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Chirotteri: tra mistero e realtà

BIG BROWN BAT (Eptesicus fuscus), IN FLIGHT AT NIGHT, ROGUE RIVER NATIONAL FOREST, OREGON

Alla scoperta dei Chirotteri, il secondo gruppo di mammiferi più numeroso dopo i roditori. La festività di Halloween, con i suoi miti e misteri, evoca inevitabilmente protagonisti mostruosi, sebbene la vera festa di Halloween sia tutt’altro che americana e men che meno satanica. Si tratta di una festa pagana, di origine celtica legata ai cicli astronomici e dell’agricoltura, in questo caso alla fine della stagione estiva in cui prevale la luce ed il calore solare per dare inizio al periodo dell’anno in cui la durata del giorno diminuisce per lasciare spazio alla notte. Il buio, per estensione la notte, ci offre l’occasione per perorare la causa di molte creature dalle abitudini notturne e superstiziosamente associate all’oscurità e al “Male”. Gli animali notturni non sono affatto temibili e sinistri, si sono semplicemente evoluti per occupare uno spazio ecologico, detto nicchia, in cui non trovano concorrenza da parte di predatori diurni.

Nonostante le superstizioni, gufi e gatti neri godono di un certo successo per via del loro fascino tenebroso, diversamente dai chirotteri, o pipistrelli, al cui indirizzo viene rivolto un diffuso ribrezzo del tutto ingiustificato.

Chi sono i Chirotteri?

I Pipistrelli, o Chirotteri, sono mammiferi appartenenti all’Ordine Chiroptera, “con le mani alate“. Le loro ali, tuttavia non hanno l’origine anatomica simile a quella di altri animali volanti come uccelli ed insetti; si tratta di un adattamento indipendente al volo, attraverso un processo chiamato convergenza evolutiva. Le ali dei chirotteri sono costituite da una membrana chiamata patagio, che si tende dall’avambraccio estremamente sottile e allungato a tutte le dita, inserendosi lungo il fianco.

Le dimensioni, il peso e l’apertura alare variano moltissimo, dai circa 3 cm di lunghezza del pipistrello calabrone (Craseonycteris thonglongyai) al grande Pteropus vampyrus, che è lungo dai 25 ai 35 cm ed ha un’apertura alare di circa un metro e mezzo.

La leggenda e la zoologia

Contrariamente a quanto faccia pensare il nome, il citato P. vampyrus  non è ematofago, ma si nutre di nettare, frutta e fiori. Il vero vampiro, Desmodus rotundus, è diffuso in quasi tutta l’America centro meridionale, ad esclusione del Cile e dell’Argentina. La sua distribuzione è soprattutto legata alla presenza di allevamenti di bovini, anche se non disdegna affatto gli altri vertebrati liberi in natura.

L’attacco avviene in maniera agile e furtiva, il Desmodus rotundus non atterra sulla preda ma nelle sue vicinanze e successivamente si avvicina e si arrampica lungo il corpo dell’animale fino al punto in cui morderà. Si tratta di una specie ematofaga ovvero che si nutre esclusivamente di sangue. Desmodus rotundus ha gli incisivi particolarmente appuntiti e con questi ferisce la pelle dei bovini succhiandone il sangue, in quantità del tutto modeste.

La coagulazione è impedita dalla presenza nella saliva di una proteina dal suggestivo nome di draculina. Il Desmodus rotundus è considerato nocivo per il bestiame direttamente, in quanto la ferita aperta si rende disponibile anche per successivi pasti da parte di altri individui, per cui la quantità di sangue prelevato può diventare eccessiva. Tuttavia le conseguenze indirette del morso sembrano essere più letali: infezioni della ferita, ingresso di larve di mosca e non da ultima la trasmissione della rabbia.

Ecolocazione, il mondo in ultrasuoni

La struttura muscolo-scheletrica, pur mantenendo tutte le caratteristiche anatomiche dei mammiferi, ha una morfologia peculiare che li rende adatti ad un volo rapido e con repentini cambi di direzione. Questo ha spesso portato a immaginare che i chirotteri volino a caso, essendo ciechi e che finiscano, più o meno intenzionalmente col rimanere attaccati nei capelli. Si tratta però solo di una delle tante credenze popolari senza fondamento.  Quasi tutti i chirotteri hanno una buona vista, ma il sistema che li guida della ricerca e cattura della preda è l’ecolocazione.

Trattandosi di animali notturni, o che vivono in grotte, tale sistema è risultato evolutivamente vantaggioso. L’ecolocazione consiste nell’emissione di ultrasuoni  ed analisi dell’eco di riflesso, proveniente da ostacoli o prede lungo il percorso. I chirotteri si muovono nell’ambiente circostante con precisione, in base alla mappa acustica che ne deriva. Durante la caccia, emettono ultrasuoni, ricevono eco, localizzano prede e le inseguono, oppure localizzano ostacoli e li evitano.

Questi cicli di emissione, ricezione e risposta risultano in continui aggiustamenti di rotta ed ecco che i voli in picchiata e le rapide virate che osserviamo vicino ai lampioni in estate, altro non sono che inseguimenti di falene in fuga. Risulta ora facile capire che qualunque essere umano, con o senza capelli, restituendo una eco troppo grande per essere preda, viene percepito come un ostacolo e come tale verrà evitato.

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Chirotteri italiani

La famiglia più rappresentata in Italia è quella dei  Vespertilionidi, con 27 specie, alcune delle quali sono le più comuni che si possono incontrare in grotta, in ambiente di bosco e intorno alle case. Tra questi indichiamo il barbastello, diverse specie di vespertili (genere Myotis ), nottole (genere Nyctalus), orecchioni (genere Plecotus) pipistrelli (genere Pipistrellus) serotini (generi Eptesicus e Vespertilio) meno abbondanti ma diffuse le famiglie dei Molossidi, Miniotteridi e i Rinolofidi, questi ultimi comunemente chiamati ferri di cavallo.

Complessivamente, le specie di Chirotteri presenti in Italia sono 33. Un numero che non ci aspetterebbe, abituati a pensare ai pipistrelli in maniera generica ed univocamente legata all’iconografia horror.

Appesi a testa in giù

Il comportamento più noto e più tipico dei pipistrelli è la nota posizione di riposo a testa in giù. I chirotteri hanno bisogno, come tutti gli animali, di ore di riposo dall’attività predatoria e di siti rifugio per la riproduzione, l’allevamento della prole ed il letargo. Trattandosi di animali notturni le caratteristiche ideali dei siti rifugio sono quelle di essere accessibili, relativamente aerati, poco luminosi e caldi, in relazione all’ecologia delle specie, e soprattutto, forniti di elementi di appiglio.

Lo spazio a disposizione deve idealmente essere ampio se il sito ospita una colonia riproduttiva, solitamente numerosa e risultante negli affollatissimi grappoli di femmine con i loro piccoli. I sottotetti, le fessure e intercapedini delle case, le grotte e alcuni alberi con cavità si prestano agevolmente a costituire ambienti di rifugio diurno e riposo, sia stabili che occasionali.

La modifica degli habitat costituisce un problema conservazionistico per molte specie animali, anche per quelle più versatili. L’alterazione degli ambienti agro forestali, anche in conseguenza di pratiche agricole intensive, si riflette in una degradazione della qualità dell’habitat e perdita di biodiversità. L’alimentazione eterogenea dei chirotteri (molte specie sono frugivore, altre ematofaghe, carnivore e altre ancora insettivore) non li tiene al riparo dalla perdita di qualità ecologica degli habitat che occupano. Probabilmente questo non basterà a renderli simpatici ai più, tuttavia speriamo di aver aperto uno spiraglio di conoscenza e ammirazione verso questi animali tanto disprezzati quanto accattivanti.

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