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Come raccogliere funghi senza rischi

L’arrivo dell’autunno, con gli incantevoli colori porta anche profumi e sapori irresistibili: per la raccolta dei funghi, in questo periodo, le montagne si popolano come le spiagge d’agosto.  C’è il raccoglitore della domenica e l’esperto micologo, tutti più o meno attrezzati e autorizzati, entusiasti si mettono in cammino di buon mattino, pregustando un risotto o un trifolato, oppure le ricette più tipicamente regionali. Il lato positivo è che la raccolta dei funghi  convoglia un elevato numero di persone nei boschi e promuove il contatto con la natura, ma se non viene praticata con cognizione di causa rischia di arrecare un danno consistente all’ecosistema forestale. A tal proposito, il Corpo Forestale dello Stato ha emanato un decalogo per praticare la raccolta sostenibile e in Italia, esistono regolamenti regionali che limitano il quantitativo che si può prelevare, oltre a determinare i requisiti per ottenere l’autorizzazione a raccogliere i funghi.

Il Regno dei Funghi comprende organismi da unicellulari a pluricellulari con caratteristiche biochimiche e trofiche tanto peculiari da essere catalogate dalla scienza in una categoria sistematica del tutto peculiare, separata sia dalle piante che dagli animali. I funghi si riproducono sia in maniera asessuata (gemmazione, frammentazione) che sessuata tramite la produzione di spore. Come per i semi, queste vengono disperse ad opera del vento, dell’acqua o di insetti.

L’unione di spore di opposta polarità (maschili e femminili) daranno origine ad una struttura che, formata da più nuclei di cellule spore , dopo meiosi, produrrà spore con il corredo genetico dimezzato. Da queste , nel terreno prende origine il cosiddetto micelio primario, formato da filamenti di spore aploidi chiamati ife. Quando due di questi filamenti a polarità sessuale opposta si uniscono si genera il fungo vero e proprio, il corpo fruttifero che raccogliamo e mangiamo.

Su di esso (solitamente nella parte inferiore del cappello) sono presenti le spore che disperdendosi, danno inizio ad un nuovo ciclo riproduttivo. I filamenti del micelio primario, le ife, restano nel terreno. La nutrizione avviene attraverso l’assorbimento di sostanze nutritive dall’esterno, e non per via fotosintetica come nelle piante.

Tale funzione viene espletata  secondo diverse modalità: alcuni funghi sono saprofiti,  traggono il nutrimento decomponendo sostanze inorganiche complesse di origine animale o vegetale (carogne, foglie secche, tronchi caduti e marcescenti) in sostanze chimicamente più semplici ed assimilabili. Con questa azione svolgono un ruolo importantissimo perché reimmettono nel  terreno elementi  chimici utili alle piante. I suoli con queste caratteristiche sono ricchi di humus e sono i terreni di maggior valore ecologico.

I funghi parassiti (soprattutto unicellulari) si nutrono a spese di altri organismi, mentre i funghi simbionti vivono in un regime di mutuo scambio di sostanze nutritive tra il fungo e la pianta ospite. Quest’ultima condizione è quella più diffusa tra i funghi che troviamo nei boschi e che raccogliamo, siano essi commestibili o velenosi.

Ora che sappiamo un poco di più sul loro conto, ci sarà più facile capire quali sono i danni che possiamo arrecare all’ecosistema se preleviamo dal bosco un quantitativo eccessivo di funghi e se lo facciamo senza rispettare alcune semplici regole.

Il decalogo messo a punto dal corpo forestale indica come capisaldi della raccolta sostenibile innanzitutto un prelievo non eccessivo in termini di quantità: massimo 3 kg a persona; in questo modo non si priva il suolo di una componente essenziale per la degradazione del tappeto fogliare, e le specie arboree di un fornitore di sostanze nutritive nella relazione simbiotica.

Anche nel caso di prelievo del corpo fruttifero è utile non usare rastrelli per non danneggiare le ife; infine non bisogna mettere i funghi in una busta, ma in un cesto o una gerla, sia per preservarne umidità e consistenza sia per permettere alle spore di cadere nuovamente sul terreno e perpetuare il ciclo riproduttivo.

Come corollario, il prelevamento eccessivo si rivela inutile soprattutto quando non siamo grossi conoscitori delle singole specie e rischiamo di dover eliminare gran parte dei funghi raccolti perché sottoposti a consulenza micologica si rivelano velenosi o tossici.

A questo proposito, l’unico modo per sapere se un fungo sia velenoso o meno è di saperlo riconoscere, semplicemente.

Non ci sono criteri oggettivi se non la conoscenza delle singole specie e della zona di raccolta. Per questo motivo, in molte regioni il regolamento locale consente la raccolta sono ai possessori di apposito tesserino, rilasciato dopo una procedura specifica, che prevede anche la frequenza ad un corso di micologia. Molte sono le false credenze che pretendono di fornire linee guida per sapere se un fungo è velenoso o meno.

Si tratta appunto di notizie false: non è vero che un fungo mangiato da lumache o somministrato per prova a cani e gatti, senza conseguenze per gli stessi, sia innocuo: lumache e altri animali possono aver evoluto una resistenza e un’immunità specifica al fungo proprio per questo se ne nutrono; cani e gatti possono rispondere diversamente da noi umani alla tossicità degli alimenti. La pratica di poggiare sul fungo un cucchiaio d’argento e vedere se annerisce al contatto, non dice nulla sulla tossicità ed infine , un fungo non diventa velenoso, a meno che non lo sia già.

Per evitare di mettere a repentaglio la nostra salute e quella altrui, se non la stessa vita, bisogna evitare di raccogliere funghi di cui non si conosca con assoluta certezza la specie e la commestibilità.

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