Le colture cellulari sono il modello in vitro per eccellenza, rappresentato da un gruppo di cellule eucariotiche capaci di crescere e proliferare in vitro in particolari condizioni volte a simulare l’ambiente di origine della coltura. Grazie a questo modello semplificato è possibile eseguire studi su processi fisiologici e/o patologici, testare sostanze come farmaci, fitoterapici, sostanze tossiche o ancora agenti biologici come virus o batteri. Gli utilizzi delle colture cellulari sono vari e questa tecnica è notevolmente sfruttata in diversi ambiti della ricerca scientifica.
Cenni storici
- I primi studi relativi a questa tecnica risalgono al 1885: Wilhelm Roux, zoologo tedesco e pioniere dell’embriologia sperimentale, riuscì a mantenere per alcuni giorni porzioni di tessuto neuronale embrionale di pollo in soluzione salina;
- Il biologo statunitense Ross G. Harrison per la prima volta nel 1907 coltivò in vitro frammenti di tessuto animale, nello specifico porzioni di midollo spinale di rana su un coagulo di linfa;
- Nel 1909, il medico virologo statunitense Francis Peyton Rous, conosciuto per la scoperta del virus a RNA che nel pollo causa il sarcoma (in suo onore denominato Sarcoma di Rous), riuscì a mantenere vitali le cellule embrionali di pollo in soluzione salina;
- Alexis Carrel, biologo e chirurgo francese, nel 1913 mantenne porzioni di tessuto animale (1-2 mm di diametro) in terreni di coltura contenenti plasma ricreando condizioni ambientali simili a quelle fisiologiche;
- Solo nel 1943 W. R. Earle riuscì ad ottenere le prime vere e proprie colture di cellule animali di mammifero, approfondendo le condizioni di crescita e proliferazione cellulare in vitro.
Fig.1: Tappe salienti del perfezionamento della tecnica di colture cellulari.
Il caso di Henrietta Lacks: le cellule HeLa
La prima linea cellulare in coltura continua (la cui propagazione è indefinita) fu ottenuta da George Otto Gey nel 1951. Questa coltura cellulare è di origine tumorale ed è nota come linea cellulare HeLa, in onore di Henrietta Lacks, paziente affetta da carcinoma cervicale uterino da cui le cellule sono state isolate. Henrietta morì nel 1951 a causa di questo tumore.
George Otto Gey ottenne una porzione della biopsia della massa tumorale della paziente e da questa riuscì a coltivare e moltiplicare le cellule tumorali in vitro, ma lo fece senza il consenso di Henrietta. Ai tempi i medici e gli Istituti sanitari non erano obbligati ad informare il paziente riguardo l’eventuale utilizzo del materiale biologico da esso prelevato, per cui Gey rese la coltura cellulare disponibile alla commercializzazione senza aver ottenuto il consenso dalla paziente.
Le cellule HeLa furono le prime cellule umane immortalizzate, ovvero capaci di moltiplicarsi in vitro senza andare incontro a senescenza e morire, e sono state utilizzate anche per lo sviluppo del vaccino contro la poliomielite.
Lo sviluppo dei terreni di coltura
I terreni di coltura delle cellule furono arricchiti e migliorati sempre di più negli anni. Rita Levi Montalcini, grazie ai suoi studi sul Nerve Growth Factor (NGF), costruì le basi per capire il ruolo dei fattori di crescita nella crescita e nella differenziazione cellulare (1951-1952). Oggi i terreni di coltura sono ricchi di fattori di crescita, generici o specifici a seconda del tipo cellulare.
Sulla stessa lunghezza d’onda, nel 1955 Harry Eagle compì studi sugli elementi nutritivi necessari al mantenimento di colture cellulari: dimostrò che il siero è uno dei componenti essenziali per la crescita cellulare, poiché al suo interno sono compresi vari fattori di crescita. Nel 1976, infatti, Gordon H. Sato, biologo americano, dimostrò che in assenza di siero le cellule hanno bisogno di mezzi di coltura contenenti fattori di crescita e ormoni inseriti singolarmente.
La scoperta delle cellule staminali embrionali
Nel 1986 si inizia a parlare di cellule staminali embrionali: a Sir Martin Evans, biologo e genetista britannico, è stata attribuita la scoperta delle cellule staminali embrionali e nel 2007, insieme a Capecchi e Smithies, vinse il premio Nobel per le tecniche del gene targeting e per l’ideazione del topo knockout.
Yamanaka e Gurdon nel 2012 vinsero il premio Nobel per il loro studio sui geni coinvolti nel mantenimento delle caratteristiche staminali. Per la prima volta Yamanaka riprogramma una cellula differenziata in una cellula staminale (iPSCs – induced pluripotent stem cells).
Le colture cellulari oggi
È stata lunga la strada che ha portato alle colture cellulari che oggi conosciamo e utilizziamo. Sono diversi i fattori che hanno determinato l’evoluzione di questa tecnica:
- utilizzo di antibiotici nel terreno di crescita che contrastano eventuali contaminazioni;
- avanzamento e perfezionamento della tecnologia associata agli strumenti e al materiale di consumo;
- miglioramento delle tecniche di isolamento e di coltura;
- utilizzo di terreni sintetici a formulazione definita che permettono di mantenere condizioni di coltura costanti.
Vantaggi e svantaggi
Le colture cellulari rappresentano un substrato semplificato e facilmente riproducibile. Si tratta di un sistema plastico e le condizioni ambientali (temperatura, ossigeno, anidride carbonica, umidità) sono facilmente controllabili grazie all’utilizzo di strumenti come l’incubatore che vedremo più avanti. Come tutti i metodi in vitro ha il vantaggio di ridurre l’utilizzo di cavie animali per la sperimentazione. Tuttavia è bene sottolineare che in studi farmacologici il sistema in vitro mostra un problema di dosaggio: la dose di un farmaco, ad esempio, che mostra effetti benefici nel sistema in vitro, potrebbe non dare effetti in un sistema in vivo, per cui dopo un primo screening in vitro è necessario comunque effettuare test in vivo.
Se da un lato la “semplicità” del sistema è un vantaggio, dall’altro l’isolamento delle cellule dal tessuto d’origine può provocare perdita di funzioni specifiche del tessuto o dell’organo da cui sono state espiantate. Se quindi da un lato le variabili ambientali più critiche (Ossigeno, CO2, umidità ecc.) sono controllabili, il microambiente non è ancora riproducibile, per cui il sistema non è completamente fedele al vivo e i risultati sperimentali potrebbero essere limitati al modello cellulare. Restano pertanto da tenere in considerazione queste limitazioni all’atto dell’allestimento di un qualsiasi esperimento.
Colture cellulari: colture primarie e linee continue
Esistono due tipologie principali di colture cellulari: le colture cellulari primarie e le linee cellulari a crescita continua.
Le colture primarie sono composte da cellule che derivano da un espianto di tessuto o organo. Queste cellule sono in grado di duplicarsi solo per un numero limitato di passaggi, poi vanno incontro a senescenza, infatti questo tipo di coltura viene detto “a vita finita”.
Le linee cellulari sono composte da cellule in grado di replicarsi per un numero illimitato di passaggi. La linea cellulare si ottiene da una coltura primaria stabilizzata che ha subito il processo di immortalizzazione, mediante agenti chimici o virali. La linea cellulare può anche derivare da un tessuto tumorale per “natura” già immortalizzato, un esempio sono le cellule HeLa.
La crescita e la vita di una coltura cellulare è rappresentata dalla curva di crescita, che sarà diversa a seconda del tipo di coltura.
In Fig. 2 vediamo la tipica curva di crescita di una coltura primaria, che può essere suddivisa in quattro fasi:
- Durante la prima fase le cellule si adattano alle condizioni in vitro. Questa è la fase più critica, è caratterizzata da una crescita lenta ed è detta fase di latenza.
- Durante la seconda fase le cellule crescono in maniera regolare, si sono adattate alle condizioni in vitro per cui crescono con velocità costante seguendo un caratteristico tempo di duplicazione a seconda del tipo cellulare. Questa fase viene detta esponenziale.
- Durante la terza fase inizia il processo di senescenza, si ha un arresto della moltiplicazione cellulare e questa fase viene detta stazionaria.
- La quarta fase è quella di morte, si ha un esaurimento della coltura cellulare – in cui la coltura cellulare termina la sua vita.
Le linee cellulari stabilizzate non mostrano né la fase stazionaria, né la fase di morte. Nel caso di queste colture la crescita resta esponenziale poiché le cellule hanno subito il processo di immortalizzazione. L’immortalizzazione può avvenire in maniera spontanea, ad esempio a causa di alterazioni del ciclo cellulare, oppure attraverso l’uso di agenti chimici (carcinogeni), fisici (irradiamento a raggi UV) o biologici (introduzione di geni virali). Come nel caso delle cellule HeLa, le linee cellulari possono anche derivare da tumori: le cellule tumorali proliferano in maniera incontrollata, per varie modificazioni riescono ad eludere i sistemi che regolano la proliferazione cellulare eccessiva, quindi l’immortalizzazione è intrinseca.
Le colture primarie solitamente si coltivano in laboratorio mentre per le linee cellulari si può attingere dalle Biobanche. La Biobanca è un servizio che si occupa di raccogliere, conservare e distribuire il materiale biologico utile alla ricerca. Custodisce inoltre insieme al campione tutti i dati e le informazioni ad esso associati.
Le linee cellulari, solitamente, perdono alcune caratteristiche tipiche della tipologia cellulare di partenza (ad esempio caratteristiche morfologiche o recettoriali), spesso il processo di immortalizzaizone è la causa di queste modifiche. Per questo motivo le colture primarie sono il modello più vicino al vivo, ma sono anche più delicate per le condizioni di crescita che richiedono.
Esistono altri tipi di colture cellulari:
- Linea cellulare clonale: deriva da una singola cellula (clone) che produce una popolazione omogenea per mitosi
- Colture d’organo o istotipiche: si tratta di piccole porzioni di organo o di tessuto coltivate in vitro. In questo caso si mantiene inalterato il rapporto tra le diverse componenti cellulari, ma queste colture hanno vita breve poiché i nutrienti contenuti nel terreno e l’ossigeno non riescono a raggiungere in maniera efficace le porzioni più interne dell’organo o del tessuto. Possiamo inserire in questa categoria anche colture istotipiche ottenute prima isolando le cellule e poi riaggregandole utilizzando scaffold artificiali, in modo da ricreare una struttura simile al tessuto;
- Co-coltura: in uno stesso sistema sono presenti due tipi cellulari diversi (ad esempio endoteliali ed epiteliali) in modo da aumentare la complessità del modello in vitro.
Modalità di crescita
Le cellule possono crescere in adesione o in sospensione.
Le cellule adese (epiteliali, fibroblasti, endoteliali) crescono su un supporto. La morfologia di queste cellule può essere fibroblastoide, caratterizzata da lunghi prolungamenti, o epitelioide, caratterizzata da cellule poligonali.
Le cellule che crescono in sospensione sono quelle del sistema immunitario e i loro precursori (linfociti, linfoblasti). La morfologia può essere sferoidale.
Utilizzando supporti o scaffold particolari è possibile far crescere le cellule ricreando condizioni più vicine possibile al vivo, simulando la struttura e l’architettura tridimensionale dell’ambiente naturale (ad esempio ricreando vasi o capillari).
Coltivare le cellule in vitro: strumenti di base
Lo strumento che ha rivoluzionato la tecnica delle colture cellulari è sicuramente la cappa a flusso laminare. Questa cappa crea un ambiente pulito grazie alla filtrazione dell’ aria: il flusso passa attraverso filtri (HEPA e/o ULPA) e poi viene spinto all’interno della cappa.
Il flusso può essere verticale o orizzontale: la cappa a flusso orizzontale viene anche detta “banco pulito” e permette la protezione del materiale in uso, ma non dell’operatore, infatti non viene considerata una cappa di sicurezza biologica; invece le cappe di biosicurezza sono tutte a flusso laminare verticale e proteggono sia il materiale che l’operatore.
Esistono diversi tipi di cappe a flusso laminare, ognuno adatto ad un determinato utilizzo e ognuno indicato a seconda del tipo di rischio.
Un altro strumento indispensabile per l’esecuzione di questa tecnica è l’incubatore. Questo strumento mantiene costanti le condizioni fisiologiche attraverso il controllo di:
- temperatura,
- concentrazione di anidride carbonica,
- tensione di ossigeno
- umidità.
Per utilizzare al meglio le colture cellulari è necessario ricreare il più possibile le condizioni fisiologiche in cui le cellule si trovano normalmente in vivo. Questo è possibile attraverso l’utilizzo di mezzi di coltura, ormai sofisticati e standardizzati, che garantiscono il mantenimento della coltura in condizioni ottimali durante l’esperimento. La standardizzazione della composizione dei mezzi di coltura permette di replicare un esperimento evitando di introdurre eccessive variabili tra le diverse prove.
La base di un mezzo di coltura è una soluzione salina isotonica, arricchita con elementi fondamentali per la vita delle cellule, ognuno con una determinata funzione:
- Sali inorganici – controllo della pressione osmotica e del bilancio degli elettroliti;
- Amminoacidi – utili alla sintesi proteica;
- Vitamine e cofattori – essenziali per la regolazione delle molteplici funzioni cellulari;
- D-glucosio o piruvato – fonte energetica;
- Rosso fenolo (solitamente) – indicatore di pH (giallo a pH 6.5, arancio a pH 7.0, rosso a pH 7.4, rosso violaceo a pH 7.6 e porpora a pH 7.8);
- Biacarbonato di sodio/Hepers – sistema tampone.
A seconda della tipologia di cellule e di coltura si sceglie il terreno più adatto a favorire la crescita cellulare.
Al mezzo di coltura vengono aggiunti antibiotici e antimicotici per prevenire contaminazioni batteriche e fungine. Inoltre, molti dei mezzi di base vengono arricchiti con siero fetale bovino (FBS), che contiene tutta una serie di molecole bioattive, fattori di crescita, macro e microelementi, che stimolano la duplicazione cellulare.
Si sta andando verso l’utilizzo di mezzi serum-free che presentano alternative al siero, in cui vengono addizionati fattori di crescita sintetici singolarmente, ma le performance sono sicuramente inferiori anche se si ha una maggiore standardizzazione.
Conclusioni
Ormai coltivare le cellule in vitro è diventata una disciplina vera e propria, indispensabile per la ricerca. Sono innumerevoli gli esperimenti in cui è possibile utilizzare le colture cellulari e diversi sono gli ambiti di studio. Si tratta di una disciplina complessa, che richiede tanti accorgimenti e un rigoroso metodo di lavoro, ma far crescere delle cellule in una flask può dare tante risposte.
Bibliografia
- www.atcc.org
- ATCC® ANIMAL CELL CULTURE GUIDE – tips and techniques for continuous cell lines
- ATCC® PRIMARY CELL CULTURE GUIDE – tips and techniques for culturing primary cells