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Cefalea: non tutti i mal di testa sono uguali

Emicrania e cefalea: analogie e differenze

Con il termine “cefalea” si descrive uno stato di malessere caratterizzato da un dolore o una sensazione di  fastidio a livello del cranio. Le cefalee non sono tutte uguali e molto spesso riconoscere un tipo specifico ci permette di attuare una terapia farmacologica adatta o di riuscire a risolvere questa problematica cambiando semplicemente le nostre abitudini!

Mi sono svegliata con un terribile mal di testa!” oppure “Mi sta per scoppiare la testa!”, e ancora “Soffro di continue emicranie!“: a chi di noi non è mai capitato, almeno una volta nella vita, di pronunciare una di queste frasi?

Ricondurre, però, tutto a un semplice mal di testa non è corretto. Le cefalee non sono tutte uguali e, ad oggi, possiamo elencarne fino a 200 diversi tipi[1].

Classificazione delle cefalee

Le cefalee si suddividono principalmente in:

  • primarie: non è conseguenza di una patologia ma è essa stessa una patologia;
  • secondarie: sono conseguenze di patologie già presenti.

In questo articolo descriveremo le cefalee primarie.

Quali sono le cefalee primarie?

Le cefalee primarie sono:

  1.  emicrania;
  2. cefalea di tipo muscolo-tensiva;
  3. cefalea a grappolo.

Emicrania

L’emicrania è sicuramente il tipo di cefalea più diffusa, si sviluppa per lo più tra i 10 e i 40 anni di età e colpisce principalmente le donne. Si suddivide in:

  • emicrania con aura (insorge di solito entro i 30 anni);
  • emicrania senza aura ( insorge in età adolescenziale).

Sintomi

Il sintomo principale è il dolore alla testa unilaterale e molto intenso, accompagnato spesso da nausea, vomito e sensibilità a luce e rumori. Un attacco di emicrania può durare dalle 4  alle 72 ore[2].

Gli episodi si possono verificare nel weekend o a ridosso del ciclo mestruale (giocano infatti un ruolo importante i fattori emozionali, il  cambio di routine e le fluttuazioni ormonali che si verificano nei giorni antecedenti al ciclo e nei giorni dell’ovulazione). L’emicrania con aura deve il suo nome proprio al fatto che il paziente durante un attacco vede un’aura visiva, puntini a cerchio o scintillanti. Durante un attacco di emicrania senza aura il soggetto tende a rimanere immobile a letto e ha l’istinto di raffreddare la parte dolente[3].

Patogenesi

Un attacco emicranico può dipendere da[3]:

  • fattori ormonali;
  • cambio di routine;
  • esposizione a sostanze chimiche;
  • alimentazione (ad esempio alimenti con effetto eccitante come vino rosso e cioccolato);
  • fattori psicologici.

Trattamento

La terapia si attua attraverso la somministrazione di farmaci come FANS (es. acido acetilsalicilico, ibuprofene, diclofenac), triptani (es. sumatriptan, almotriptan) o ergot-derivati (es. bromocriptina, cabergolina). La profilassi consiste in un trattamento farmacologico con  betabloccanti, calcioantagonisti, antidepressivi triciclici, anticonvulsivanti e FANS[2].

Cefalea di tipo tensivo

Circa l’80% della popolazione ha sofferto di cefalea di tipo tensivo almeno una volta. Viene definita anche cefalea da contrazione muscolare, proprio perché accompagnata da tensione e indolenzimento della parte muscolare dove si sviluppa maggiormente il dolore. Si presenta maggiormente nelle donne e nei soggetti tesi e ansiosi.

Sintomi

Il dolore da cefalea di tipo tensivo è spesso bilaterale e il paziente avverte una pressione a livello della nuca e fastidio a livello occipitale. I sintomi possono durare da 30 minuti fino a 7 giorni. Nonostante il dolore sia più intenso rispetto all’emicrania difficilmente è accompagnato da nausea e vomito. Possono, invece, verificarsi annebbiamento della vista e vertigini[2].

Patogenesi

Questo tipo di cefalea è dovuta a stati di tensione, di ansia e nervosismo. Proprio per questo motivo la cefalea di tipo tensivo può essere considerata una forma di nevrosi.

Trattamento

I farmaci più utilizzati per questo tipo di cefalea sono:

  • paracetamolo;
  • naprossene;
  • FANS.

Il dolore può migliorare facendo attività fisica o assumendo una postura corretta.

Cefalea a grappolo

La cefalea a grappolo colpisce circa l’1% della popolazione e per lo più soggetti di sesso maschile. Le fasi acute si verificano maggiormente in primavera e in autunno, soprattutto durante le ore notturne e gli attacchi sono molto ravvicinati tra loro (da qui il nome di grappoli)[3].

Sintomi

Durante un attacco di cefalea a grappolo si accusa un dolore pungente all’altezza della narice o dietro l’occhio che si diffonde alla fronte, alla mandibola e ai denti. Si verificano spesso lacrimazione e rinorrea. A differenza dell’emicrania, a causa del dolore intenso e improvviso, il soggetto non è in grado di rimanere immobile ma si muove senza pace. Ogni attacco ha durata breve e non lascia sintomi come nausea, vomito o sensazione di spossatezza[3].

Patogenesi

La patogenesi della cefalea a grappolo è sconosciuta ma si pensa possa essere ricondotta all’emicrania. Durante il periodo in cui si verificano i grappoli l’alcool quasi sempre induce cefalea.

Trattamento

Ogni singolo attacco ha durata talmente breve che il dolore cessa prima che ogni farmaco inizi a dare il suo effetto. Si attua quindi per lo più una terapia preventiva utilizzando per esempio ergotamina, prednisone e carbonato di litio[2].

Referenze

  1. Cefalee: nuova classificazione, criteri clinici e diagnostici per il medico di medicina generale. Clinical management issues.
  2. Compendio di farmacologia generale e speciale. Matilde Amico RoxaS, Achille Caputi, Mario del Tacca.
  3. Trattato di medicina interna. Lloyd H. Smith, Dr. James B. Wyngaardeen.
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