta più volte al fine di confrontare prede tra loro simili e selezionare effettivamente la più grande e pesante. Perché scegliere soltanto le lumache più grandi? Le ragioni sono essenzialmente due.
- La prima motivazione è di carattere prettamente fisico e balistico, poiché all’atto del lancio che servirà a rompere le conchiglie per raggiungere le parti molli, le lumache di massa maggiore tendono a rompersi più facilmente e, dunque, a parità di altezza di lancio, richiedono un minor numero medio di tentativi.
- La seconda motivazione è legata all’apporto calorico medio di ciascuna preda, naturalmente maggiore nelle lumache di dimensioni più grandi. Scegliere molluschi di dimensioni medio piccole, infatti, pur facilitando l’ascesa per il raggiungimento dell’altezza di lancio, risulta svantaggioso, poiché l’apporto calorico derivante dal pasto non copre il costo energetico legato alla necessità di compiere un maggior numero di lanci, per la minor tendenza a rompersi delle prede piccole rispetto a quelle di grandi dimensioni.
Considerando tali fattori è facile prevedere che in assenza di lumache di grandi dimensioni della specie considerata nello studio, le cornacchie non scelgono le lumache più piccole, ma preferiscono cambiare tipologia di preda. Ciò è proprio quello che Zach osservò, e che gli permise di chiarire l’importanza dei bilanci energetici nello sviluppo di moduli comportamentali, come vedremo, ad alta componente istintiva. Scegliere le lumache più piccole sarebbe infatti svantaggioso, poiché, data la particolare strategia di caccia, i costi (energia spesa per librarsi in volo per n lanci) superano i benefici (contenuto calorico medio della preda). Scegliere un’altra tipologia di cibo permette dunque di risparmiare energie e alimentarsi in modo più efficiente, prerogativa essenziale in ottica evolutiva.
La scelta del substrato di impatto
Una volta scelta la preda perfetta, dove lanciarla? Anche questa caratteristica non è lasciata al caso, ma l’evoluzione ha portato questi corvidi a preferire per il lancio delle proprie prede substrati rocciosi particolarmente duri. Risulta infatti più vantaggioso ovviamente lasciar cadere la propria preda su di una superficie dura, piuttosto che su una spiaggia sabbiosa o su di un terreno erboso, poiché entrambe le altre soluzioni attutirebbero l’impatto della conchiglia. Naturalmente, nessuna preda viene lasciata cadere in mare o in zone soggette all’avvicendarsi delle onde come il bagnasciuga, poiché verrebbe inevitabilmente persa.
Chiarita la preferenza per un substrato roccioso duro, Zach osservò un ulteriore preferenza per quelle zone rocciose più lontane dall’acqua, poiché un substrato di questo tipo favorisce il rimbalzo della preda all’impatto e selezionando zone lontane dal mare si evita il rischio che la lumaca venga nuovamente persa in acqua. Una ulteriore problematica riguardante la scelta del sito di lancio è legata all’eventuale presenza di altre specie di uccelli o di conspecifici in attesa di rubare le prede di qualcun altro, tuttavia non vi sono evidenze verificate su come questo fattore possa influenzare la scelta del sito di lancio.
Il lancio
Scelta la preda di grandi dimensioni e individuato il substrato adatto per il lancio, le cornacchie si apprestano a salire di quota e lasciar cadere le proprie prede da un’altezza che, come detto in precedenza, si attesta intorno ai 5.2 m. Le prede sono selezionate e lanciate una alla volta e la chiave per comprendere l’esistenza di un’altezza di lancio fissa sta nuovamente nella valutazione dei delicati equilibri energetici costi\benefici. Il volo in verticale per raggiungere una determinata altezza è infatti un’attività energicamente molto dispendiosa e quindi bisognerà individuare il giusto compromesso evolutivo tra numero di lanci per rompere il guscio di una singola preda e altezza media, in modo da minimizzare il dispendio energetico e massimizzare dunque la resa.
Zach osservò che l’altezza media dalla quale i corvidi lasciano cadere le lumache in oggetto di studio è di 5.23 m, con una variazione che si attesta intorno ai 7 cm, pertanto questi uccelli sembrano davvero maniacali nel mantenere fissa la quota da raggiungere. Occorre ricordare nuovamente che si è ben lontani da un atto di selezione cosciente, ma che tale precisione va ricercata nell’attuazione di un modulo comportamentale istintivo molto efficiente. Ma perché questo particolare valore?
Tale quota rappresenta un compromesso ideale fra l’energia spesa per raggiungere la posizione di lancio e il numero medio di lanci richiesto per rompere la conchiglia della lumaca. A 5.23 m il numero medio di lanci è 4.36. Se gli uccelli lasciassero cadere le loro prede da un’altezza inferiore, spenderebbero meno energie per singolo volo, ma dovrebbero effettuare un numero di lanci di molto superiore, con un conseguente dispendio energetico totale maggiore. Allo stesso modo, se le cornacchie decidessero di lasciar cadere i molluschi da un’altezza superiore a quella osservata, si ridurrebbe il numero di tentativi necessari, ma aumenterebbe l’energia spesa per singolo volo, con esito ancora negativo.
Un’ulteriore problematica relativa all’aumentare l’altezza di lancio a valori anche di poco superiori ai 5.23 m è l’entità del rimbalzo della preda a contatto con il substrato roccioso. Aumentare la quota significa infatti aumentare il rimbalzo e ciò porta inevitabilmente all’innalzarsi del rischio di perdita del proprio pasto. Come si può immaginare rischiare di perdere la preda a questo punto è un costo davvero troppo alto da affrontare.
Equilibrio costi benefici e bilancio energetico del comportamento alimentare
Il comportamento appena descritto è, come si è visto, dettato da equilibri energetici che lo rendono vantaggioso per chi lo pratica in natura e hanno contribuito dunque alla sua evoluzione. Il dispendio energetico di ciascun uccello per singola preda, considerando le attività di ricerca delle lumache, di loro selezione, di raggiungimento del sito di lancio, e di ripetuti voli necessari a rompere il guscio della preda, è di 0.55 kcal. L’apporto energetico medio derivante dal consumo di una preda nello studio effettuato (ricordiamo che si tratta di Nucella lamellosa) è di 2.04 kcal.
Pertanto, volendo considerare il bilancio finale, l’attività di caccia e di consumo di ciascuna lumaca apporta alla cornacchia un guadagno energetico netto di 1.49 kcal. L’efficienza di questo comportamento alimentare è valutabile numericamente mediante un bilancio benefici/costi, in questo caso: 2.04/0.55 = 3.71. Tale valore è di molto superiore a 1(soglia per la quale i costi eguagliano i benefici) ed è comparabile con l’efficienza predatoria di altri uccelli legati all’ambiente costiero/marino.
Alla luce di tali considerazioni numeriche finali è possibile anche giustificare con maggior precisione la motivazione per cui in presenza di lumache medie o piccole i corvidi in questione preferiscono cercare un’altra tipologia di prede piuttosto che consumare queste. Se si considera infatti il bilancio energetico delle attività sopra descritte sostituendo la preda accuratamente selezionata tra le più grandi, con una lumaca di dimensioni medie, il dispendio energetico aumenta, poiché i gusci delle prede più piccole si rompono con più difficoltà.
Il dispendio energetico medio per singola preda diviene dunque 0.90 kcal e l’apporto calorico medio di una lumaca di dimensioni più modeste è di sole 0.60 kcal. Ne consegue un bilancio finale di – 0.30 kcal. Pertanto, scegliere lumache medie in assenza delle grandi, non è soltanto meno vantaggioso, ma risulta addirittura svantaggioso, poiché comporta una perdita energetica. In sostanza, se l’animale si alimentasse di sole lumache di dimensioni medio piccole, aperte con questa tecnica, morirebbe di fame.
L’evoluzione di comportamenti efficienti
Come si è visto, l’equilibrio energetico costi/benefici è alla base del successo di un particolare comportamento del Corvus caurinus e ne definisce le caratteristiche sin nei minimi particolari. È stato inoltre ribadito più volte che tale effetto è diretta conseguenza dell’azione dell’evoluzione. Da quando Charles Robert Darwin pubblicò il suo celebre saggio “L’origine delle specie” (1859) si è diffusa la nozione di evoluzione per selezione naturale, che porta gli organismi a divenire sempre più “adatti” al proprio ambiente con un meccanismo semplice.
Il presupposto basilare è che la prole di un determinato individuo tende ad assomigliare nei caratteri al proprio genitore per i meccanismi genetici di ereditarietà (illustrati dal contemporaneo Gregor Mendel). A partire da tale assunto, si immagini che un individuo nasca con una particolare caratteristica scritta nel genoma che sia vantaggiosa in relazione all’ambiente naturale, e eventualmente sociale, in cui si trova.
Tale individuo, dotato di questa nuova caratteristica anatomica (quale può essere una coda più lunga o una capacità visiva più sviluppata), tenderà dunque a vivere meglio in funzione del suo maggiore adattamento al suo habitat, e a produrre in media un maggior numero di figli dei suoi conspecifici. I figli del nostro fortunato individuo avranno una buona probabilità di ereditare il carattere vantaggioso del genitore, che pertanto si diffonderà nella popolazione.
In tal modo, a poco a poco, a patto che le condizioni ambientali rimangano costanti e che dunque il carattere considerato rimanga vantaggioso, questo si diffonderà in tutta la popolazione, rendendo quel gruppo di individui più adattato e più efficiente nella “lotta per la vita”. Questa è la teoria dell’evoluzione darwiniana per selezione naturale, riportata in breve in maniera poco elegante e molto semplificata, mi perdonino eventuali addetti ai lavori.
Il punto focale è che spesso confiniamo la visione evolutiva appena esposta ai soli caratteri anatomici di piante e animali, poiché sono le caratteristiche meglio visibili e più comodamente studiabili. L’evoluzione per selezione naturale agisce però, come abbiamo visto per la cornacchia di Zach, anche sui moduli comportamentali. I primi a costruire un legame fra il comportamento e l’evoluzione darwiniana furono Charles Otis Whitman e Oskar Heinroth che, indipendentemente l’uno dall’altro, teorizzarono l’esistenza di moduli comportamentali istintivi scritti nel genoma, che potessero andare incontro a selezione proprio come i caratteri anatomici del corpo di un animale. L’esistenza di tali moduli fu poi comprovata dagli studi di Konrad Lorenz e Nikolaas Tinbergen sulla componente istintiva del comportamento.
Ecco dunque che le leggi evoluzionistiche naturali, in grado di plasmare le perfette proporzioni anatomiche del corpo di un animale, possono modificare i suoi comportamenti in modo da garantirgli la massima efficienza in ogni situazione. Non c’è da stupirsi, quindi, se si incontrano animali, anche dalla struttura anatomica semplice, che mettono in atto comportamenti legati a complessi modelli matematici, massimizzando di volta in volta la propria resa energetica per affrontare le difficoltà che la vita inevitabilmente porta con sé.
Bibliografia
- “Shell Dropping: Decision-Making and Optimal Foraging in Northwestern Crows” (Reto Zach – Behaviour – 1979)
- “Selection and Dropping of Whelks By Northwestern Crows” (Reto Zach – Behaviour – 1978)
- Corvus caurinus, Northwestern crow – IUCN red list
- “L’Etologia, fondamenti e metodi” (Konrad Lorenz – 1978)
- “Darwin, Alla scoperta dell’albero della vita” (Niles Eldredge – 2006)